anna la rosa pasquale tridico
Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
Nell’attesa di sconfiggere la povertà, Pasquale Tridico dovrà sconfiggere una valanga di ricorsi che riguarda almeno un quarto (una decina su quaranta) dei dirigenti di massima fascia dell’Inps. Praticamente, all’Inps è in corso una rivolta contro il presidente, il direttore generale Gabriella Di Michele e il cerchio magico ritenuto filo grillino. Le accuse sono contenute in una diffida legale, di cui La Stampa è venuta in possesso, che prefigura cause all’Istituto e alla Corte dei Conti.
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Il documento spedito a Tridico e alla Di Michele (ma anche al magistrato della Corte dei Conti delegato al controllo, e alla Commissione bicamerale di controllo degli enti di previdenza, essendo sospettata una natura politica della recente riorganizzazione, avvenuta oltretutto in fretta e furia) denuncia varie cose in quella operazione: «Profili plurimi di illegittimità». «Una mini-riorganizzazione che è in realtà solo un modo per mascherare uno spoils system illegale». «Discriminazioni evidenti per allontanare dirigenti sgraditi e scomodi per il nuovo vertice politico pentastellato».
luigi di maio pasquale tridico
Possibili «frodi alla legge» per «creare a tavolino» divisioni utili a demansionare i nemici e favorire gli amici. E un aggravio di spesa assai rilevante, con spreco di denaro pubblico (le direzioni anziché scendere a 36, salgono da 40 a 43), che presto vedrà anche la Corte dei Conti investita di una serie di ricorsi. L’atto d’accusa, gravissimo e documentato, contro l’assalto all’autonomia dell’Inps nell’età grillina, è contenuto nella lunga diffida legale firmata da sei dirigenti di prima fascia dell’Istituto - ma nel gruppo che sta per fare ricorso si arriva a dieci, e i profondamente scontenti arrivano a venti - che si ritengono vittime di epurazioni, demansionamenti, spostamenti punitivi, nell’ultima informata di nomine e promozioni.
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Un quarto della più alta dirigenza dell’Istituto ha preso o sta per prendere le vie legali, con conseguenze che potranno essere una disfatta per la gestione Tridico (e le casse pubbliche). Teniamo coperti i nomi per ragioni di privacy (diversi di loro hanno se ri problemi familiari, e a volte impedimenti di salute). Il primo punto di grave anomalia è che le decisioni di Tridico sono state adottate con i poteri del cda: senonché il 22 maggio (governo M5S-Lega) «Tridico è stato nominato, per quattro anni, presidente, decadendo dunque dalle funzioni e dai poteri di commissario straordinario».
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In sostanza il presidente ha usato poteri da commissario, ma non è più commissario. Entrando nel merito, il grosso delle rotazioni territoriali riguarda i direttori regionali, e cioè strutture che non hanno mutato assetti e funzioni (la riorganizzzione sarebbe dunque solo un pretesto), mentre dal territorio di Roma sono stati spostati in maniera mirata solo alcuni dirigenti scomodi.
I dirigenti che – secondo molte e diverse fonti Inps – farebbero parte del «cerchio magico», sono stati collocati per lo più in posizioni strategiche per controllare quattro aree, molto care al M5S: l’informatica, la comunicazione, la formazione, le risorse umane. In molti casi sono stati promossi dirigenti di seconda fascia, e sono state le ultime nomine, fatte ad hoc quando tutti i dirigenti di prima fascia erano stati sistemati. In qualche caso emergono conflitti d’interesse serissimi: come responsabile dell’Ufficio studi è stato scelto il professor Daniele Checchi, ottimo curriculum, attuale componente dell’OIV (l’organismo indipendente di valutazione) che ha tra le sue funzioni quella di formulare la proposta annuale di valutazione del direttore generale; quindi il direttore generale propone al presidente la nomina di uno dei componenti dell’organismo che finora l’ha valutata.
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A volte, si legge nella memoria, si viene «puniti in quanto ritenuti a torto responsabili della fuga di notizie riguardante sia un’indagine interna su presunti abusi commessi dal direttore generale, sia la vicenda del reddito di cittadinanza corrisposto a una ex brigatista».
Per giustificare l’aumento delle direzioni generali da 40 a 43 e quindi - accusano in tanti - promuovere i fedelissimi, sono state spacchettate alcune direzioni, creando così delle strutture talmente povere di competenze e attribuzioni da non giustificare il rango di direzioni generali con i relativi costi: la Direzione centrale audit e anticorruzione è stata suddivisa in Direzione Antifrode, trasparenza e anticorruzione e in Direzione audit e monitoraggio contenzioso; dalla Direzione Risorse Umane sono state scorporate le attività relative al “Benessere organizzativo”, creando un’altra direzione, già ironicamente ribattezzata la direzione new age alla grillina.
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L’Usb, che pure non era stato ostile all’ascesa del M5S, parla di «dilettantismo, cordate di dirigenti che agiscono quasi fossero un ente nell’ente, vendette consumate con una disinvoltura incurante degli effetti sull’attività generale». È controverso di quanto scenda la povertà (non del 60%, comunque), ma la spesa per direzioni di sicuro sale.