Marilisa Palumbo per www.corriere.it
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Alla fine i Sackler hanno ottenuto quello che volevano, date le circostanze. Il giudice Robert Drain della U.S. Bankruptcy Court di White Plains, New York, ha annunciato che accoglierà con «piccoli cambiamenti» lo schema per la bancarotta di Purdue Pharma, il gigante farmaceutico produttore dell’OxyContin, farmaco al centro della epidemia degli oppioidi.
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La famiglia pagherà 4,5 miliardi di dollari che assieme ai proventi della compagnia che rinascerà dalle ceneri di Purdue (e con la quale i Sackler non potranno avere alcun legame) andranno a finanziare programmi di prevenzione e trattamento delle dipendenze in tutti gli Stati Uniti, ma avrà l’immunità.
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Si conta che nel Paese circa 500mila persone abbiano perso la vita per via della assuefazione da oppiacei, e la crisi si è aggravata durante i mesi della pandemia: l’anno scorso ha segnato il record di morti per overdose.
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Purdue si era dichiarata colpevole di aver minimizzato quanto l’OxyContin potesse creare dipendenza e per aver sollecitato dai medici un alto volume di prescrizioni (nel 2000 le vendite del farmaco immesso nel mercato nel ’96 valevano già 1,1 miliardi di dollari).
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L’accordo dovrebbe chiudere migliaia di cause intentate da entità di ogni ordine e grado, dagli stati ai privati agli ospedali: erano 2900 nel settembre 2019 quando Purdue presentò la domanda di fallimento che congelò tutte le azioni legali.
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Ma qualcuno non ci sta. A neanche un’ora dalla sentenza mercoledì sera lo stato di Washington e quello del Connecticut hanno annunciato che faranno appello, e altri di sicuro seguiranno.
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«Questo è un risultato amaro, amaro», ha detto Drain ammettendo la frustrazione per il fatto che tanti dei soldi dei Sackler sono «intoccabili» perché parcheggiati in account offshore. Il processo ha avuto momenti di grande tensione, soprattutto quando Richard Sackler, ex presidente, si è presentato al banco dei testimoni a metà agosto e ha detto di non ritenere né se stesso né la famiglia né l’azienda o i suoi prodotti responsabili della crisi.
proteste dei familiari delle vittime di oppiacei
Anche se altri membri del clan hanno usato un linguaggio più conciliante non ci sono mai state né scuse né assunzioni pubbliche di responsabilità.
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