Giuseppe Legato per www.lastampa.it
chiara appendino
L’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, è stata assolta dalla corte d’Appello di Torino nell’ambito del cosiddetto processo Ream. L’ex prima cittadina era imputata insieme con il suo ex capo di gabinetto, Paolo Giordana, e l’ex assessore, Sergio Rolando, per aver inserito in modo scorretto a bilancio un debito di cinque milioni di euro. Tutti gli imputati sono stati assolti. Alla lettura della sentenza la ex prima cittadina ha pianto in aula per qualche secondo.
APPENDINO PAOLO GIORDANA
Appendino si era difesa in aula nelle scorse udienze: «Nessuno mi disse che nel 2016 con quella manovra si potesse configurare un falso. Nessuno mi fece presente che stavo commettendo una cosa del genere». Ancora: «Non ho mai costretto i revisori a modificare alcunché, men che mai il parere sul debito Ream». Infine, coi tecnici contabili ci sarebbe stato “un problema di comunicazione, ma la colpa oltre che mia è stata anche loro». .
Sergio Rolando
Per l’accusa sarebbe stata invece, quella di Appendino, una condotta “opaca”. Nel dettaglio: «Da parte degli indagati nel 2016 non c’è stata buona fede anzi piena consapevolezza da parte degli indagati nel commettere il falso e nel 2017 - con il posticipo del debito al 2018 - emergerebbe una condotta opaca». E ancora: «Nei confronti dei revisori c’è stato un atteggiamento ingannatorio. Nessun fraintendimento. Gli imputati hanno giocato coi revisori come il gatto con il topo. Erano angosciati per i conti e hanno agito come un capitano che tiene a galla l’imbarcazione violando il codice della navigazione. Sarà anche un gesto nobile ma che non elimina il reato di falso».
CHIARA APPENDINO
Secondo i legali di Appendino (Luigi Giuliano e Luigi Chiappero) si trattò senza alcun dubbio di «un errore tecnico in una vicenda complicatissima dal punto di vista contabile» e di scelte sbagliate partorite dalla giunta precedente che aveva pianificato la riqualificazione dell’ex area Westinghouse.
Cosa accadde all’epoca? Ream, società immobiliare della fondazione Crt, aveva opzionato l'acquisto di quell’area versando una caparra pari a circa 5 milioni alla giunta Fassino. Successivamente rinunciò all’investimento e dunque avrebbe dovuto rientrare del debito nel 2017. Ma Appendino e la sua giunta presero tempo. Per i pm quel debito non fu iscritto correttamente, ma posticipato al 2018.
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