Tommaso Pelizzari per il Corriere della Sera
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È diffusa convinzione che, quando sente la parola «cultura», ogni calciatore metta piede a un pallone e prenda di mira chi l' ha pronunciata.
Se la dottoressa Pippa Grange abbia corso questo rischio non si sa. Ma si sa che di certo non lo pensa, anzi. Per lei, il nesso tra cultura e prestazione è ormai fondamentale, nello sport: «C' è un' attenzione sempre maggiore sull' ambiente nel quale gli atleti vivono e sui sistemi nei quali operano, determinandone i comportamenti». Grange, che ha studiato Psicologia dello sport, ha lavorato per 20 anni nello sport australiano e adesso fa parte dello staff del c.t. inglese Gareth Southgate. «Come tutti noi - ha scritto in un suo libro dedicato alla leadership nello sport - anche gli atleti vogliono qualcosa in cui credere, una visione su cui investire e un' organizzazione della quale siano fieri di far parte».
La dottoressa ha iniziato a lavorare con la Nazionale da gennaio. Non parla coi giocatori, ma con Southgate e il suo staff per indurre i giocatori a essere più aperti, a condividere le loro vicende personali, a confrontarsi in piccoli gruppi: insomma (come ha scritto il Daily Telegraph) ad abbattere le loro individuali inibizioni.
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Se però i risultati si vedono (e non solo nella qualificazione ai quarti vincendo per la prima volta ai rigori dopo 28 anni) è perché Grange ha trovato in Southgate più che un interlocutore un collaboratore entusiasta. E qui è il caso di far notare le date. Southgate diventa c.t. a novembre. Pippa Grange arriva a gennaio, quando in Premier il City di Guardiola sta dominando con un calcio praticamente perfetto nel suo mix di spettacolarità ed efficacia. Un calcio a cui Southgate si è ispirato, fatto di possesso, passaggi e costruzione da dietro: tutte caratteristiche mai associate prima alla Nazionale inglese.
nazionale inglese unicorni gonfiabili
In aprile, un articolo sull' Independent di Jack Pitt-Brooke spiega che l' impatto di Guardiola sul calcio inglese è epocale perché un approccio intellettuale si sta rivelando vincente nel Paese del pragmatismo per eccellenza. A patto che la cultura non siano solo i libri che si sono letti, ma un modo di essere e di lavorare.
Quello per esempio che ha fatto dire a Southgate, dopo la storica vittoria ai rigori, che il suo staff negli ultimi mesi aveva svolto un grande lavoro, soprattutto sulla consapevolezza di imparare a governare in prima persona i processi che sembrano sfuggire al nostro controllo.
La dottoressa Pippa non tira i rigori e nemmeno parla con chi li calcia. Però forse l' equivalente di un assist glielo si può attribuire.
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2. KANE E SOUTHGATE, IL SEGNO DEL DESTINO
Giulia Zonca per la Stampa
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Ognuno ha la sua estate da favola e non è per forza quella in cui si vince il Mondiale: l' Italia ha avuto le notti magiche del 1990, la Germania la «sommermaerchen» del 2006. Quando un mese del miglior calcio si porta dietro un incontrollabile senso di beatitudine e tutto sembra possibile. L' Inghilterra oggi sta così.
Paradossale che la sua estasi coincida con una trasferta in Russia durante un boicottaggio diplomatico. Solo in maggio il governo invitava i tifosi a non partire e certi giocatori raccontavano che forse era meglio lasciare a casa le famiglie. Tensioni, sospetti e relazioni ufficiali interrotte.
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In realtà nulla sarebbe cambiato tranne il fatto che c' è un quarto di finale in vista e le emozioni sono troppe per rispettare gli schieramenti.
Lo choc del '96 La squadra non si è mai fatta carico dell' intrigo internazionale, ma i giocatori sanno bene quanto è facile sovrapporre le paure ai risultati. La disfatta agli Europei è concisa con il voto pro Brexit, si rischiava un' altra contaminazione. Non è successo soprattutto perché in panchina c' è un ct capitato lì per caso. Gareth Southgate, l' uomo scelto come rimpiazzo e votato al cambiamento. Il 26 giugno 1996 ha depresso il Paese con un rigore sbagliato e il 3 luglio 2018 ha liberato una nazione dalla vergogna: «Quell' errore non mi è mai uscito dalla testa. Dopo il successo contro la Colombia arrivato all' ultimo tiro del dischetto ho capito che il destino ci dà sempre la possibilità di scrivere la nostra storia».
Scusate l' epica, ma ci sta. Nel 1996 gli Europei si giocavano in Inghilterra, la gente cantava «Football coming home» ed è lo stesso coretto che ripetono adesso e che non si era sentito più. Il calcio non poteva essere più lontano da casa dopo tante eliminazioni penose, ci torna proprio in Russia, nello stato definito «da evitare».
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Gli organizzatori ieri hanno stuzzicato il premier Theresa May con un invito fresco fresco, «è la benvenuta in qualsiasi momento» e anche se la signora non ha intenzione di cedere, deve comunque valutare come comportarsi in caso di finale. Non accompagnare l' Inghilterra sarebbe una mossa a rischio.
La sfida con la Svezia C' è tempo, siamo ai quarti contro la Svezia, ora i tifosi iniziano ad arrivare, a mescolarsi ai russi nelle strade della festa e anche questa estate da favola trova il suo nome «il circo» perché secondo Southgate «risveglia gli stessi sentimenti infantili».
Coinvolge e commuove.
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Se la vogliamo giocare così il prossimo turno è Pippi Calzelunghe contro Harry Potter, narrativa per gente giovane, icone conosciute da ragazzini e mai dimenticate perché scoperta dell' età in cui tutto può succedere. Anche la nazionale sta lì, ha archiviato l' epoca delle wags e in terra di vere spie ha smesso di rincorrere quelle immaginarie. Hanno annullato le paranoie, si sono rilassati, hanno consegnato a Kane la fascia di capitano, il controllo ed evitato le faide interne. Nella sequenza dei rigori contro la Colombia il primo errore è inglese. Poteva finire nel solito modo, invece nessuna traccia di panico.
Non è fortuna, è convinzione, quella che travolge e trasforma. Quella che contagia.
Fino a qui non si aspettavano nulla, ora che il calcio è tornato a casa nel posto più improbabile credono che sia un segno. Che sia il loro turno. Se per un giro in giostra in un circo liberatorio o per il secondo mondiale vinto non si sa.
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