Estratto dell'articolo di Giuliano Guzzo per “La Verità”
daniel eastwood
Da uomo a donna per «diventare», infine, bambina. È l’incredibile percorso, per così dire, di un detenuto transgender di cui le cronache inglesi si stanno occupando in questi giorni e che farebbe già notizia di suo, se non vi fosse pure un altro aspetto a rendere assai singolare la sua già bizzarra storia: parliamo di un killer. Proprio così: Sophie Eastwood - che ora ha 36 anni e sta scontando la detenzione in Scozia, nella prigione di Polmont a Brightons - è stato condannato per omicidio.
sophie eastwood
Condannato al maschile, sì, perché all’epoca dei fatti era ancora conosciuto come un detenuto di nome Daniel: quando, cioè, usando i lacci delle proprie scarpe, strangolò con «forza notevole e prolungata» l’allora compagno di cella, un giovane di 22 anni di nome Paul Algie come lui rinchiuso nell’Hm prison Dumfries. […]
il detenuto «divenuto» nel frattempo donna - dal 2018 è infatti in una unità per sole donne - ha fatto sapere di considerare «razzista e transfobico» il trattamento riservatole e, più recentemente, ha reso nota la sua nuova identità: quella di una bambina. Una bebè. Tanto che ha chiesto di poter usare i pannolini e di consumare delle pappe come pasti. Ha perfino preteso che le guardie le tengano sempre la mano, quando viene scortata all’esterno e riportata nella sua cella. Il fatto sconvolgente è che queste sue richieste, già avanzate mesi or sono, pare siano esaudite.
adulto che si sente bambino
I capi della prigione starebbero prendendo sul serio le richieste di Eastwood al punto da averle perfino dato un manichino da bambino in cella. «Sembra ridicolo, anzi è ridicolo», ha scritto Paul Bracchi sul Daily Mail, «ma i protocolli di identità di genere e di riassegnazione di genere vigenti nelle carceri scozzesi, sviluppati con la Scottish trans alliance e il gruppo di pressione Stonewall, offrono ampi privilegi ai detenuti transgender». Questo non significa, naturalmente, che la «bambina detenuta» sia vista di buon occhio da tutti. […]
Sophie Eastwood costituisce un caso limite, ma utile per capire a quali derive possa condurre un sistema carcerario succube alla logica delle rivendicazioni Lgbt.
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