Estratto dell'articolo di Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”
chiara mastroianni
[…] Chiara Mastroianni […] madrina del Festival di Cannes è una donna elegante, gentile, riservata, che calibra le parole con una affabilità castigata e un alone malinconico, come se avesse paura dei suoi sorrisi.
Compirà 51 anni il 28 maggio, due giorni dopo l’apertura di una kermesse che per più di dieci giorni è sospesa in una bolla lontana dal mondo, la più monumentale, blindata, pomposa, paparazzata, faticosa: anche camminare è un’impresa. L’Italia si presenterà armata fino ai denti, in gara con tre film di habitué , Marco Bellocchio, Nanni Moretti, Alice Rohrwacher. […]
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Come si sta preparando?
«Ho una paura immensa del palcoscenico ma sono molto felice, la vedo come un’opportunità assoluta per seguire la più bella selezione di cinema del mondo. Lo faccio con sincerità perché il mio desiderio di diventare attrice è nato dal mio amore per i film, dal mio piacere di spettatrice.
L’apertura e la chiusura sono due momenti molto diversi, l’attesa del risultato crea tensione. Dunque, a ridosso dei verdetti eviterò grandi discorsi. C’è un aspetto formale nel mio ruolo, vorrei un tono caldo e naturale. Il festival è una promessa di sensazioni vertiginose, dà la possibilità dell’inatteso».
La prima volta a Cannes?
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«Nel 1993, per il mio esordio, La mia stagione preferita di André Techine. Avevo 21 anni. Sono rimasta molto colpita, ma oggi l’agitazione e la meraviglia sono le stesse. […] Avevo fatto parte della giuria, ero giovane, il presidente della giuria era Martin Scorsese».
E non deve essere stato facile con un presidente così.
«Mi inquietava parlare davanti al resto della giuria e soprattutto davanti a lui. Che però mi invitava a dire la mia e a partecipare ai dibattiti malgrado la mia piccola esperienza. In giuria si scopre una faccia del festival che non si può immaginare se non la si vive, in quelle riunioni non ci sono lustrini e decori.
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Ricordo anche il 1996 sul tappeto rosso con mio padre per Tre vite e una sola morte di Raoul Ruiz, era speciale essere con lui a Cannes. E lo ricordo quando arrivò all’ultimo minuto per ritirare il premio per Oci Ciornie di Michalkov, per il quale fu anche candidato all’Oscar».
Sua madre?
«Passa per essere una donna fredda mentre è l’esatto contrario. Credo che i suoi ruoli abbiano influito sulla sua immagine, ed è stata catalogata. Lei è molto divertente, se c’è un ruolo che le somiglia è Nelly in Il mio uomo è un selvaggio, il film con Yves Montand, più che in Bella di giorno.
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È percepita come un’attrice distante, sarà perché è bionda, o per i personaggi che ha interpretato. Ma sono cliché. La bellezza a volte crea una barriera. La prima volta che ho lavorato con lei fu per A noi due. Avevo sette anni».
Suo padre?
«Aveva una doppia anima, era allegro e al tempo stesso malinconico. Era umile, alla mano, mai egocentrico, cosa rara oggi. Al contrario di quanto accade per mia madre, la gente pensa d’averlo conosciuto anche se non l’ha mai incontrato. È una percezione vera. Se c’è una cosa che accomunava i miei genitori? Il pudore, anche se questa cosa arrivava in modo diverso, mia madre è più riservata».
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