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    CHI C’HA I “CHIP “MA NON I DENTI – LA SAMSUNG TAGLIA LA PRODUZIONE DEI PROCESSORI DOPO L’ANNUNCIO DEL CALO DEL 95,8% DEL MARGINE OPERATIVO RISPETTO A UN ANNO FA – IL COLOSSO SUDCOREANO AVEVA ACCELERATO CON LA FABBRICAZIONE DEI MICROCHIP DURANTE LA PANDEMIA, MA LA DOMANDA DEGLI APPARECCHI ELETTRONICI È CALATA E I MAGAZZINI SONO PIENI DI SCORTE INVENDUTE – NONOSTANTE LE PREVISIONI DI UN’EVENTUALE RIPRESA DELLA DOMANDA, I CONTI IN SOFFERENZA SCONSIGLIANO NEL BREVE SPESE INCONTROLLATE…


     
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    Estratto dell’articolo di Filippo Santelli per “la Repubblica”

     

    C’era una volta un mondo alla disperata ricerca di microchip, fabbriche costrette a chiudere per la loro carenza, e profitti da record per chi li produceva […] Oggi di chip se ne producono troppi[…] E ieri anche uno dei colossi mondiali del silicio, Samsung, si è dovuto arrendere alla nuova realtà: la produzione verrà tagliata in maniera «significativa», ha annunciato il campione sudcoreano, nella speranza di arginare la discesa dei prezzi e parare il colpo sui conti.

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    Nel primo trimestre dell’anno il business dei circuiti di Samsung è andato in profondo rosso, riducendo il margine operativo del gruppo del 95,8% rispetto a un anno fa, al valore più basso da 14 anni. Che questo 2023 sarebbe stato un anno nero per l’industria dei semiconduttori era previsto: […] Ma Samsung – che finora aveva resistito – è per distacco il leader globale di uno specifico e importante segmento, quello dei chip di memoria, i Dram e Nand usati in server, smartphone e Pc. 

     

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    La sua decisione racconta quanto sia deciso il rallentamento dell’economia mondiale, di cui l’elettronica di consumo è termometro affidabile. Ridurre la produzione – per Samsung si ipotizza addirittura del 25% aiuterà a sostenere prezzi e margini, cosa che ieri ha spinto al rialzo in Borsa i principali titoli del settore. […].

     

    In questa congiuntura difficile, la vera incognita sono gli investimenti. La “penuria dei chip” vissuta durante la grande ripresa post-pandemica ha aperto gli occhi ai Paesi occidentali sulla fragilità della filiera globale del silicio, tutta sbilanciata a Oriente, tra Taiwan, Corea del Sud e Giappone. 

     

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    Una dipendenza ancora più pericolosa viste le crescenti tensioni tra Pechino e Washington. La risposta degli Stati Uniti e, in misura minore, dell’Europa, è stata mettere sul piatto incentivi miliardari per convincere i colossi dei chip a costruire nuovi stabilimenti alle loro latitudini. E quelli, allettati dal tappeto rosso di sussidi, hanno annunciato investimenti in serie, sia a Occidente che nei loro Paesi d’origine.

     

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    […] Se è vero che nel medio-lungo periodo la domanda globale di chip riprenderà a crescere decisa, trainata da nuovi settori come l’auto elettrica o i data center, i conti in sofferenza sconsigliano nel breve spese incontrollate. Le esitazioni di Intel sul nuovo mega stabilimento in Germania, e il silenzio inquietante su quello promesso all’Italia, vanno letti anche così.

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