Gianluigi Nuzzi per "la Stampa"
giovanni angelo becciu papa francesco bergoglio
Infondo, a pensarci bene, è tutta una questione di sorrisi. E di soldi. Il sorriso di Bergoglio non è così lontano da quello luminoso e disarmante di papa Albino Luciani. Anzi, proprio i loro sorrisi si stagliano nei corridoi dei sacri palazzi, irradiano luce nel buio, contagiano di forza e coraggio chi vuole cacciare i mercanti dal tempio. Se non ci fosse stato il primo, mai avremmo avuto il secondo: insieme hanno rotto l' incantesimo nero di una curia immutabile, sovrastante il pontificato stesso con i beni temporali ridotti a scempio di una fiducia tradita.
MARCINKUS
Solo che Giovanni Paolo I sorrideva schiacciato in una mortale solitudine, amato sì da tutti ma solo fuori le mura leonine, lasciato lì ad affrontare Paul Casimir Marcinkus, la sua protervia, la sua ragnatela velenosa, armato solo con la Fede. «Non si amministra la Chiesa con le Ave Maria», gli urlava come una furia l' arcivescovo alla guida dello Ior dei Gelli, dei Calvi e dei Sindona. E proprio in quegli anni era appena nato in segreteria di stato un fondo occulto, che rappresenta oggi, in una clamorosa ruota del contrappasso, la cerniera simbolica tra i due pontificati.
Infatti, proprio questo fondo ancor più riservato e discreto dello Ior, venne creato per mettere al riparo il pontefice dal cataclisma Marcinkus, per tutelare le riserve dello Stato e i fondi riservati del papa dall' orda di quegli anni di bancarotte, assassini vestiti da suicidi e narcodollari che infestavano i forzieri vaticani.
MONSIGNOR ANGELO BECCIU
Proprio da lì, ad esempio, erano partiti i 406 milioni di dollari destinati ai piccoli risparmiatori dell' Ambrosiano pur di chiudere quell' incubo. Era stato monsignor Gianfranco Piovano, diplomatico, a gestire l' invisibile struttura, facendola crescere anno dopo anno. E così quando nel 2009 Bertone lo sostituì con monsignor Alberto Perlasca, ormai quella creatura finanziaria aveva un portafoglio e un' autonomia impressionante, capace di raccogliere e coordinare parte delle contabilità parallele, dei fuori bilancio.
La missione della sezione finanziaria era sfuggita di mano. Il papa non aveva più contezza di quanto accadeva in quegli uffici, imminente regno del sardo di Pattada, dell' abilissimo Angelo Becciu, divenuto sostituto - terza carica nello Stato - nel 2011. E se è vero che papa Francesco fin dai primi giorni di pontificato ha cercato di destrutturare la curia, da buon gesuita ha capito subito che quell' entità andava affrontata per ultima. Per non fallire, di perdere come purtroppo era accaduto a papa Luciani, morto anzitempo.
AGOSTINO VALLINI
A Bergoglio non era infatti sfuggita la gelida risposta che proprio Perlasca aveva inviato agli ispettori del pontefice quando nel dicembre del 2013 chiedevano i conti della struttura e la contabilità dell' obolo di san Pietro, beneficenza raccolta in nome del santo padre: «Si vedrà se e come rispondere».
Messo nero su bianco non era una frase indice di arroganza ma della certezza che quel fortino mai sarebbe stato espugnato. E così Bergoglio ha riformato e bonificato tutte le altre strutture per tornare poi all' assalto nella primavera del 2018 con una serie di mosse implacabili: prima il trasferimento di Becciu, elevato cardinale, alla congregazione dei santi e beati, quindi il bisturi del controllo dei conti. Gli uffici erano però zeppi di suoi fedelissimi - gli stessi che troviamo oggi con il rinvio a giudizio per lo scandalo di Londra - a resistere, trovando sponda in diversi anziani porporati curiali.
ALBERTO PERLASCA
E il 17 luglio 2018 il cardinale Agostino Vallini provava a resistere all' onda della trasparenza, a chi voleva i bilanci, ricordando in una riunione riservata che insomma certi forzieri era meglio non aprirli, alludendo persino alle disponibilità del pontefice: «Non vi nascondo fratelli cardinali- esortava il porporato - qualche importante riserva() non ci devono sfuggire tutte le possibili implicazioni che verrebbero a determinarsi, in particolare quelle legate alla tutela della riservatezza di quei fondi che il santo padre ha diritto di utilizzare a propria discrezione».
Agostino Vallini
Ma ormai l'offensiva di Bergoglio era inarrestabile. Per dirne solo alcune: era caduta l' Apsa, la banca centrale dello Stato, erano cambiate le contabilità generali, revisionato il governatorato, rivisti i musei vaticani. E la prova regina si legge ora nelle carte di questo nuovo clamoroso processo che partirà a fine mese contro Becciu e i suoi presunti sodali: a riempire le pagine dell'accusa, a fornire chiavi e formidabili dettagli e proprio monsignor Perlasca, sì quello scelto da Bertone e oggi supertestimone dell' inchiesta che certamente segna la fase processuale più intensa della giustizia del vaticano degli ultimi secoli. Ma chi si aspetta una tangentopoli in quel piccolo stato rimarrà deluso perché la giustizia di Dio viene prima di quella degli uomini. O, almeno, dovrebbe.
cardinal bertone