Nino Materi per “il Giornale”
GRAZIANO MESINA
C'è un' angosciante «grandezza» in questa, ultima, ennesima, fuga di Graziano Mesina. È la «grandezza» di un bandito che anche ora, all' alba degli 80 anni, riesce a farsi beffe di uno Stato - il nostro - che ha sempre avuto nei suoi riguardi una specie di «complesso di inferiorità». Per oltre mezzo secolo lo abbiamo inseguito, catturato, fatto evadere, ricatturato, rifatto evadere, graziato (nel 2004, presidente Ciampi) e nei pochi momenti in cui era un uomo libero (o semilibero) gli abbiamo perfino chiesto aiuto per risolvere oscure vicende (vedi il rapimento del piccolo Farouk Assam, nel 1992).
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Ora Grazianeddu è un vecchio, ma pure da vecchio seguita, esattamente come faceva da giovane, a prendersi gioco del suo Paese, che forse è l' Italia, forse la Sardegna, o forse entrambe; o più, probabilmente, nessuna delle due. Chissà se dal 2 luglio, giorno in cui non si è presentato più a firmare nella caserma dei carabinieri di Orgosolo, Mesina si nasconde nella propria terra, quel Supramonte del quale è stato, è, e sarà sempre, il re.
«Primula rossa»: ieri, come oggi. Le «Istituzioni democratiche» che Grazianeddu disprezza (ma con cui ha flirtato per tornaconto personale, e non solo) si rassegnino: tornerà a farsi prendere solo se lo vorrà lui. Mesina è infatti protetto dalla sua gente che, se pure non lo stima, non sarà mai disposta a tradirlo. Difficile però che il bandito si rifaccia vivo. Ad attenderlo ci sarebbe infatti in carcere a vita dopo che la Cassazione ha confermato la sua condanna a 30 anni per traffico internazionale di stupefacenti.
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Un' infamia, la droga, per un personaggio sempre ammantato da un' aurea di «onore».
Mentre, si sa, che la droga è roba per uomini che hanno tutto, meno che l' onore.
Fatto sta che dall' altroieri, dopo 21 giorni di «irreperibilità», la Corte di Appello di Cagliari ha dichiarato Graziano Mesina «ufficialmente latitante». E così anche lo Stato è come se si fosse «ufficialmente» arreso, con tanto di decreto notificato ai legali del 78enne «neo» latitante, in realtà latitante «storico».
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Quando lo scorso 2 luglio i carabinieri si sono presentati per eseguire l' arresto nella casa della sorella, dove Mesina viveva dopo la scarcerazione per decorrenza di termini nel giugno 2019, di lui non c' era più traccia. Una caccia all' uomo durata tre settimana. Nel suo paese, ma non solo: al setaccio pure le case in Gallura, dove vivono i nipoti; e poi blitz pure in Goceano, in Ogliastra e nel Cagliaritano nella spernaza - vana - di snidarlo magari in qualche rifugio messogli a disposzione da «amici fidati». Gente che non dimentica i «bei tempi» delle rapine e dei sequestri.
«Subito dopo la fuga - ha riportato la stampa - si era parlato di una trattativa tra gli inquirenti e i difensori di Mesina per assecondare le sue richieste: una pena più mite o una somma in denaro, come ricompensa per la sua consegna alle forze dell' ordine.
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Notizia che però non ha mai trovato conferme ufficiali».
Gli inquirenti, si trincerano dietro la retorica delle frasi fatte, ma si vede lontano un miglio che è solo per salvare la faccia: «Oltre alla Sardegna seguiamo anche altre piste». Fonti non ufficiali giurano: «Mesina potrebbe essere sbarcato in Corsica già la notte tra il 2 e il 3 luglio, oppure aver fatto rotta sulla Tunisia». Ma chi lo conosce bene non ha dubbi: «Grazianeddu è in Barbagia. Al sicuro». E lui non ha certo in programma nuove «sfide». Non ci sarebbe gusto. Quelle con lo Stato italiano le ha sempre vinte. Tutte.
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