lorenzo guerini
Tommaso Ciriaco per "la Repubblica"
Tutto si inceppa quando Lorenzo Guerini alza la mano. Roberto Garofoli, braccio operativo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, ha appena letto la lista dei sottosegretari. In sala cala un gelo polare. Nessuno conosceva in anticipo il quadro completo delle deleghe assegnate. C'è Giorgio Mulè, giornalista di testate berlusconiane, all' editoria. Nicola Molteni, regista della guerra spietata di Salvini ai migranti, agli Interni.
IL PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI DI MARIO DRAGHI - LUIGI DI MAIO - ROBERTO GAROFOLI
E poi ci sono alcune stranezze, ad esempio un unico sottosegretario alla Difesa. «Presidente - a parlare è il ministro della Difesa - vorrei che si metta a verbale che non sono d'accordo. Trovo la scelta sbagliata. Non c'è un problema politico, ci mancherebbe, ma di funzionamento delle istituzioni». Ricorda che nella storia repubblicana non è mai successo che siano stati meno di due alla Difesa. Il premier annuisce. «È un'obiezione oggettiva. Propongo una sospensione per valutare meglio».
roberto garofoli
Questa è la miccia. Tecnica, quasi casuale. Dietro, però, c'è molto altro. C' è il primo vero scontro tra i partiti e la galassia di Draghi. Ci sono pesanti malumori politici per la gestione del dossier dei sottosegretari, culminati nel blitz deciso da Palazzo Chigi per superare lo stallo. Un passo indietro, alle 16.30 di ieri. Roma prepara uno splendido tramonto, i ministri stanno per terminare una dura giornata di lavoro. Tutti - anche i leader, anche i capidelegazione - pensano che i sottosegretari verranno nominati l'indomani.
GIUSEPPE CONTE MARIO DRAGHI
Non prima, anche perché si aspettano di discutere nel dettaglio le deleghe, un vero rompicapo. E invece, alle 17, tutto cambia. Entro un'ora, è l'sms che appare sui cellulari dei ministri, la lista planerà in consiglio. È una mossa decisa dalla presidenza del Consiglio. Decisa per piegare i veti incrociati. Anche, pare, quelli di Giuseppe Conte. Il principale nodo politico, infatti, ruota attorno ai nomi dei cinquestelle. E perché i grillini non riescono a fornire una lista definitiva? Non c'entra Luigi Di Maio, che ha blindato i "suoi".
GIAN MARCO CENTINAIO 1
C'entrano semmai gli 11 posti previsti per il Movimento: pochi, sostengono. E c'entra pure, sembra, la richiesta informale dell'ex premier di vedersi garantita una "quota Conte", composta da personalità a lui vicine che rappresentino il nuovo Movimento che intende scalare.
La situazione è talmente bloccata che al mattino tocca agli ambasciatori di Draghi recapitare il messaggio ai 5S: decidete, o ci pensiamo noi. Non sanno neanche bene con chi parlare, a dire il vero. Difficile mediare con Vito Crimi, reggente in uscita, a cui non è stato garantito neanche un posto da sottosegretario. Conte, poi, non sembra propenso a trattare direttamente, lasciando muovere gli uomini a lui fedeli.
LUIGI DI MAIO VITO CRIMI
Quando si fa pomeriggio, la situazione si complica. L'ultimatum sembra aver avuto effetto, i nomi adesso ci sono. Ma è sulle deleghe che regna un gran caos. E allora Palazzo Chigi accelera. Forza la mano. Commette anche alcuni errori materiali, come quello sulla Difesa. Ma piega altre resistenze. Stefano Patuanelli, l'uomo forse più vicino all' avvocato giallorosso, si oppone alla scelta di Gian Marco Centinaio - suo predecessore - all'Agricoltura. Perde. Come il Pd su Molteni.
NICOLA MOLTENI
Ma lo scontro forse più duro è sull'Editoria. Il Pd, già in fibrillazione per la scelta di Enzo Amendola, si oppone alla scelta dell'ex direttore di Panorama Giorgio Mulè all'Editoria. Lo stesso fanno i 5S. Il nome era stato imposto da Antonio Tajani. Durante la pausa dei lavori, però, salta. Non solo. I ministri berlusconiani accettano di tenerlo fuori a favore di un altro profilo. Quando sembra che stia per esplodere un altro scontro tra l'ala filoleghista e quella "governista" di Forza Italia, Mulè trasloca alla Difesa, risolvendo due problemi in uno.
giorgio mule foto di bacco
A sera, non tutto è risolto. Resta il risentimento delle segreterie per il blitz di Palazzo Chigi. E resta anche una certa freddezza del premier verso alcuni nomi che sono stati scelti, si fa presente, dai partiti e non certo dal presidente del Consiglio. Più di tutto conta la sintesi di Draghi, che prende la parola subito dopo la lettura della lista "corretta". E dice laconico, ai ministri: «Spero che l'elenco possa essere soddisfacente per tutti. Adesso mettiamoci a lavorare».