Francesco Spini per “la Stampa”
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«Non ci faremo intimidire da Vivendi, siamo pronti a lavorare al nostro progetto europeo anche senza di loro». Dentro Mediaset, come si capisce dal tono di alcuni ragionamenti tra l'ad Pier Silvio Berlusconi e i suoi collaboratori, stanno perdendo la pazienza. Già da settembre, ben prima che il controverso emendamento «anti-Vivendi» entrasse in scena, Berlusconi jr e Arnaud de Puyfontaine, ad del gruppo che fa capo a Vincent Bolloré, hanno ripreso a parlarsi. Ma come in un infinito gioco dell'oca si torna sempre alla casella del via.
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Vivendi vuole un accordo perché Mediaset seppellisca le cause da 3 miliardi, ma quando si parla di contropartita tutto s' inceppa. La sensazione che avanza, all'ombra della torre illuminata di blu che sovrasta gli studi di Cologno Monzese, è quella di aver buttato via tre mesi. Le valutazioni di Pier Silvio Berlusconi e dei suoi collaboratori sono eloquenti: «Ci risiamo. In un primo tempo Vivendi e de Puyfontaine si sono dichiarati totalmente favorevoli al progetto industriale di Mfe», la holding con cui il Biscione voleva creare un polo europeo delle tv in chiaro.
MACRON BOLLORE'
«Ma alla prova dei fatti - prosegue il ragionamento al vertice del Biscione - hanno respinto non una, ma tre nostre diverse proposte di sviluppo. E negli ultimi colloqui è emersa la loro vera volontà: o ritiriamo tutte le cause in atto, le cui sentenze evidentemente temono, o ostacoleranno ogni nostra iniziativa di sviluppo, continuando a danneggiare la società e tutti gli azionisti».
BOLLORE CANAL
Una strategia che in Mediaset non appaiono intenzionati ad assecondare: «Noi non ci facciamo intimidire e respingiamo questa posizione. Continueremo a lavorare al progetto paneuropeo anche senza di loro. E siamo pronti a lanciare nuove iniziative internazionali nell'interesse di tutti i soci».
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Da quando la Corte di Giustizia Ue ha nei fatti rimesso in pista Vivendi come socio pesante di Mediaset (con la possibilità di liberare il 19,9% parcheggiato in una fiduciaria, Simon, e tornare al 29,9%) i tentativi di intesa sono caduti nel vuoto. Mediaset, ad esempio, nei primi colloqui aveva proposto ai francesi di trasformare i risarcimenti in investimenti, rimettendo in pista - allargandolo oltre a Italia, Spagna e Germania - il progetto Mfe. Ma Vivendi avrebbe risposto dicendo che no, la tv in chiaro non è nelle corde della loro strategia.
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Il Biscione, allora, sarebbe stata disposto a rifarsela da solo, questa nuova Mfe, ma con la garanzia di non avere più ostacoli. Come? Segregando il 19,9% della quota di Vivendi oggi in Simon Fiduciaria in un blind trust, senza diritti di voto. Niente da fare, la risposta.
Da Cologno hanno rilanciato proponendo di creare una joint venture, una società a controllo congiunto che acquistasse le azioni di Simon stabilendo nei patti che tali titoli non avrebbero votato in assemblea: altro no da Vivendi.
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Da Parigi hanno prospettato dell'altro: chiudere ogni contenzioso a fronte di un accordo per cui, attraverso Canal+, Vivendi avrebbe acquistato diritti per prodotti tv per 30 milioni spalmati in tre anni. 30 milioni contro pretese risarcitorie da 3 miliardi: niente da fare.
L'ultima pista è di inizio novembre. Mediaset avrebbe chiesto a Vivendi di sostenere il coinvolgimento del Biscione nella società di rete unica cui sta lavorando Tim, dove Vivendi è primo socio col 23,9%. Ma da Parigi, a quanto pare, ancor prima che l'emendamento rendesse ardua la cosa, avrebbero risposto di non avere intenzione di coinvolgere Mediaset nella loro strategia in Tim. Il braccio di ferro continua.