Riceviamo e pubblichiamo:
fulco ruffo di calabria foto di bacco
La satira è il sale della letteratura, alta o bassa che sia, e non sarò mai dalla parte di chi pretende censure o abiure.
Tuttavia la imminente uscita nelle sale dell’ultimo film di Antonio Albanese che vuole indicare, parlando della Calabria, al ludibrio e allo sfottò le scelte politiche del sovranismo, passando per un uso distorto e 'ridicolo' del mio cognome, il protagonista si appella Cetto Buffo di Calabria, merita un commento, fermo e pacato, ma senza giri di parole.
La famiglia Ruffo è sicuramente una delle più antiche dinastie europee e del Mezzogiorno d'Italia, partendo da possedimenti e titoli della terra di Calabria. Fu Federico II a insignirci del predicato “di Calabria” nel cognome, molto più prestigioso che averlo nel titolo.
In qualsiasi modo la si voglia pensare, il ruolo di esponenti della mia famiglia è risultato preminente se non decisivo, in alcune epoche e momenti storicamente rilevanti.
Associare per assonanza il nome della mia famiglia a un personaggio di fantasia immerso nel mondo del malaffare e della illegalità è inaccettabile. Tra l'altro è anche poco fantasioso. Il Copyright “Buffo” da me accolto anni fa con grande divertimento appartiene al geniale sito che, qui, oggi mi ospita.
ANTONIO ALBANESE IN CETTO C E
Dunque dal punto di vista personale non ritengo di aggiungere altro.
In termini più generali sento di potere esprimere un mio convincimento profondo.
Il merito di qualsiasi opera letteraria o cinematografica sulle tragiche e, a tratti disperate, condizioni della economia e della società calabrese è indiscusso, ma agli uomini e alle donne che amano tale terra non può bastare e essi difficilmente possono rimanere spettatori.
Se nel film si vuole separare fisicamente la Calabria dall'Italia io sono d'accordo: separare dalla nazione la ‘Ndrangheta, l'illegalità, lo sfruttamento del paesaggio, la distruzione di ricchezza, SÍ!
Sono questi i mali che bisogno allontanare, dalla Calabria come dall'Italia. Dare futuro al Paese e alla Calabria puntando sulle tradizioni come sulle innovazioni, sullo spirito imprenditoriale e la capacità di lavoro, sul turismo e la logistica, il patrimonio artistico e le bellezze del paesaggio, contrastando il dissesto idrogeologico e rivalutando l'agroalimentare che non sia solo la sagra della ‘nduja.
ANTONIO ALBANESE IN CETTO C E
Oggi i limiti territoriali e i confini regionali sono ampiamente senza senso in termini economici per l'avvento delle reti e delle connessioni, ma esiste comunque una radice, un luogo, un territorio che va valorizzato. La Calabria ha delle carte da giocare.
Esiste un patrimonio naturalistico intatto che farebbe la fortuna di qualsiasi comunità industriosa e proba; esiste uno dei maggiori porti del mediterraneo, in grado di accogliere per primo le merci della Cina via Suez; un centro universitario di eccellenza che attira oggi come mai giovani e intelligenze sul fronte dell'innovazione e della ricerca. E poi i tanti borghi, le foreste, l'industria della pesca e della conservazione, un turismo che deve superare la ricerca della misera seconda casa e puntare ai grandi flussi mondiali. Affondare il coltello contro la malagestione pubblica, i rapporti familistici e di raccomandazione, l'impero della criminalità.
cetto laqualunque antonio albanese
La rinascita economica della Calabria passa attraverso tutto questo e non dal dileggio di una casata illustre con lo snobismo di chi per far ridere a sinistra deve inventarsi una destra buffa che non c’è!
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