Michela Allegri per ''Il Messaggero''
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Lei ha una nuova relazione stabile, da anni, ma non convive ufficialmente con il nuovo compagno. E l'ex marito, che da anni paga l'assegno mensile di mantenimento, sostiene che, nonostante i diversi indirizzi di residenza e di domicilio, la ex consorte, di fatto, viva insieme all'uomo con cui si vede ogni giorno e con il quale trascorre più notti nel corso della settimana. Tradotto: il mantenimento deve essere rimodulato, o addirittura revocato. Con una pronuncia rivoluzionaria, la Corte di Cassazione ha dato ragione all'ex marito: il diritto all'assegno di divorzio può venire meno nel caso in cui la donna abbia una relazione sentimentale con periodi più o meno lunghi di convivenza, tanto da rendere stabile la nuova unione.
L'ORDINANZA
Con l'ordinanza del 16 ottobre 2020 è stato accolto il ricorso dell'ex che chiedeva la revoca del contributo, considerando il legame ufficiale e ormai datato della ex consorte. Nel testo i supremi giudici sottolineano che il rapporto era consolidato, come provato dalla frequentazione quotidiana, con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza. Circostanza che basta per ritenere la relazione fosse più che stabile. L'avvocato Daniela Missaglia, divorzista e matrimonialista, spiega che molto spesso «i coniugi separati o divorziati, destinatari di assegni di mantenimento mensili, escogitano trucchetti per non perderli».
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Uno dei più gettonati, sostiene la legale, è quello di nascondere le nuove relazioni sentimentali stabili, che in molti casi comporterebbero la revoca dell'assegno: «Spesso vengono nascoste anche le convivenze di fatto, strutturando un sistema di pernotti random, distribuiti in modo da evitare quella continuità che potrebbe convincere un giudice a riconoscere, appunto, una convivenza o una relazione stabile: i compagni vengono ospitati per qualche giorno, a giorni alterni, nei week end, e il dato della residenza non viene mai modificato». La pronuncia di ottobre, spiega ancora l'avvocato, specifica che i periodi di convivenza con il nuovo compagno non devono essere considerati singolarmente, ma complessivamente: «La somma porta ad integrare il requisito della stabilità e della continuità che porta alla decadenza dell'assegno».
LA VICENDA
Nel caso specifico, la Corte d'appello di Reggio Calabria aveva disposto per un uomo l'obbligo di corrispondere alla ex 400 euro al mese e aveva respinto l'appello nel quale lui chiedeva la revoca dell'assegnazione della casa coniugale. La richiesta alla Cassazione era di annullare la sentenza in questione, mentre quella della ex moglie era di ottenere 700 euro mensili, sostenendo di non avere nessun reddito e che la relazione stabile e continua con un altro uomo non era mai stata dimostrata.
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Per il marito, i giudici avevano sbagliato nel «qualificare la fattispecie giuridica di famiglia di fatto»: pur non essendoci una convivenza sancita dalla legge o dalla comune residenza, la relazione della donna doveva considerarsi stabile e pure datata, perché lei e il compagno, oltre a frequentarsi quotidianamente, trascorrevano molti giorni - notti comprese - nella stessa casa.
Nella sentenza si legge che si trattava di un rapporto pluriennale e consolidato, «pure caratterizzato da ufficialità, nonché fondato sulla quotidiana frequentazione con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza». Se per la Corte d'appello si trattava di una relazione «non sufficiente per ipotizzare la creazione di quella nuova famiglia di fatto», per la Cassazione sembrano non esserci dubbi: si tratta di un rapporto stabile e consolidato. Circostanza che ha portato all'annullamento della decisione di secondo grado.