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C’è tanta Veronica – questo il vero nome di Bianca Atzei – nel suo nuovo album, 1987, appena uscito, in vinile e su tutte le piattaforme digitali. C’è molta della sua vita, passata e presente. E, quindi c’è anche Noa Alexander, che fa sentire la sua voce squillante di bimbo mentre parlo al telefono con la sua mamma. Nato quasi un anno e mezzo fa, ha sovvertito ogni sua priorità. «Con lui è cambiata la mia visione della musica», spiega Bianca Atzei, «è cambiato mio modo di vedere il mondo e di agire».
Come?
«Mi sento molto più forte e, al contempo, anche molto più sensibile ed emotiva. C'è una persona da proteggere, adesso: questo cambiamento mi ha portato a scrivere musica in modo diverso. Nell’album alterno brani intensi, perché i sentimenti che sto vivendo sono ardenti, ad altri più spensierati e leggeri: la vena romantica si armonizza con le canzoni più dance che esprimono la mia voglia di leggerezza. In questo momento ho poco tempo per me, e anche una certa nostalgia del passato, di quanto mi divertivo a 18 anni».
Avere un figlio ha cambiato molto la sua quotidianità.
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«Sì, prima dell’arrivo di un bambino non si riesce a immaginare quello a cui si andrà incontro. Ci sono tante responsabilità, si cambia profondamente, e naturalmente viene a mancare qualcosa della propria vita precedente. Alle 21,30 sono a letto con Noa: è qualcosa di stupendo, ma la mia giornata finisce in quel momento, mentre avrei ancora così tante cose da fare».
Noa arriva dopo un grande dolore: un aborto spontaneo.
«Sì, prima di avere lui, ho perso un bimbo. Nel mio nuovo album c’è una canzone che ne parla: è Una cometa blu, scritta da Gigi D’Alessio e da Diego Calvetti, il mio produttore. Ogni volta che la ascolto mi commuovo, provo un’emozione fortissima. Avevo chiesto a Gigi un brano per propormi al Festival di Sanremo, mentre ero incinta di Noa e lui, insieme a Diego, l’ha scritta senza chiedermi nulla. Gigi mi conosce profondamente e mi è sempre stato vicino nei momenti più particolari della mia vita: quella canzone è un regalo stupendo, personale e profondo».
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Perché ha deciso di condividere con i fan questo dolore?
«Non mi faceva stare bene tenerlo dentro. Quando sei incinta ti senti già mamma, e sei felice, quindi ti sembra che non possa mai accaderti nulla di brutto. Ma quando perdi un bambino – e a me è successo alla fine del quarto mese di gravidanza – ti cade il mondo addosso».
Il suo compagno, Stefano Corti, le è stato vicino.
«Sì, mi ha aiutato tanto e mi ha dato forza. Lui avrebbe subito riprovato ad avere un altro bambino, ed è stato bravo ad attendere i miei tempi: Noa è arrivato quasi un anno dopo. Ma mi sono state accanto anche tante donne».
Le sue fan?
«Sì, quelle che avevano vissuto la mia stessa situazione: mi hanno ringraziato per avere condiviso questo dolore e ci siamo sentite tutte meno sole, parte di un gruppo. Insieme abbiamo anche sconfitto i sensi di colpa ingiustificati che avevamo».
Perché i sensi di colpa?
«Quando sei incinta stai attenta a tutto: da come ti alimenti, a non fare sforzi. E quando la gravidanza non va a buon fine, ti viene da chiederti se magari hai trascurato qualcosa, hai sbagliato qualcosa. È un senso di colpa privo di fondamento, ma è diffuso».
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Lo scorso anno ha pubblicato anche una raccolta di cover in versione ninna nanna dedicate a Noa.
«Il Mio Canto Libero ha preso le mosse quando Noa era nella pancia: è allora che ho cominciato a cantargli quelle canzoni. Quando è nato ho continuato: su di lui hanno un effetto meraviglioso, quando le sente è sereno. Ama anche quelle del nuovo album: la sua preferita è Le canzoni di Vasco. Ma adora anche Una cometa blu: quando finisce vuole sentirla ancora e ancora. Non c’è emozione più grande».
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