Rita Cammarone per “Il Messaggero”
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Attorno alla morte dell'ex campione di kickboxing Gianmarco Pozzi una rete di spaccio tra Roma, Ponza e Napoli. Un'attività ben organizzata per un volume d'affari di 5.000 euro al giorno, 150mila al mese.
È quanto emerge dall'ordinanza del Gip Domenico Di Croce del Tribunale di Cassino che ieri ha portato all'arresto, con restrizione ai domiciliari, di cinque persone e all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, due volte al giorno, a carico di altri tre indagati, accusati a vario titolo di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, cocaina e hashish.
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«Finalmente si smuovono le acque - ha commentato l'avvocato Fabrizio Gallo, legale della famiglia Pozzi -. Questa operazione avvalora la nostra ipotesi, formulata sin dall'inizio delle indagini difensive, in base alla quale riteniamo che Gimmy (Gianmarco Pozzi, ndr) sia stato ucciso nell'ambito del traffico di stupefacenti tra Ponza e Roma».
L'INCHIESTA
I provvedimenti cautelari hanno riguardato anche il coinquilino del pugile di 27 anni trovato morto il 9 agosto 2020, con la testa fracassata e ferite multiple su tutto il corpo, all'interno di un'intercapedine tra il muro di contenimento di un terreno e una villetta in località Santa Maria sull'isola, a poche centinaia di metri dall'abitazione che i due condividevano insieme ad altri ragazzi.
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Si tratta del 28enne Alessio Lauteri, residente a Roma, da ieri ai domiciliari. Ma hanno riguardato anche Vincenzo Pesce, 34 anni di Ponza, titolare del Blue Moon, noto locale della movida ponzese in cui nell'estate 2020 lavoravano sia Lauteri che Pozzi.
IL LUOGO IN CUI E STATO TROVATO IL CADAVERE DI GIANMARCO POZZI
Ai domiciliari anche Angelo e Circo Monetti, rispettivamente di 44 e 61 anni, residenti a Napoli e Afragola, e Antonio Iaria, 28enne originario di La Spezia e residente a Roma.
Destinatari della misura dell'obbligo di presentazione alla pg due romani, di fatto domiciliati a Ponza, Manuel M. e Marco B., entrambi di 39 anni, e Antonio P., 46enne residente a Pozzuoli, nell'hinterland napoletano.
Oltre cinquanta le cessioni di droga fotografate dagli investigatori dell'Arma, attribuite agli indagati nel periodo appena antecedente alla morte di Gianmarco Pozzi e da quel momento fino ad ottobre dello stesso anno.
GIANMARCO POZZI
Le indagini, come emerge nell'ordinanza del Gip, hanno consentito di ricostruire anche la contabilità dell'attività illecita, con tanto di crediti e debiti, in grado di fruttare all'organizzazione come riferiscono gli indagati intercettati fino a 5.000 euro al giorno.
I canali di approvvigionamento della droga sono stati individuati sia nella capitale, con importante piazza di spaccio nel quartiere Laurentino 38, sia nell'hinterland dal capoluogo campano.
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Le indagini sul traffico di stupefacenti per l'estate ponzese, condotte dai carabinieri della Compagnia di Formia e coordinate dalla Procura di Cassino, con i conseguenti arresti di ieri, hanno tratto spunto proprio dal decesso del giovane pugile romano, buttafuori al Blue Moon, avvenuto in circostanze ancora da chiarire e per il quale hanno precisato ieri gli inquirenti sono ancora in corso accertamenti.
Nell'ordinanza viene evidenziato che le circostanze della morte di Pozzi avevano destato da subito perplessità negli investigatori per il coinvolgimento del giovane nelle attività di spaccio sull'isola e, successivamente, per i dubbi sollevati dalla sorella Martina, sentita dagli inquirenti a proposito della morte del fratello.
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Cause inizialmente attribuite dalla Procura di Cassino a una caduta accidentale dell'ex campione di kickboxing da un'altezza di tre metri, mentre era sotto gli effetti della cocaina. Una ricostruzione smontata dalla perizia medico-legale del professor Vittorio Fineschi, ingaggiato dalla famiglia Pozzi, in base alla quale il 27enne sarebbe stato massacrato di botte e poi gettato nell'intercapedine.
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Secondo Fineschi, inoltre, il quantitativo di cocaina assunto dal ragazzo non sarebbe stato tale da provocare il delirio e la conseguente caduta mortale. L'inchiesta sullo spaccio mette in luce che i due giovani, Lautieri e Pozzi, pochi giorni prima della tragedia sono andati a Roma per acquistare 70 grammi di cocaina per Pesce, ceduti a 4.800 euro.
Ma soprattutto mette nero su bianco la testimonianza di un barista di Formia che rivoluziona gli orari forniti dal coinquilino di Gimmy su quella tragica mattina del 9 agosto. Una vicenda ancora tutta da ricostruire quella della morte del pugile sull'isola.
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