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    CHI SONO I PARLAMENTARI CHE HANNO CHIESTO IL BONUS INPS DA 600 EURO PER LE PARTITE IVA? - SI VOCIFERA CHE I CINQUE DEPUTATI SAREBBERO TRE LEGHISTI, UNO DI ITALIA VIVA E UNO DEL MOVIMENTO - DI MAIO:RESTITUISCANO I SOLDI E SI DIMETTANO, SE IN CORPO GLI È RIMASTO ANCORA UN BRICIOLO DI PUDORE” - MA SE SI PREVEDONO EROGAZIONI A PIOGGIA, SENZA LIMITI DI REDDITO O DI FATTURATO, È NORMALE CHE QUALCUNO NE APPROFITTI - IL MEA CULPA M5S: “AVREMMO DOVUTO ESCLUDERE DAL BONUS PARLAMENTARI E CONSIGLIERI REGIONALI”


     
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    1 – CACCIA AI DEPUTATI FURBETTI DEL BONUS

    Domenico Di Sanzo per “il Giornale”

     

    il parlamento ai tempi del coronavirus 4 il parlamento ai tempi del coronavirus 4

    Caccia aperta ai «furbetti di Montecitorio». Dopo la notizia, data da Repubblica, di cinque deputati che hanno richiesto il bonus Inps di 600 euro, insieme all'indignazione è montata anche la curiosità. Il mondo della politica si è risvegliato in una domenica d'agosto alle prese con un nuovo caso. E allora quasi ogni frequentatore del Palazzo ha fatto il suo.

     

    Chi dal lettino della spiaggia, chi da un evento della campagna elettorale in una delle sette regioni al voto a settembre, un po' tutti si sono dati da fare per scovare i nomi dei «reietti». Cinque professionisti non contenti dei circa 12mila euro al mese netti di stipendio, rei di aver approfittato della possibilità di intascare l'aiuto concesso dal governo. Un contributo pensato per dare una mano ai tanti lavoratori autonomi in difficoltà a causa dell'emergenza Coronavirus.

     

    PASQUALE TRIDICO PASQUALE TRIDICO

    E tocca dire però che il magheggio è perfettamente legale. Infatti, in riferimento ai mesi di marzo e aprile non era previsto nessun paletto, né di reddito, né di perdita di fatturato. Bastava compilare la domanda, dimostrare di possedere una partita Iva o di essere un libero professionista oppure un co.co.co e il gioco era fatto. Nessuna incompatibilità con il lavoro di parlamentare, nonostante sia noto il lauto compenso previsto per gli onorevoli.

     

    «Per mia fortuna non conosco nessuno che abbia avuto il coraggio di chiedere il bonus», dice un deputato grillino. Eppure nel gruppo parlamentare del M5s, fin dalla prima mattinata, fioccano gli indiziati. Forse per un semplice calcolo probabilistico, dato che si tratta della truppa più numerosa. I più maliziosi si esercitano in suggestioni basate sul basso reddito pre-elezione di molti pentastellati.

     

    Fari puntati pure sugli ex del Movimento confluiti nel gruppo Misto. Comunque i deputati dribblano le domande. E ci invitano a chiedere lumi all'Inps. La soffiata è arrivata proprio da una struttura dell'ente, la Direzione Centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza.

     

    luigi di maio vito crimi luigi di maio vito crimi

    Creata dal presidente Pasquale Tridico, indicato dal Movimento. Inevitabile dunque la caccia alla talpa, contestualmente alla caccia al furbetto. Nel M5s parte un'inchiesta interna per trovare gli eventuali colpevoli. E nel pomeriggio arriva un'altra indiscrezione: i cinque deputati sarebbero tre leghisti, uno di Italia Viva e uno del Movimento. Lo sdegno dei leader politici è unanime.

     

    Ma la situazione più incandescente è tra gli stellati. In chat si scatena il panico. Un parlamentare Cinque Stelle scrive: «Io ho espressamente raccomandato al mio commercialista di non richiedere quel bonus». Spuntano le prime critiche al governo.

     

    «Avremmo dovuto varare un provvedimento ad hoc per escludere parlamentari e consiglieri regionali, per esempio. Si sarebbe evitato tutto questo», commenta un eletto grillino. Infatti nella lista dei furbetti ci sarebbero anche duemila persone tra assessori regionali, consiglieri comunali e regionali, sindaci e governatori.

     

    luigi di maio vito crimi 2 luigi di maio vito crimi 2

    Dal vasto fronte del no al taglio dei parlamentari riflettono: «Non ci poteva essere migliore spot di questa cosa in favore del taglio». Dal M5s cavalcano la rabbia. Luigi Di Maio parla di «cinque poveri furbetti». E alza l'asticella chiedendone le dimissioni: «Restituiscano i soldi e si dimettano, se in corpo gli è rimasto ancora un briciolo di pudore». Il capo politico Vito Crimi vuole che escano fuori i nomi: «Chi ha compiuto questo gesto ha il dovere di palesarsi». Uno dei partecipanti alla chat dice: «Appena saputo che c'era uno dei nostri ci siamo infuriati ancora di più, ma ovviamente non sappiamo chi sia».

     

    2 – NESSUN LIMITE DI REDDITO O DI FATTURATO COSÌ LE EROGAZIONI SONO DIVENTATE A PIOGGIA

    Paolo Baroni per “la Stampa”

     

    LA RIVOLTA DELLE PARTITE IVA LA RIVOLTA DELLE PARTITE IVA

    Per ottenere dall'Inps il bonus da 600 euro, poi da maggio lievitato a 1000, bastavano pochi click. Bisognava solo essere iscritti all'Inps da prima del 23 febbraio di quest' anno e si poteva presentare domanda. Pochi in vincoli: i 600 euro non erano infatti cumulabili solamente col reddito di cittadinanza, il reddito di emergenza, l'indennità di disoccupazione e l'assegno di invalidità.

     

    Il risultato è che ben 4,1 milioni di italiani hanno avuto accesso a questo contributo. Per le indennità di marzo e aprile non è stato previsto alcun limite di reddito o fatturato per le partite Iva e i lavoratori autonomi iscritti all'Inps, mentre da maggio in coincidenza con l'aumento dell'importo erogato occorreva dimostrare di aver subito un calo del 33% del reddito nel secondo bimestre rispetto al 2019.

     

    post sul gruppo facebook partite iva incazzate 1 post sul gruppo facebook partite iva incazzate 1

    Diverso il discorso invece per gli iscritti alle casse private, come ad esempio i giornalisti, che per ricevere il bonus di marzo e aprile si dovevano trovare in determinate condizioni: o avere un reddito 2018 più basso di 35.000 euro, oppure aver subito la cessazione o la sospensione della propria attività, o la riduzione del 33% del fatturato nel primo trimestre 2020 in caso di reddito superiore a 50.000 euro.

     

    Le indennità dei sindaci

    Detto, questo se si guarda ai 2mila politici, sindaci, assessori e governatori di Regione, che in base ad un meccanismo tanto light hanno a loro volta ricevuto il bonus, si scopre una situazione alquanto variegata. Si parte infatti dai 1.659 euro lordi al mese (1.200-1.300 netti, ovvero il doppio del bonus Inps), assegnati come indennità ai sindaci dei piccoli comuni sino a 3mila abitanti, importo - che tra l'altro è appena stato ritoccato perché prima valeva 1.291 euro per gli enti sino a 1000 abitanti e 1.466 da mille a 3mila -, e si sale.

     

    Dai 2.169 euro (tra 3 e 10 mila abitanti) ai 3.098 dello scaglione successivo che arriva a 30 mila abitanti, quindi 3.460 tra 30 e 50 mila, 4.131 tra 50 e 100 mila abitanti, 5.009 da 100 a 250 mila, 5.784 tra 250 e 500 mila residenti, ad un massimo di 7.798 euro lordi al mese che spettano a chi guida città con più di mezzo milione di abitanti. Agli assessori va invece una indennità pari a circa la metà di quella del primo cittadino.

     

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    Tra questi possibili «furbetti del bonus» il compenso più alto è però quello dei governatori di regione che tra indennità di carica, indennità di finzione e rimborso delle spese sostenute nell'esercizio della funzione possono arrivare (e in tanti ci arrivano) ad un massimo di 13.800 euro lordi al mese. Ovvero 23 volte il bonus Inps prima versione.

     

    3 - WEB IN RIVOLTA AL GRIDO «FUORI I NOMI» «HANNO TRUFFATO LO STATO, VADANO VIA»

    Da “il Giornale”

     

    Su Twitter scatta la rivolta al grido di «Fuori i nomi». L'intento è infatti quello di far uscire allo scoperto, attraverso una grande protesta online, i parlamentari rei di un gesto giudicato «gravissimo», «vergognoso», «avido», e per il quale si chiedono a gran voce le «dimissioni immediate».

     

    PARTITE IVA PARTITE IVA

    «Deve essere un coro unanime. Non è una questione politica. Parliamo di morale. Quindi subito #FuoriINomi!!!», scrivono nei tweet raccolti sotto lo stesso hashtag. «Non pensate neanche lontanamente che ci stancheremo di chiederlo.

     

    Continueremo a chiedere i nomi fino a quando non li sapremo. E subito dopo - aggiungono - PRETENDIAMO le DIMISSIONI immediate». E ancora: «#FuoriINomi dei miei 5 dipendenti, lautamente retribuiti, che hanno truffato lo stato! Mi è dovuto!», scrivono, sottolineando come «le parole sono importanti. Non sono furbetti, ma disonesti e truffatori. Loro come tutti quelli che hanno chiesto il bonus pur non avendone bisogno».

     

     

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