Ilaria Ravarino per il Messaggero
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Denaro, ideologia, ricatto o ego. C'è anche un pezzo della storia di Walter Biot, il capitano della Marina Militare arrestato per spionaggio, nell'acronimo che l'Intelligence statunitense utilizza per riassumere le quattro motivazioni che spingono le persone a diventare agenti segreti. Perché poche cose come il denaro, dicono gli analisti, hanno la forza di spezzare il vincolo più prezioso per una spia: la lealtà. Lo racconta la docuserie Spionaggio: i trucchi del mestiere, da poco su Netflix ma diventata in questi giorni particolarmente attuale: otto episodi da mezz' ora con testimonianze di veri agenti della Cia.
IL CLASSICO La difesa di Biot, che avrebbe dichiarato di aver agito perché in difficoltà finanziaria, suona come un grande classico del genere. L'ultima puntata della serie è dedicata proprio ai casi di spie corrotte dal vil denaro, come il famoso John Anthony Walker, addetto di una base navale Usa che negli anni Sessanta vendette al Kgb documenti riservati.
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Come Biot, anche lui fotografò i documenti, usando non una pennetta digitale ma una Minox (la telecamerina in alluminio grande quanto un indice) e scambiando gli scatti con i russi. Solo che la sua attività, durata 17 anni e costata un ergastolo, non era pagata in banconote ma in lingotti d'argento senza numero seriale. Che i potenti del mondo amino spiare i paesi nemici, e che a spiare gli americani oggi siano soprattutto russi e cinesi, è la tesi non troppo nascosta della serie (Putin è il politico più nominato e il primo ad apparire). Ma è la creatività delle spie ad essere la vera protagonista degli otto episodi, che mettono a confronto gadget e strategie di ogni era e provenienza.
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Si comincia con le classiche cimici Anni 50 e 60 la più famosa quella che nel 1945 i boy scout russi donarono all'ambasciatore americano a Mosca, nascosta in un quadro passando per le 16 macchine da scrivere del progetto Gunman, assemblate dal Kgb per copiare le lettere, fino alle moderne microcamere Niagra, inventate in Svizzera nel 2013. Discorso a parte per i droni, i nuovi occhi del cielo che hanno ormai rimpiazzato i vecchi satelliti, troppo lenti da controllare.
Tra i modelli più efficaci, la serie cita gli stormi robotici cinesi, capaci di ingannare anche gli uccelli, e lo sguardo di Gorgone, epico nome per il drone da 15 milioni di dollari del Pentagono, con risoluzione da 1,8 miliardi di pixel e immagini 150 volte più dettagliate di un iphone. Ampio e variegato l'arsenale di veleni. Pallottole al ricino negli ombrelli (ne fu vittima, nel 1978, lo scrittore bulgaro Georgi Markov), acido prussico per il Kgb Anni Cinquanta, diossina nella zuppa come quella servita nel 2004 all'ucraino Viktor Yushchenko e il polonio nel tè, bevuto da Alexandr Litvinenko nel 2006 a Londra.
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NOVICHOK Tra i veleni più letali figura ancora il Novichok, potente agente nervino bandito dal trattato sulle armi chimiche, arma del tentato delitto del russo Sergej Skripal e nel 2017 del nord coreano Kim Jong Nam, aggredito in aeroporto da due donne convinte da una finta troupe televisiva a fargli uno scherzo finito molto male. Il fattore umano il ricatto: meglio se a sfondo sessuale è dai tempi della bella Mata Hari una delle armi più potenti delle spie, che ne fecero un uso massiccio durante gli anni Settanta. Fu allora che al capo della Stasi, Markus Wolf venne in mente di sfruttare la solitudine sentimentale delle segretarie di Berlino Ovest fondando i Romeo, una squadra di 40 agenti con licenza di sedurre e impalmare ignare donne americane in cambio di segreti militari.
FRONTIERA Ultima frontiera dello spionaggio è infine il cyberuniverso, quello con cui si possono addirittura fermare le turbine di una centrale di arricchimento dell'uranio, come accaduto in Iran nel 2010. Ma anche arrivare a prendere il controllo totale di una smart city, come spiega l'ex agente Robert Wallace, o vincere una guerra «senza bisogno di una sola bomba». Bastano le spie giuste, e nessuno che le corrompa.
MUSEI
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Valeria Arnaldi per il Messaggero
Corridoi spaziosi e uffici riservati dove venivano compilati i rapporti. Basta navigare in Rete, anche su YouTube, per entrare nelle sale che dal 1950 al 1990 sono state sede del Ministero per la Sicurezza di Stato della Repubblica Democratica Tedesca, a Berlino. Oggi, infatti, l'edificio è sede dello Stasimuseum, museo dedicato allo spionaggio messo in atto dalla Stasi, appunto.
I TESSUTI Ci sono documenti, registri, testimonianze, pezzi di tessuti per l'identificazione olfattiva di sospetti. Un patrimonio che, dopo la caduta del muro di Berlino, è stato salvato dalla distruzione grazie all'intervento di manifestanti, decisi a non far rimanere nell'oscurità - e nel segreto - i crimini commessi dagli agenti.
LE TECNICHE Allo spionaggio, tra tecniche e anche atrocità, sono dedicati più musei nel mondo, dove macchinari e codici, trucchi usati, negli anni, vengono messi in mostra a raccontare storia ed evoluzione della professione. D'altronde, quello della spia è mestiere antico pressoché quanto l'uomo.
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Le sue radici si perdono nel tempo, rimandano alla nascita della prima comunità, forse a quella del primo - quantomeno presunto - segreto. Già i sumeri si servivano di spie, così egizi, fenici, assiri e via dicendo, fino ai servizi segreti di Roma antica, e oltre. A Washington sorge l'International Spy Museum, che da domani dedicherà una mini-mostra a codici e macchine per decifrarli, in prestito dal National Cryptologic Museum, a partire da quello che è ritenuto il più antico cifrario esistente, datato tra fine XVIII e inizi XIX secolo.
GLI EPISODI La collezione di Washington indaga episodi e vicende di spionaggio fino ad oggi, con spunti per guardare al domani. Senza dimenticare la finzione che ha fatto storia - nonché letteratura e cinema - come la figura di James Bond. Qui, la Aston Martin DB5, auto di Bond in Goldfinger. Molte le attività interattive.
E l'interazione è cardine della filosofia pure di Spyscape a New York, che all'iter storico - nella collezione, Enigma, dispositivo per cifrare e decifrare messaggi usato nel periodo nazista - affianca test per mettersi alla prova, tra sensori laser da evitare e microspie, ma anche attività online. Portare allo scoperto gli strumenti di indagine degli 007 sollecita la riflessione sui possibili mezzi per attaccare la privacy dei singoli, anche attraverso pc e smartphone.
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LA CRONACA I materiali corrono pure in Rete. Avanzavano stretti l'uno all'altro, mano nella mano, il 26 marzo 1953, i figli di Julius ed Ethel Rosenberg, in attesa di entrare a Sing Sing, dove erano imprigionati i genitori accusati di essere spie dell'Unione Sovietica e, per questo, condannati a morte. La cronaca di quella passeggiata, poco prima dell'esecuzione - nonostante gli appelli di Brecht, Picasso, Sartre e molti altri - è immortalata in un video d'archivio dell'Istituto Luce, pubblicato su Google Arts & Culture, a fare storia dello spionaggio, tra tecniche e pagine oscure.
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