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    CHE SUCCEDE A NEXI? IL TITOLO DEL COLOSSO DEI SERVIZI PER I PAGAMENTI DIGITALI È SCESO A 9 EURO PER AZIONE: DA LUGLIO 2021, QUANDO AVEVA RAGGIUNTO IL MASSIMO DI 19,4 EURO, IL VALORE È COSTANTEMENTE SCESO, FINO A TORNARE QUASI AI LIVELLI DEL PREZZO DELLA QUOTAZIONE DI TRE ANNI FA. EPPURE NEL FRATTEMPO CI SONO STATE LE GRANDI ACQUISIZIONI DI SIA E NETS, E IL MANAGEMENT HA ANNUNCIATO DI ESSERE AL LAVORO PER COSTRUIRE UN MEGA GRUPPO EUROPEO. MA IL MERCATO NON CREDE A QUESTI ECCESSI DI OTTIMISMO - I DUBBI SULLA CONFERMA DELLA PRESIDENTE, MICHAELA CASTELLI


     
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    Marco Zini per www.tag43.it

     

    paolo bertoluzzo paolo bertoluzzo

    Che succede al titolo Nexi, il colosso dei servizi per i pagamenti digitali, che in borsa martedì 12 aprile ha chiuso a 9,34 euro? Da luglio 2021, quando aveva raggiunto il massimo di 19,4 euro, ad oggi, il valore dell’azione è costantemente sceso, fino a ritornare quasi ai livelli del prezzo della quotazione ,9 euro, avvenuta esattamente tre anni fa, nell’aprile 2019.

     

    Le grandi acquisizioni di Sia e Nets che avevano fatto ben sperare

    Nel frattempo però ci sono state le grandi acquisizioni di SIA, la società paneuropea dei pagamenti fiore all’occhiello di Cassa Depositi e Prestiti, e di Nets, l’azienda danese che gestisce i pagamenti di alcune nazioni del nord Europa. Il risultato delle aggregazioni ha portato nel 2021 a una forte crescita dei ricavi pro-forma (poco sopra i 3 miliardi di euro) e conseguentemente dell’Ebitda (circa a 1,4 miliardi) ma anche a un indebitamento netto di 5,1 miliardi.

     

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    La formazione del nuovo gruppo era stata fortemente voluta dal primo governo guidato da Giuseppe Conte e sostenuto da una maggioranza gialloverde Lega-M5S, e in particolare dall’allora sottosegretario alla presidenza del consiglio Riccardo Fraccaro, oltre che da Fabrizio Palermo, ex amministratore delegato di Cdp, e dai fondi internazionali Bain e Advent, che nel 2015 acquistarono Carta Si dalle Banche Popolari trasformandola poi in Nexi.

    bernardo mingrone bernardo mingrone

     

    Le profusioni di ottimismo del management poi disilluse

    Ma gli attuali grandi azionisti – i fondi internazionali Bain, Advent, Helman & Friedman, Gic, Eagle, AB Europe seguiti dai quelli italiani, Cassa Depositi e Prestiti, Intesa San Paolo e Poste – non sono per nulla soddisfatti della performance degli ultimi otto mesi del titolo.

     

    Anche il management, che pure aveva fatto in più occasioni profusione di ottimismo, in primis Paolo Bertoluzzo, amministratore delegato del gruppo, e poi Bernardo Mingrone, l’aggressivo chief financial officier dell’azienda, non sanno più che pesci pigliare. Oltretutto hanno assistito in questi mesi non certo facendo i salti di gioia all’impoverirsi dei cospicui pacchetti di azioni della società in loro possesso.

     

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    Agli investitori i due manager hanno comunicato che sono al lavoro per costruire un mega gruppo leader nei pagamenti europei e che l’unione delle tre società porterà efficienze per oltre 300 milioni di euro in tre anni. E anche che per quanto riguarda le previsioni per il 2022 la crescita sarà consistente: fatturato +7/9 per cento e margine operativo lordo positivo in aumento in una forchetta che va dal 13 e il 16 per cento.

     

    Ma in questo momento il mercato sembra non crederci, e l’andamento al ribasso del titolo riflette tutto il suo scetticismo. Intanto venerdì 14 aprile saranno rese note le liste per il rinnovo del cda che gestirà Nexi per i prossimi tre anni. 

    michaela castelli michaela castelli

     

    Di sicuro nella lista dei soci legati dal patto parasociale degli azionisti (Bain, Advent, H&F, AB Europe, EAGLE, Cdp e Poste) ci sarà Bertoluzzo, l’attuale amministratore delegato, a cui era stato promesso, durante il processo che ha portato all’aggregazione delle tre società che costituiscono il gruppo Nexi, di continuare a ricoprire la carica sino al 2024.

     

    I dubbi sulla conferma della presidente Michaela Castelli

    Rimaneva invece un bel punto di domanda su chi sarebbe stato il prossimo presidente eletto dall’assemblea del 5 maggio. Dubbio risolto mercoledì 13 aprile con la riconferma su indicazione di Cdp  di Michaela Castelli, che già occupa analoga poltrona in molte società quotate e non.

     

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    Nel mentre risulta utile leggere i documenti assembleari che forniscono qualche dato in merito agli emolumenti che nel 2021 sono stati corrisposti agli amministratori e all’unico dirigente strategico della società, il direttore finanziario Mingrone.

     

    La presidente non esecutiva ha percepito in totale 513 mila euro (con emolumenti derivanti dalle controllate), l’amministratore delegato e direttore generale 4 milioni e 16 mila euro (tra fisso e variabile) più strumenti finanziari in equity pari a 2 milioni 349 mila euro, il Cfo 2 milioni 117 mila più 917 mila euro in equity.

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    Emolumenti che per i primi due sono quasi il doppio della media di quelli rilevati nel 2020 da Assonime per le società del FTSE MIB. Chissà come commenteranno i soci, grandi e piccoli, vista la performance del titolo degli ultimi mesi. Alcuni dei grandi, soprattutto i fondi internazionali, vorrebbero vendere al meglio, gli altri non si aspettavano una simile debacle dal tanto decantato leader europeo dei pagamenti, che anche nel 2022 li lascia a bocca asciutta senza distribuire dividendi.

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