Marco Bonarrigo e Daniele Sparisci per corriere.it
iannone
Una ciocca di capelli contro un mazzetto di fotografie scaricate da Instagram. Andrea Iannone, positivo a un controllo antidoping lo scorso novembre, si è giocato il futuro sportivo esibendo a sua discolpa sofisticate analisi del capello mentre l’accusa ha mostrato ai giudici i suoi «selfie» in palestra e gli scatti da modello di intimo per dimostrare come qualcosa nel fisico del pilota abruzzese negli ultimi mesi sia cambiato.
Riunita martedì per quattro ore a Mies, in Svizzera, alla presenza del pilota dell’Aprilia e del suo avvocato Antonio De Rensis, la commissione disciplinare della Federazione motociclistica internazionale si è presa cinque giorni per leggere la perizia difensiva e commentarla e ne concederà altri cinque allo staff dell’abruzzese per le controdeduzioni. La sentenza dovrebbe arrivare attorno al 15 febbraio.
In aula non ci si è annoiati. Alberto Salomone, che difende Iannone sul piano tecnico, ha presentato una perizia longitudinale sui capelli dell’atleta, eseguita nel laboratorio torinese «Alessandro Bertinaria» di cui il chimico è consulente.
andrea iannone
Utilizzata in ambito legale, la determinazione delle sostanze di abuso nella matrice pilifera (che di solito cerca anfetamine, oppiacei e cocaina) permette anche di rilevare l’assunzione di alcuni steroidi: ogni centimetro di capello consente di risalire a un mese specifico antecedente al prelievo e la perizia presentata in aula coprirebbe il periodo da settembre del 2019 a gennaio 2020. Il test — riconosciuto a livello scientifico — non ha valore legale in ambito antidoping ma potrebbe servire efficacemente alla difesa per tracciare il profilo «etico» di un atleta che non consuma regolarmente steroidi.
iannone de lellis doping club
L’accusa ha invece giocato le sua carta (oltre che sulla positività a uno steroide anabolizzante) scegliendo tra le immagini postate da Iannone che mostrano una cura quasi ossessiva per il corpo. L’atleta avrebbe assunto la sostanza per fini estetici, non per migliorare la prestazioni in moto. Facile intuire lo scopo: collegare la cura per il fisico al consumo del drostanolone, la sostanza trovata nelle urine dell’atleta e diffusa nelle palestre frequentate dai body builder.
L’obiettivo della difesa pare quello di schivare l’imputazione di doping doloso (che comporterebbe quattro anni di squalifica) puntando sulla non intenzionalità che permette di ridurre la sanzione a due anni. La presenza del drostanolone viene attribuita alla contaminazione della carne durante il soggiorno di Andrea in Asia anche se l’assenza totale di precedenti nei controlli veterinari ne rende difficile la sostenibilità.
Aspettando la sentenza, la licenza del numero 29 resta sospesa: salterà i test della MotoGp a Sepang (da venerdì a domenica), l’Aprilia lo sostituirà con il collaudatore Bradley Smith.
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