LEONARDO DEL VECCHIO CON LA MOGLIE
Ferruccio De Bortoli per “l’Economia - Corriere della Sera”
Quando è troppo gentile, diffidate. Qualcosa non va. Leonardo Del Vecchio, milanese, ex Martinitt, 81 anni, ha un carattere sincero, diretto. Se una trattativa va male, però, lui accentua sorrisi e complimenti. Hubert Sagnières, gran capo di Essilor, non conosceva bene il presidente di Luxottica quando i due si incontrarono per tentare un accordo, nel maggio del 2015. Un pranzo nella villa di Del Vecchio a Beaulieu, in Costa Azzurra.
Sui valori non vi erano più diversità d' opinione, sulla governance evidentemente sì. Luxottica aveva già accettato di nominare solo un terzo dei consiglieri del futuro gruppo. A un certo punto del pranzo, Del Vecchio affrontò il tema di chi avrebbe comandato dopo il primo periodo di tre anni.
hubert sagnieres
«Io» rispose sicuro il francese.
«Rimasi di stucco - ricorda il numero uno di Luxottica - ma continuai la conversazione come se nulla fosse accaduto. Ci salutammo cordialmente ».
Falsa partenza
Finito l' incontro, Del Vecchio chiamò l' attuale vice presidente Francesco Milleri. «Chiudiamo tutto, non se ne fa nulla». La controparte non nascose il suo stupore. «Ma non era andato tutto bene? Del Vecchio era gentilissimo».
Appunto. I due gruppi ripresero ognuno la propria strada. Essilor, leader nelle lenti, comprò l' americana Costa. Il gruppo di Agordo, leader nelle montature, aprì tre impianti con le migliori tecnologie ottiche digitali, a Sedico, ad Atlanta negli Stati Uniti e a Dongguan in Cina. Nel modello Luxottica, i negozi LensCrafters, principale catena del gruppo in Nord America, hanno un loro laboratorio interno per garantire il cosiddetto one hour service .
leonardo del vecchio
Ma la sfida competitiva delle nuove lenti digitali - un mercato dominato da Zeiss, Hoya e la stessa Essilor - imponeva un deciso cambiamento di passo. Una questione di sofisticate formule matematiche per il disegno e la realizzazione della lente, partendo dalla ricetta. Luxottica aveva avviato qualche contatto per acquisire il marchio della tedesca Zeiss nel settore delle lenti. Le sfuggì l' israeliana Shamir.
«Un giorno arrivò a Milano, Olivier Pecoux, ad di Rothschild, consigliere di Essilor - ricorda ancora Del Vecchio - ci prendemmo un caffè a palazzo Parigi, volevano riprendere il dialogo». Siamo nel giugno del 2016. «Trattate con Milleri, gli dissi, ma io non ci credevo più». «Leonardo - aggiunge Milleri - era disponibile a discutere su tutto, meno che su un punto. Voleva contare per quello che aveva, per la sua quota». L' accordo viene annunciato il 16 gennaio di quest' anno. Nasce un colosso con più di 140 mila dipendenti in 150 Paesi, ricavi per circa 16 miliardi, e un Ebitda combinato di oltre 3 miliardi.
leonardo del vecchio
L' operazione è complessa. Essilor scorpora tutte le sue attività in una nuova società controllata al 100 per cento, diventando una holding denominata EssilorLuxottica. Delfin, la finanziaria della famiglia Del Vecchio, apporta alla nuova holding la partecipazione di controllo in Luxottica e riceve in cambio una quota tra il 31 e il 38 per cento .
«Sempre sopra il 30%»
La quota finale, comunque di maggioranza relativa, dipenderà dal successo dell' Ops (Offerta pubblica di scambio) che EssilorLuxottica farà su Luxottica offrendo ai soci le stesse condizioni riservate a Delfin. Sergio Erede, il cui studio assiste da anni Del Vecchio, ha raccomandato di tenere Delfin, la finanziaria di famiglia, sempre al di sopra della soglia dell' Opa, il 30 per cento.
«È una integrazione industriale alla pari - spiega Erede - per questa ragione non è previsto alcun premio di maggioranza». Al termine del lungo processo di autorizzazione antitrust, che coinvolge diversi Paesi, Del Vecchio sarà comunque l' azionista di riferimento.
Hubert Sagnières
Il gruppo francese ha una struttura proprietaria simile a una cooperativa, con i dipendenti (hanno applaudito all' annuncio della fusione) che con Valoptec sono soci all' 8 per cento con il 12 per cento dei diritti di voto. EssilorLuxottica sarà però una società di diritto francese, quotata a Parigi. «Ma non è escluso che possa tornare a Milano», dice Milleri. Insomma, è vero che Del Vecchio è il primo azionista ma il gruppo non sarà più italiano. Perché?
«Un' offerta di Luxottica su Essilor - spiega Erede - avrebbe mantenuto la capogruppo in Italia ma per convincere gli azionisti francesi a sottoscriverla sarebbe stato necessario promettere un premio di controllo. L' ipotesi di una fusione, diciamo così transnazionale, di Essilor in Luxottica o viceversa, avrebbe fatto scattare il diritto di recesso fra i soci e l' obbligo di liquidarli con cifre importanti».
Per il primo triennio, il consiglio di 16 componenti, di cui 8 designati da Delfin, vedrà Del Vecchio presidente e amministratore delegato e Hubert Sagnières, vice con i medesimi poteri.
Il futuro di un' alleanza
Ma che cosa accadrà dopo tre anni? Del Vecchio ha sei figli da tre matrimoni. È ovvio che i francesi puntino sulle difficoltà di successione familiare e sulla tradizione Essilor, sostanzialmente una public company a controllo manageriale. Ma in Francia non esiste il voto di lista. Il consiglio verrà nominato dall' assemblea, su proposta del consiglio uscente. Se il consiglio (paritetico) non troverà un accordo, decideranno i soci. Delfin avrà almeno il 31 per cento.
HUBERT SAGNIERES
E in assemblea non ci va mai la totalità degli azionisti. In base agli accordi, nessun socio può esercitare più del 31 per cento dei diritti di voto. Limite che cade solo nel caso in cui un azionista arrivi a detenere almeno i due terzi del capitale in seguito a un' Opa. E Delfin potrà lanciare, a sua volta, un' offerta nel caso un altro socio superi il 20 per cento. Con un terzo del capitale, il gruppo non è scalabile senza il consenso di Delfin.
Logistica made in Italy
Luxottica ha negozi (circa 8 mila nel mondo) e marchi di proprietà come Ray-Ban e Oakley (quelli prodotti per gli stilisti pesano solo per il 18 per cento). Essilor è la principale società specializzata nella tecnologia delle lenti oftalmiche. Possiede alcuni marchi come Transitions, Crizal, Varilux.
La chiave del futuro del gruppo passa attraverso il modello di logistica. Sarà quello di Luxottica probabilmente a prevalere, perché consente di far arrivare ai negozianti gli occhiali completi delle lenti nel minor tempo possibile. I laboratori sono adiacenti alla produzione. L' ottico riduce rischi e costi del magazzino. Ordina gli occhiali che gli arrivano montati. Essilor invece riceve la montatura dall' ottico, produce la lente e poi restituisce il tutto al negoziante. Un giro più lungo.
«La nostra grande intuizione è stata questa», dice con soddisfazione Del Vecchio. Eppure con gli ottici i rapporti non sono stati sempre così idilliaci. In particolare, quando Luxottica comprò, nel 1995, la catena americana LensCrafters facendo loro direttamente concorrenza. «Persi subito negli Stati Uniti il 50 per cento dei clienti, passai tre mesi drammatici, meno male che andavamo bene nel resto del mondo». Nel '99 venne rilevato il marchio Ray-Ban da Bausch&Lomb per 640 milioni di dollari.
luxottica
«Trattai senza sapere una parola d' inglese. Ridevano anche di me».
L' America e Milano
Gli occhiali Ray-Ban allora venivano venduti a 38 dollari, in promozione a 18. Luxottica li portò a 78 dollari. «Mi davano del pazzo, abbiamo venduto poco per tre anni, poi c' è stato il boom. Siamo riusciti a convincere gli ottici a comprarli e ci hanno guadagnato». Con Essilor, Del Vecchio realizza un sogno. I prossimi anni diranno se il merger of equals avrà successo. Certo, non saremmo qui, se il giovane Leonardo, già laureato, negli anni Sessanta, non fosse stato cocciutamente tenace. E temerario.
Allora aveva un laboratorio Metalflex in via Carlo d' Adda a Milano. «Sei o sette operai». Gli stampi degli occhiali, quelli in metallo, andavano forte.
Del Vecchio aveva dei soci in Cadore i quali accettavano di lavorare con lui solo in una società nella quale sarebbero stati in maggioranza. Non sapeva cosa fare. Un giorno, passeggiando in via Dante, vide l' insegna di uno studio legale. Non conosceva nessuno. Salì.
«Faccia un' accomandita, lei fa l' accomandatario, loro sono in maggioranza», fu il consiglio dell' avvocato. «Io avevo in mente il progetto Luxottica. Loro volevano che continuassi a fare il terzista. Litigammo. La banca mi tolse il fido perché non più garantito dagli altri due soci. Non sapevo che pesci prendere e allora presi la mia Peugeot e guidai per sette ore da Agordo a Cannes.
Andai da un mio cliente che mi doveva 35 milioni.
luxottica
Aspettai ai bordi della piscina. Presi l' assegno e tornai alla Banca del Friuli di Agordo, ma non accettarono di riaprirmi il conto. Allora mi precipitai alla Cassa di Risparmio di Belluno che mi diede fiducia e credito. Potei pagare così le paghe agli operai. Poi comprai le quote degli altri due soci, offrendo loro 45 milioni a testa. E diventai proprietario di Luxottica. Pensavano che non avessi i soldi e non si presentarono nemmeno dal notaio».
Era fine luglio del 1969. Alla riapertura, dopo le ferie, il ragioniere che faceva le paghe della piccola Luxottica si stupì. «Ma come, non vi avevano chiuso il conto? Non siete falliti?». «No, ragioniere, siamo ancora aperti ».