Mario Sconcerti per il Corriere della Sera
polonia italia belotti
È stata una partita aperta, spesso bella, un lungo preambolo che raramente ha concluso qualcosa. La prima volta nel tempo di Mancini in cui non è bastata la superiorità tecnica dell' Italia, bilanciata dalla forza fisica dei polacchi. Non ci ha battuto, ma ci ha condizionato, ha impedito un migliore palleggio perché al quarto tocca avveniva sempre il recupero o un fallo.
In questa partita che era come dovesse sempre ricominciare, non c' è stato un intervento vero dei portieri, è stato tutto potenziale, mai reale. Belotti non è andato bene, ma non si visto nemmeno il centravanti loro che è il migliore d' Europa. Direi che c' è stata per tutti la forza di presentare sempre nove giocatori davanti al gioco che riprendeva.
Tradotto in energia, questo significa che siamo molto avanti ma non siamo ancora competitivi come vorremmo. La Polonia è stata un buon avversario medio, a metà strada tra quelli dei gironi eliminatori e l' élite di Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, Portogallo, Belgio. Abbiamo un po' ballato tra le spalle dei polacchi, li abbiamo messi in difficoltà palla a terra, ma non siamo mai andati oltre.
Un po' leggeri per liberarci, un po' smaniosi più del passaggio corretto che di un tiro in porta. Andando nei particolari, meglio Kean di Chiesa, anche se dentro una partita diversa.
polonia italia bonucci
Kean ha bisogno di poco spazio, Chiesa di campo libero. Ma alla fine i tre cross più pericolosi sono arrivati da Chiesa. L' uomo della partita è stato Pellegrini che non doveva fare l' ala, ma il secondo interno che entrava in area pareggiando Barella dall' altra parte. Ha fatto e sbagliato molto, ma è stato presente.
Ha sbagliato più del solito Jorginho, ha fatto l' equilibrista Verratti, l' unico che sapeva sfruttare il disagio polacco di avere il pallone lontano dagli occhi, la sua agilità è stata però un tocco artistico, quasi mai un gesto da partita. L' Italia ha tenuto in mano l' argomento senza aver voglia di portarlo all' ultima pagina. Questo dice che dobbiamo ancora studiare, ma che siamo disponibili a farlo e che ne abbiamo le qualità.
polonia italia mancini
L' impressone è stata di un terreno che favoriva gli uomini pesanti, ma anche di un piccolo perdersi nostro in una personalità meno futurista di altre volte. Se pensavamo di essere già in cima, è un passo indietro. Se sapevamo di dover crescere, ne abbiamo avuto una conferma incoraggiante.
MANCINI
Andrea Elefante per la Gazzetta dello SPort
Troppo bella per essere «vera» Italia? Bella nel senso di un po' leziosa, poco cattiva al dunque, e il suo dunque da un pezzo è il momento in cui prepara e poi segna un gol; vera nel senso di già vista, e più volte, quella squadra anche cinica che in un modo o nell' altro praticamente sempre era riuscita a dare scacco ai muri che si era trovata di fronte.
Ieri sera no, e quello 0-0, risultato molto poco «manciniano», ha fatto tornare indietro di quasi due anni, novembre 2018, pareggio in casa a reti bianche, come si diceva un tempo, con il Portogallo: prima di ieri l' unica avversaria che in 22 partite, per due volte, ci aveva chiuso la porta in faccia.
Ora c' è riuscita anche la Polonia, non per caso: squadra tosta, aggressiva, capace di un calcio anche «sporco». C' è riuscita con l' aiuto di un alleato forse imprevisto: un terreno di gioco orribile, nemico di chi gioca a calcio e lo fa privilegiando la tecnica, la qualità. Verratti l' ha pagato più di una volta:
polonia italia
«È dura giocare così, ma nonostante questo abbiamo creato molto, anche se dovevamo finalizzare di più. Peccato, perché ormai abbiamo raggiunto una maturità tale che giochiamo alla nostra maniera anche su campi difficili». Mancini non l' ha preso come alibi, «perché alibi non è, ci ha penalizzato e basta: era in condizioni pessime, la palla rimbalzava male, ne abbiamo risentito a livello qualitativo».
Capita, quando si cerca sempre e comunque una grande bellezza: l' Italia ci ha provato anche ieri sera, «e fino alla fine - dice ancora il c.t. - giocando sempre in attacco perché come sempre volevamo vincere. Dovevamo chiudere il primo tempo almeno con due gol di vantaggio, abbiamo avuto occasioni anche alla fine, ma capita». E capita anche di vedere insinuarsi uno dei pericoli di aver alzato così l' asticella: piacersi talmente tanto in quel suo palleggio stordente, nel suo essere una squadra bella da vedere, da diventare troppo poco «cattiva».
POLONIA TIFOSI
Quando invece proprio anche il suo saper essere spietata l' ha portata a coltivare tante sicurezze. E il c.t., che di mestiere faceva l' attaccante e dunque sa di cosa si parla, ha ammesso: «In certi momenti siamo stati anche un po' leziosi, sì: in due o tre situazioni si poteva segnare, si doveva tirare invece di mettere in mezzo. Quando domini devi anche saper essere cinico, altrimenti prendi un contropiede e rischi di perderla».
E' la riflessione che gli lascia in eredità il rivedere mentalmente almeno una decina di azioni tarpate sempre da un' incertezza, un' esitazione, un errore tecnico o di lucidità: strano per l' Italia, meno strano considerando la fatica inevitabile del giocare contro chi pensa anzitutto a non farti giocare. E la fatica non nuova del nostro centravanti, ieri sera Belotti, che però Mancini ha visto «lavorare molto per la squadra: ha fatto tutto quello che doveva. All' inizio ho scelto lui perché ne ho tre con tre partite da giocare e ho pensato che fosse la decisione giusta.
Poi alla fine ho messo Caputo e non Immobile perché mercoledì ci servirà un attaccante fresco. E non ricominciano con la storia che il nostro centravanti fa fatica: anche Francia e Portogallo hanno pareggiato 0-0, no? Ecco, non sono preoccupato minimamente». Anche perché nel pomeriggio Bosnia e Olanda, pareggiando, hanno lasciato immutata la classifica del girone, «che sarà equilibrato fino alla fine, e ci sarà da lottare fino all' ultima partita». Per questo si torna lì, ai rimpianti: «C' è poco da fare, questo pareggio ci sta stretto: ma è stato tutto positivo tranne il risultato, siamo felici lo stesso».
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