Estratto di “Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni?”, di Raffaella Fanelli (ed. Ponte alle Grazie), pubblicato da “il Fatto quotidiano”
simonetta cesaroni
L'omicidio di via Poma, senza un colpevole da 32 anni, fa pensare al delitto perfetto. Ma chi ha ucciso Simonetta Cesaroni è rimasto fino a oggi impunito solo perché salvato dalla superficialità e dall'incompetenza di alcuni e dall'omertà e la menzogna di altri. Ogniqualvolta sembrava avesse imboccato la via giusta, l'inchiesta sull'omicidio irrisolto di Simonetta si è ritrovata davanti alla delusione e alla derisione del punto di partenza.
Perizie, tracce e ipotesi investigative, negli anni, sono state appiattite o addirittura ribaltate per farci entrare piste assurde e improbabili colpevoli. () Come la pista offerta dal supertestimone Roland Voller, l'austriaco poco raccomandabile che per tre anni ha lasciato sulla graticola Federico Valle e Pietrino Vanacore. Oppure, come l'altra, più recente e ancora più assurda, che ha indicato Raniero Busco, l'ex fidanzato di Simonetta, colpevole dell'omicidio.
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Per inchiodarlo a una colpa non sua, vengono ignorate le ricostruzioni e le prove garantite vent' anni prima. () Per vent' anni e fino al rinvio a giudizio di Raniero Busco, gli investigatori hanno sempre detto, e i giornalisti sempre scritto, che la stanza fu ripulita dopo l'omicidio e che il motivo poteva essere soltanto uno: l'assassino, col favore della notte, avrebbe fatto sparire il cadavere di Simonetta dall'ufficio degli Ostelli della gioventù. Per allontanare le indagini e i sospetti da via Poma.
(...) Così, a pagina 18 della relazione fatta sui reperti, accanto alla foto dei calzini di Simonetta, ritroviamo una descrizione interessante: "Oltre a residui di sporcizia presenti sulle due piante, uno dei due calzini indossati dalla vittima esibisce vistose tracce ematiche mentre l'altro solo deboli aloni scuri.
(...). Su entrambi si rileva, inoltre, la presenza di piccoli trucioli di segatura". (...)
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L'ipotesi dei Servizi segreti viene menzionata per essere immediatamente esclusa dai due marescialli dei carabinieri, Flora De Angelis e Luigi Prili, incaricati nel 2006 dal pm Roberto Cavallone di verificare tutte le informative arrivate nel corso degli anni, alla Procura di Roma, su un presunto coinvolgimento dei Servizi segreti nell'omicidio di Simonetta Cesaroni.
Nel 2006 la Procura ci chiese - precisa in aula nel 2010 il graduato dell'Arma Luigi Prili - di fare indagini su eventuali coinvolgimenti dei Servizi segreti, di verificare se avessero personale negli uffici degli Ostelli della gioventù, di capire se l'attività degli Ostelli fosse in qualche modo collegabile a quella dei servizi. L'interesse della procura nasceva poiché l'allora segretario nazionale dell'Associazione italiana alberghi della gioventù era Vito Di Cesare, cognato del prefetto Riccardo Malpica, che nel 1990 era il direttore del Sisde. Dagli accertamenti non emerse però nulla di rilevante.
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Anni dopo, a chi scrive arriva la prima lettera firmata da Luciano Porcari, classe 1940, originario di Orvieto, un uomo di confine tra criminalità e Servizi: "Il datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi, non dice la verità perché conosceva benissimo il luogo di lavoro di Simonetta. Per fare chiarezza sul delitto, collegato ad altri omicidi e scomparse, bisogna portare a conoscenza della magistratura altri fatti di sangue avvenuti in Roma e in Somalia...".
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Seguiranno altre due lettere. () "Conoscevo bene il portiere di via Poma, Pietrino Vanacore, ma non ho mai conosciuto Simonetta Cesaroni anche se sapevo che dal maggio/giugno del 1990 scriveva i contratti commerciali che poi 'noi' portavamo in Africa e in altre parti del mondo". Porcari racconta di aver lavorato all'estero, in particolare in Africa, dove sarebbe entrato in contatto con il "giro" degli appalti legati alla cooperazione italiana e delle tangenti che si muovono tra i vertici dei Paesi riceventi e dei Paesi donatori.
Fa riferimento a un'inchiesta condotta dalla procura di Torre Annunziata e denominata "Cheque to Cheque"(...). In uno dei verbali Porcari fa il nome di una società, la Dolmen, con sede a Roma, che aveva strani scambi con l'Africa, con i Paesi dell'Est e con il Sudamerica. () E poi rivela un inquietante collegamento con Simonetta Cesaroni: la Dolmen, secondo Porcari, avrebbe avuto una "società gemella, in via Poma" e per quella società Simonetta Cesaroni avrebbe stipulato dei contratti: "C'era un ufficio dei Servizi segreti nel cortile interno di via Poma al 2, accanto alla palazzina B, sul lato destro. In quell'ufficio facevano i contratti per il traffico di armi e gli aiuti umanitari... era la ragazza a scrivere quei contratti". Una pista inquietante, mai vagliata.
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