Filippo Fiorini per “la Stampa”
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Il principale sospettato per la morte di Alice Neri non è il marito Nicholas Negrini, né l'amico sardo Marco Cuccui, che pure sono ancora iscritti nel registro degli indagati per l'omicidio e la distruzione del cadavere di questa 32enne, madre di una figlia di 4 anni, uscita di casa per un aperitivo lo scorso 18 novembre e trovata il pomeriggio del giorno dopo, morta nella sua auto carbonizzata.
Non è nemmeno il terzo uomo, non il quarto, entrambi colleghi della fabbrica in cui lavorava, che con lei chattavano su Facebook, che erano stati redarguiti per gli atteggiamenti invadenti, ed erano finiti nella miriade di ipotesi che hanno accompagnato il caso nelle ultime settimane.
È un tunisino di 29 anni, che viveva a meno di due chilometri dal luogo isolato in cui è stata trovata la Ford Fiesta di Alice, che si trovava nello stesso bar di Concordia sulla Secchia in cui lei ha trascorso molte ore conversando con Cuccui la sera della scomparsa e che dopo la chiusura l'avrebbe approcciata senza conoscerla, uccidendola forse per un rifiuto e fuggendo poi all'estero l'indomani.
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Il sentore di una svolta in un caso rimasto a lungo statico è arrivato giovedì notte, quando i Carabinieri si sono presentati in casa dell'uomo per una perquisizione, hanno avvertito un avvocato di turno per l'autorizzazione a procedere e non l'hanno trovato. Non lui, non la compagna, non il loro cane pitbull.
Destinatario di un decreto di espulsione, era arrivato nella Bassa Modenese da pochi mesi, più o meno nello stesso periodo in cui Alice aveva trovato lavoro. Solo dieci giorni prima, l'uomo era stato visto a Milano, mentre dieci giorni dopo il delitto, invece, era in una città francese prossima al confine con Svizzera e Germania. Sebbene dicesse di essere originario di Stoccolma, è più plausibilmente nato a Mahdia, sulle coste nord orientali della Tunisia.
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Mentre si ultimano le pratiche per il mandato di cattura internazionale, si alleggerisce la posizione di Nicholas e Marco, anche se nessuno dei due è ancora completamente libero da sospetti. Ieri infatti, il primo tra loro, che aveva sposato Alice nel 2015, si è presentato spontaneamente in Procura per testimoniare. Dopo un'ora di interrogatorio, il suo avvocato, Luca Lugari, ha detto: «Ha risposto a tutte le domande. Ha confermato quello che aveva già raccontato ai Carabinieri subito. Abbiamo dato ulteriori precisazioni sugli orari e loro colmeranno i buchi di pochi minuti che restano». Vedendo che la moglie non era rientrata, Negrini si era subito messo a cercarla coinvolgendo anche il fratello di lei e, non ottenendo risultati, era andato in caserma fornendo elementi utili.
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Su tutti, l'app di geolocalizzazione del telefono con cui da casa aveva visto il cellulare della moglie fermo a Concordia fino alle 3,40 di notte e le chiamate senza risposta rigettate manualmente da qualcuno, fino all'alba del giorno del ritrovamento. Tuttavia, il suo nome è ancora tra gli indagati e, davanti a un alibi forte, c'è un movente che lo è altrettanto: la gelosia. Gelosia che avrebbe potuto nutrire per esempio nei confronti di Cuccui, per uscire con il quale Alice gli aveva raccontato di voler invece incontrare un'amica e con cui molti hanno ipotizzato potesse esistere una relazione sentimentale.
A sua volta indagato, le telecamere di sicurezza che mostrano la auto dell'operaio sardo e meccanico di moto prendere la strada di casa, dieci minuti prima che quella di Alice fosse ripresa mentre viaggia verso il luogo in cui poi è stata trovata bruciata, sono il principale elemento a sua discolpa.
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L'auto di Alice e non Alice, poiché chi la guidasse quella notte non è visibile nella videosorveglianza pubblica. I nuovi elementi portano a pensare che a farlo fosse proprio il 29enne ora ricercato e questo spiegherebbe anche uno degli altri capitoli che finora restavano aperti sul caso: come aveva fatto l'assassino a lasciare la scena del delitto, senza che nessun altra automobile fosse ripresa durante il tragitto di andata?
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L'uomo in questione abitava così vicino che potrebbe averlo fatto a piedi. Come e in che contesto sia maturato il crimine, appartiene ancora alla notte di ambiguità e misteri in cui la donna è andata incontro quando ha salutato la sua famiglia per l'ultima volta. Il suo corpo è talmente deteriorato dal rogo che non si può stabilire la causa della morte, non può fornire tracce del killer, né dire se fosse viva mentre l'auto bruciava. Si può solo escludere che sia stata colpita alla testa, perché il cranio non ha fratture e poi confermare col Dna ciò che ovvio: Alice Neri è una delle 110 donne uccise quest' anno da un uomo. -
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