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    CHISSÀ SE, ORA CHE SI AVVICINA LA SENTENZA DI APPELLO PER IL DISASTRO DEL VIADOTTO ACQUALONGA, IN CUI MORIRONO 40 PERSONE E PER IL QUALE E’ IMPUTATO ANCHE L’EX AD DI AUTOSTRADE GIOVANNI CASTELLUCCI (ASSOLTO IN PRIMO GRADO), SARANNO UTILIZZATE LE DICHIARAZIONI DI GIANNI MION - L’UOMO DEI BENETTON, IN VESTE DI TESTIMONE, IL 13 LUGLIO 2021 DAVANTI AL PM MASSIMO TERRILE SU QUELLA STRAGE LANCIÒ PESANTISSIME ACCUSE. IL MAGISTRATO GLI CHIESE CONTO DI UNA FRASE ASCOLTATA IN UN'INTERCETTAZIONE E RIFERITA PROPRIO AL DISASTRO DI ACQUALONGA: “HANNO FATTO I FURBI PER FAR ASSOLVERE CASTELLUCCI”


     
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    giovanni castellucci di autostrade giovanni castellucci di autostrade

    Giacomo Amadori per “la Verità”

     

    Le dichiarazioni del settantanovenne Gianni Mion, per 30 anni alla guida della holding della famiglia Benetton (tanto da essere ribattezzato dalla Procura di Genova «l'inventore del loro impero»), chiamano in causa il vecchio vertice di Autostrade per l'Italia non solo per il crollo del ponte Morandi, ma anche per un'altra drammatica vicenda.

     

    GIANNI MION 1 GIANNI MION 1

    A febbraio è attesa la sentenza di appello per il disastro del viadotto Acqualonga sulla Napoli-Canosa vicino ad Avellino, dove, il 28 luglio 2013, un pullman con 48 pellegrini a bordo precipitò nel vuoto, a causa di un guasto meccanico, dopo aver sfondato le barriere di protezione che, si scoprì poi, non erano a norma.

     

    La perizia commissionata dal giudice denunciò un «difetto di risposta strutturale della barriera New Jersey» e, a proposito dello stato di manutenzione, «un quadro impietoso». Per la morte di 40 innocenti sono state processate in primo grado 15 persone, accusate, a vario titolo, anche di omicidio colposo plurimo e disastro colposo.

     

    INCIDENTE VIADOTTO ACQUALONGA AVELLINO INCIDENTE VIADOTTO ACQUALONGA AVELLINO

    Tra gli imputati anche l'ex ad di Autostrade per l'Italia Giovanni Castellucci, oggi alla sbarra anche per il crollo del Morandi. Il giudice monocratico Luigi Buono lo assolse, scatenando la protesta dei parenti. Vennero, invece, condannati per le barriere fuorilegge sei dipendenti di Aspi. Il più alto in grado, l'allora numero tre dell'azienda Paolo Berti, ha preso 5 anni e 6 mesi di reclusione poiché nel 2013 era direttore del tronco sotto inchiesta.

    A Napoli è in corso il processo d'appello e Castellucci è ancora imputato.

     

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    I pm hanno evidenziato che nel 2008 l'ex ad, quando la Direzione servizi tecnici propose la sostituzione delle barriere di «seconda generazione», come quelle dell'Acqualonga, fece mettere a verbale la frase che «attualmente non esiste obbligo di sostituzione di tali barriere». Per l'accusa si tratterebbe di «una chiara ed inequivoca scelta operativa con una contestuale assunzione di responsabilità».

     

    Castellucci a giugno ha ribadito la sua estraneità alle accuse e ha spiegato che i fondi stanziati per la riqualificazione delle barriere avrebbero potuto essere utilizzati anche per sostituire quelle del viadotto Acqualonga e che i tecnici avevano piena libertà decisionale.

     

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    La Procura generale potrebbe chiedere di utilizzare anche le conversazioni captate dalla Guardia di finanza di Genova in un'inchiesta collegata al crollo del Morandi dopo la sentenza di primo grado di Avellino.

     

    Ma sembra che nel procedimento non entreranno, invece, le dichiarazioni di Mion. «Non è mai stato sentito a Napoli e non ho notizia del suo verbale» ci conferma l'avvocato di Castellucci, Alfonso Furgiuele. Il motivo è per noi un mistero. Anche perché come ammette il legale, «Castellucci è il principale imputato» e «questo è diventato un processo alla gestione di Autostrade di cui lui è stato amministratore delegato per 19 anni».

     

    carlo bertazzo carlo bertazzo

    Mion, in veste di testimone, il 13 luglio 2021 davanti al pm Massimo Terrile su quella strage lanciò pesantissime accuse. L'invito a rendere sommarie informazioni fu deciso a fine indagine e di quelle dichiarazioni non c'è traccia su Internet, né sui giornali o nelle agenzie. Ne diede conto a dicembre del 2021 solo Il Fatto quotidiano, ma l'articolo passò totalmente inosservato. Per questo vale la pena di riprenderlo in vista della sentenza di appello del processo di Napoli.

     

    Il 13 luglio Terrile chiede conto a Mion di una frase ascoltata in un'intercettazione e riferita proprio al disastro di Acqualonga: «Hanno fatto i furbi per far assolvere Castellucci». L'ex ad della holding Edizione spiega che aveva «letto che Castellucci, in quel processo, era stato assolto, sostanzialmente, perché ritenuto non coinvolto direttamente nelle scelte relative alle barriere di sicurezza per la sua posizione apicale di amministratore delegato» e che «evidentemente questo era stato detto dai testimoni in quel processo».

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    Ma secondo il manager quella ricostruzione, accolta dal tribunale di Avellino, non è convincente: «In questa telefonata, io manifesto la mia convinzione che "avessero fatto i furbi", in quanto la mia diretta e personale conoscenza della personalità e del modo di lavorare di Castellucci era in radicale e totale contrasto con la conclusione che era stata posta a fondamento della sua assoluzione».

    GIANNI MION GIANNI MION

     

    Infatti per Mion l'ex ad di Aspi «era uno che si occupava di tutto, dai problemi più grandi a quelli di minimo dettaglio, che lavorava incessantemente sulle tematiche più diverse, che voleva essere sempre informato su tutto e prendere sempre su di sé qualsiasi decisione. Era un accentratore forsennato anche se indubbiamente molto capace». Il manager non parla di Castellucci in questi termini soltanto davanti al pm.

     

    Per esempio, in una telefonata con Carlo Bertazzo, ex ad di Atlantia, afferma: «I ministri precedenti non è che abbiano brillato [] nelle verifiche e nei controlli hanno dato a questo ragazzo un senso d'impunità totale [] questo faceva il bello e il cattivo tempo eh... e questo è evidente». Dove il «ragazzo» è proprio Castellucci. Un clima che aveva portato Mion a sostenere che quello di Aspi fosse diventato «un ambiente degradato al 100%...ma proprio una vergogna colossale...pure i Rolex [] una roba proprio... un cesso pazzesco».

     

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    Dopo l'assoluzione di Castellucci del gennaio 2019, uno dei dirigenti condannati, Berti, perse le staffe mentre era sotto intercettazione. Michele Donferri Mitelli, altro super manager di Aspi imputato a Genova, gli telefona e lo invita ad andare a trovare Castellucci: «Ha chiesto una mediazione con te ti vuole rasserenare e vuole dire che ti aiuterà per tutta la vita».

     

    michele donferri mitelli michele donferri mitelli

    Berti, che soprannomina Castellucci «bestia», spiega al telefono che «quel problema lì», quello delle barriere, «c'era dal 2006» e, con la moglie, si rammarica per l'assoluzione del «Capo»: «Le memorie difensive... diciamo abbiamo dovuto difendere la linea [] e siam rimasti in mezzo noi capito?».

     

    Donferri prova a placare il collega, facendogli capire che se anche avesse coinvolto l'ad, la sua posizione non sarebbe migliorata: «Non pensare che, se coinvolgevi pure lui, a te non te li davano...». Gli fa capire che grazie all'assoluzione Castellucci potrà rimanere in sella altri tre anni e garantire a Berti la «business continuity». Il dirigente condannato non sembra convinto e in un'altra conversazione esplode: «Guarda e uno che meritava una botta di matto, ma una botta di matto dove io mi alzavo la mattina andavo ad Avellino e dicevo la verità cosi l'ammazzavo, credimi era l'unica soddisfazione che avevo...». E all'obiezione di Donferri («Ma non ti cambiava niente Paolo...»), replica: «Lo so, non mi cambiava niente, pero vaffanculo...».

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    Il collega gli consiglia di «stringere un accordo col capo» e soggiunge: «T'ha pagato».

    In effetti i giudici del Riesame di Genova annotano che «il reddito da lavoro dipendente dichiarato da Berti ha subito un netto incremento nel 2017, quasi triplicando, e Castellucci, alla vigilia della lettura della sentenza, aveva tutelato Berti trasferendolo da Aspi alla società Aeroporti di Roma [] a inizio 2019».

     

    Alla fine Berti arriva a guadagnare 700.000 euro l'anno, mentre Castellucci, ricordano le toghe, a partire dal 2010, intasca 2 milioni tra Atlantia e Aspi, senza considerare gli incentivi triennali. Poi 83 morti e due processi hanno fatto perdere il posto di lavoro a entrambi.

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    Per i giudici da «tali elementi si ricava chiaramente che Berti e Castellucci, coimputati con altri, erano stati difesi nel processo di Avellino, nel quale Aspi era responsabile civile, seguendo una linea difensiva evidentemente comune, che mirava a non far emergere che i vertici di Aspi fossero informati circa le concrete e singole vicende di cattiva manutenzione di ciascun tronco, difendendo in tal modo anche la società e le sue casse.

     

    E chiaro che dalle intercettazioni riportate Castellucci si e avvantaggiato di tale linea difensiva, che del tutto verosimilmente ha contribuito a determinarne l'assoluzione in primo grado». Ma queste intercettazioni verranno utilizzate nel processo di appello di Napoli? «Sono arrivate e sono state depositate nel fascicolo, ma non se ne è mai parlato in aula. Comunque» conclude l'avvocato Furgiuele, «essendo state disposte in diverso procedimento, potrebbero essere ritenute inutilizzabili». Nonostante il peso che quelle conversazioni e quel verbale meriterebbero di avere nella drammatica storia del viadotto Acqualonga.

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