Massimo Giannini per “La Repubblica – Affari e Finanza” - Estratti
Enrico Marchi
Onusto di (vana)gloria per la manovra che tassa ma non tassa e taglia ma non taglia, Giancarlo Giorgetti conta di poter dire presto a Matteo Salvini, Capitano del Carroccio, quello che Piero Fassino in un’altra era geologica osò improvvidamente dire a Giovanni Consorte, padre-padrone-padrino di Unipol: “Abbiamo una banca”.
(...) Oggi, passati quasi vent’anni, la banca sulla quale sta per mettere le mani la Lega è il Montepaschi. Il ministro del Tesoro ha confermato la vendita: «C’è la volontà di procedere, il sentiero è quello previsto». La storia è nota, e a quanto pare il sentiero previsto porta in Veneto, terra natìa del proto-leghismo federalista.
matteo salvini giancarlo giorgetti
A prendersi la più antica banca italiana, l’ultima delle medio-grandi costretta finora a un forzato stand-alone, sarà quasi certamente Enrico Marchi, fondatore di Banca Finint, presidente di Save Aeroporti, da pochi mesi anche editore di lusso, avendo rilevato dal Gruppo Gedi i sei giornali del ricco Nordest. Ho conosciuto Marchi a Cernobbio, su quel ramo del lago di Como. È un imprenditore serio, ma persino troppo ambizioso.
Il suo modello, dice, è nientemeno che Warren Buffett, che vive ad Omaha nel piccolo Nebraska e da lì domina il grande mondo. Marchi, allo stesso modo, vuole prendersi pezzi d’Italia dalla piccola Conegliano. Mps è alla sua portata. Lo è per ragioni finanziarie: la quota del 26,7% detenuta dal Mef vale 1,4 miliardi, abbordabili soprattutto se a scendere in campo fosse una cordata messa in piedi con lo schema F2i-Rete Digitale.
AZIONARIATO E CONTI DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
Ma lo è soprattutto per ragioni politiche, che nella vita del Monte, per uno scherzo del destino, hanno sempre contato più di ogni altra cosa. Marchi è il giusto compromesso, nel braccio di ferro in corso tra Giorgetti, che per fare cassa vuole vendere l’intera quota pubblica, e Salvini, che invece ne vorrebbe mantenere una partecipazione rilevante, per assicurare alla Lega una presa sicura sul mercato finanziario.
Se compra il Buffett di Conegliano — già sodale del serenissimo Galan e ora amico di Luca Zaia — il ministro è contento perché mette in berta quasi 2 miliardi, e il vicepremier lo è ancora di più perché l’acquirente è un “capitano coraggioso” in camicia verde. C’è solo da chiedersi se questa sia davvero la soluzione migliore, per una delle banche più blasonate ma più tormentata nella storia tricolore.
gianluigi aponte 6
(...) Adesso tocca a Marchi, che avrebbe già messo in piedi il pool di investitori, dall’armatore Gianluigi Aponte all’Enpam, la Cassa previdenziale dei medici e dentisti (mai fidarsi delle smentite di rito già arrivate, in queste operazioni sotto traccia sono obbligatorie fino alla firma dei contratti).
CARLO CIMBRI
Non vogliamo togliere nulla al patron di Banca Finint. Ma se ci spostiamo dai primati della politica ai risultati della finanza, bisogna riconoscere che un’acquisizione da parte di Unipol avrebbe molto più senso. Anche per le sinergie di bancassurance, che in questo caso sarebbero rilevanti. È un’ipotesi realistica? Dal punto di vista del mercato, assolutamente sì: il colosso bolognese ha già in tasca il 24,6% di Bper e il 19,7% della Popolare di Sondrio, e dovrebbe solo risolvere il problema del patto assicurativo che Mps ha già stretto con i francesi di Axa, in scadenza solo nel 2027.
I rumors dicono che il vulcanico Carlo Cimbri — sopravvissuto al ciclone Giovanni Consorte e sostenuto dall’amico Alberto Nagel — avrebbe fatto più di un pensiero a una partnership assicurativa con Mps, accompagnata dall’acquisizione di una quota del 10% della banca senese. Ma parafrasando Hegel, non sempre tutto ciò che è razionale diventa reale. Meno che mai se un’ipotetica alleanza Unipol-Mps dovesse apparire, ai patrioti in camicia nero-verde, come una rivincita postuma della finanza rossa.
LUIGI LOVAGLIO MONTE DEI PASCHI DI SIENA montepaschi - azionisti
Enrico Marchi