Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
giuseppe conte e vladimir putin
Questa è la storia di un premier che è vissuto due volte e che nelle sue due vite a Palazzo Chigi è finito coinvolto in altrettante storie a dir poco oscure, le cui trame sembrano pagine strappate dai romanzi di John le Carré: tra intrighi internazionali, tentativi di spionaggio, presunti complotti e ingerenze di Paesi stranieri. Alla guida del governo giallo-verde, nel 2019, Giuseppe Conte si impigliò nel Russiagate perché fece uno strano favore a Donald Trump. Alla guida del governo giallo-rosso, nel 2020, si impigliò nel Covidgate perché accettò uno strano favore da Vladimir Putin. Due indizi sono pochi per fare una prova, ma sono troppi i dettagli senza risposta.
conte trump
L'estate romana di William Barr, per esempio, è ancora oggi avvolta dal mistero. Tre anni fa, l'allora ministro della Giustizia americano incontrò due volte nella capitale il capo del Dis Gennaro Vecchione, ad agosto e a settembre. Per i suoi viaggi - scrive il New York Times - saltò ogni protocollo in patria, e la stessa cosa fece il responsabile dei servizi italiani che avvisò solo a missione compiuta i direttori dell'Aise e dell'Aisi, i bracci operativi degli 007 nazionali. L'incontro tra Barr e Vecchione fu autorizzato da Conte, sebbene le procedure non lo contemplassero.
putin conte
Ma a Washington Trump fremeva perché cercava la prova di un complotto ai suoi danni in campagna elettorale, che sarebbe stato orchestrato dai Democratici americani insieme all'ex premier italiano Matteo Renzi. Cosa abbia chiesto l'ospite non è chiaro.
Ma non è un caso se all'appuntamento di agosto a Roma si presentò con il procuratore John Durham, a cui era stato affidato il Russiagate. E non è nemmeno un caso se dagli Stati Uniti emergono ora dettagli sugli incontri tra Barr e Vecchione, riferiti da Repubblica . A Washington ora c'è Joe Biden, «e questi spifferi - spiega un esponente del Copasir - sono un messaggio della nuova Amministrazione».
trump conte
Fonti grilline raccontano che Conte sia «molto teso». Forse perché si è reso conto di essersi infilato allora in uno scontro tra servizi americani. E siccome dall'altra parte dell'Atlantico il vento è cambiato, i segnali che arrivano sono inequivocabili. In ogni caso il Copasir ha deciso ieri di non riaprire questo dossier, «perché - sussurra uno dei membri del Comitato - la situazione internazionale è delicata e qualcuno ha chiesto di non complicarla a livello nazionale».
Ma resta aperto l'altro dossier, che appartiene all'epoca del Conte giallo-rosso e riguarda l'offerta di aiuto giunta da Mosca, quando l'Italia era piegata dalla pandemia. È l'altra vicenda con molte zone d'ombra. È certo intanto che l'operazione «Dalla Russia con amore» nascondesse un tentativo di spionaggio ad alcune basi militari italiane, come riferito da fonti della Difesa e dell'intelligence. Ed è altrettanto certo che la Nato avesse lanciato l'allarme. La missione voluta da Putin è del marzo 2020. Ad aprile il comandante supremo del Patto in Europa - intervistato dal Corriere - chiese all'Italia di «prestare strettissima attenzione alla maligna influenza russa».
GIUSEPPE CONTE E VLADIMIR PUTIN
A maggio il ministro della Difesa Lorenzo Guerini rispedì a casa gli ospiti. Anche in questo caso la ricostruzione auto-assolutoria di Conte è carente. Al Copasir l'ex premier ha raccontato che il 21 marzo del 2020 ricevette la telefonata di Putin, pronto a dare un aiuto. Ma come mai, appena il giorno dopo, atterrarono a Pratica di Mare tredici Ilyushin? Come fu possibile organizzare in poche ore una simile missione?
conte trump
Nell'inchiesta di Fiorenza Sarzanini per il Corriere si riporta la tabella presentata dai russi, con i nomi, i profili e le date di nascita dei 230 uomini mandati in Italia: segno che Mosca aveva selezionato anche i militari per la spedizione. Nemmeno la migliore agenzia matrimoniale saprebbe preparare un rinfresco nuziale così rapidamente. Nemmeno Conte ha saputo fornire spiegazioni. O forse la spiegazione di tutte queste storie va cercata nell'ostinazione con cui il premier giallo-verde e giallo-rosso tenne sempre per sé la delega ai Servizi nei suoi anni a Palazzo Chigi. Anche se gli costò Palazzo Chigi.
giuseppe conte gennaro vecchione