Luca Fazzo per “il Giornale”
francesco greco
Una lunga serie di occasioni perdute, di scelte cruciali compiute un po' per quieto vivere e un po' per convenienza: sta in questa catena di decisioni sbagliate del Consiglio superiore della magistratura la vera radice del dramma che travolge in questi giorni la Procura della Repubblica di Milano, lacerata al suo interno, con un capo sotto inchiesta e un futuro tutto da disegnare. I dettagli, i passaggi tecnici della vicenda dei verbali di Piero Amara, pseudo-pentito del caso Eni, sono complicati, già quasi tutti noti, e alla fine quasi irrilevanti.
a sinistra il procuratore aggiunto di milano alfredo robledo, a destra il procuratore capo edmondo bruti liberati
Ciò che conta è che l'ufficio giudiziario forse più importante del paese è allo sbando. Ed è difficile non indicarne una causa nella continuità di potere garantita per più di dieci anni dal Csm alla stessa cerchia di magistrati, legati da vincoli personali più ancora che di corrente. Per anni il Csm ha impedito non solo l'arrivo a Milano come procuratore di un «papa straniero», di un capo proveniente da fuori, ma ha anche che al vertice dell'ufficio arrivassero magistrati che pure nel capoluogo lombardo avevano fatto tutta la loro carriera, ma che portavano come pecca la estraneità al gruppo dominante.
robledo e bruti liberati 1
Se si fosse data aria alle stanze, non si sarebbe mai consolidata la rete di contiguità dentro cui è potuta maturare l'incredibile vicenda dei verbali di Amara, imboscati dalla Procura per salvare il traballante processo Eni. Per due volte, il Csm ha avuto la possibilità di girare pagina a Milano. La prima volta quando si trovò a scegliere il successore del procuratore Manlio Minale tra due candidati di punta: Ferdinando Pomarici, procuratore aggiunto, una vita in prima linea contro terrorismo e mafia, ma fama di scontroso e soprattutto di destrorso.
giovanni melillo
E dall'altra parte Edmondo Bruti Liberati, esperienza sul campo vicina allo zero, ma leader di Magistratura Democratica ed ex presidente dell'Associazione magistrati. Sulla carta non c'era partita, ma il Csm - Forza Italia compresa, e con la benedizione del Quirinale - nomina Bruti. È lì che comincia a prendere forma il «cerchio magico» di cui parlerà spesso Alfredo Robledo, unico procuratore aggiunto estraneo al mondo del capo.
La scena si ripete quando Bruti se ne va, dopo lo scontro furibondo con Robledo, e ci sono già richieste perché nella procura milanese approdi un capo da fuori. Scendono in campo candidati autorevoli come Giovanni Melillo e Giuseppe Amato, ma entrambi si convincono a rinunciare. Alla fine a giocarsela sono due milanesi: Francesco Greco, l'uomo della continuità, e Alberto Nobili, veterano della procura milanese, uomo di trincea come lo era Pomarici. E come Pomarici anche Nobili viene sconfitto.
nicola gratteri a otto e mezzo
Il Csm insedia Greco ma non solo: due anni dopo gli permette di scegliersi personalmente i suoi vice uno per uno. Compreso Fabio De Pasquale, il pm che con la sua gestione del processo Eni svolge un ruolo decisivo dei pasticci di oggi. Perché nessuno, centrodestra compreso, abbia voluto girare pagina a Milano è uno di quei misteri fatti di riti romani e di presunte astuzie impossibili da sciogliere. Adesso che i risultati sono sotto gli occhi di tutti, il paradosso è che il Csm questa responsabilità dovrà prendersela per forza.
FABIO DE PASQUALE
Perché quest' autunno, quando le inchieste sul caso Eni saranno presumibilmente tutte ancora aperte, andrà scelto il successore di Greco, che va in pensione. E per la prima volta sul tavolo non ci sarà nessuna candidatura che possa mantenere al comando lo stesso gruppo di potere. Ieri si ufficializzano le candidature alla successione a Greco: ci sono delle sorprese, prime tra tutte la scomparsa dall'elenco degli aspiranti dei procuratori di Napoli e Catanzaro, Giovanni Melillo e Nicola Gratteri, che sarebbero stati dei top player.
marcello viola procuratore generale firenze 2
nove nomi in tutto, sei con zero speranze, tre in pista davvero: il procuratore generale di Firenze Marcello Viola, il procuratore di Bologna Giuseppe Amato, e poi Maurizio Romanelli: che dei tre è l'unico in servizio a Milano, ma è un allievo di Pomarici e di Armando Spataro, lontano anni luce dal cerchio magico (e interrogato venerdì dal Csm pare si sia dichiarato all'oscuro di quanto emerso nel caso Amara). Qualunque sia la scelta, per Milano sarà l'addio a una generazione che ha regnato indisturbata. Ma non sarà merito del Csm.
Maurizio Romanelli