Alessandro Barbera per la Stampa
macron merkel
«Lavoreremo per far avanzare e arricchire la proposta franco-tedesca. Ciò che conta oggi è aver rotto il tabù: l' Europa sta per introdurre la cosa più simile a strumenti di debito comuni».
Alla fine di una giornata di contatti con i colleghi europei il ministro degli Affari europei Enzo Amendola nega le difficoltà. Nega soprattutto che l' iniziativa di Merkel e Macron sia stata presa sopra la testa dell' Italia, e che quell' accordo si trasformerà in una soluzione al ribasso per Roma. Non è preoccupato da eventuali condizionalità necessarie ad attingere al cosiddetto «Recovery Fund». Ci tiene semmai a sottolineare da dove si era partiti: «Ad aprile l' unico compromesso possibile prevedeva 320 miliardi di euro complessivi, metà dei quali da concedere sotto forma di prestiti. La proposta di Francia e Germania parte da 500 miliardi a fondo perduto».
angela merkel emmanuel macron
Come accade sempre nelle curve importanti della storia continentale, le decisioni si prendono fra Parigi e Berlino. Con la solita astuzia Macron si è messo alla testa dei Paesi del Sud, e senza chiedere il permesso ai colleghi ha posto le basi del compromesso possibile. Roma e Madrid, suoi alleati naturali, hanno fatto di necessità virtù plaudendo all' accordo. Ma l' Italia sarà davvero in grado di ottenere di più?
Per capirlo occorre attendere il 27 maggio, la data entro la quale Ursula Von der Leyen dovrà presentare la proposta formale della Commissione. Il commissario italiano all' Economia Paolo Gentiloni promette un fondo da mille miliardi: metà a fondo perduto, metà sotto forma di prestiti. E però Gentiloni non dà peso alla resistenza del fronte frugale (copyright Amendola), ovvero di Olanda, Austria, Danimarca e Svezia, ora decisi a porre un freno all' asse Merkel-Macron.
angela merkel emmanuel macron
Lo ammette persino il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire: «Sarà un negoziato difficile». Palazzo Chigi ora si trova stretto fra le dichiarazioni del numero due della Commissione Valdis Dombrovskis - che ammette la richiesta di riforme - e Luigi Di Maio nella veste di ministro degli Esteri: «L' Italia si farà rispettare». Per l' ala euroscettica del governo è un assist inaspettato che riporta ai fantasmi del 2011 e alla lettera di Jean Claude Trichet e Mario Draghi all' allora governo Berlusconi.
«Nulla di tutto questo», abbozza Amendola. «Stiamo parlando di risorse a fondo perduto. E' ovvio che il loro utilizzo venga condizionato ad alcune spese piuttosto che ad altre».
La faccenda come sempre ha risvolti più politici che sostanziali. Giuseppe Conte si è fatto trovare impreparato, e ora deve farsi spazio nella solita photo opportunity fra Merkel e Macron. «Diciamoci la verità, anche questa volta ci siamo fatti marginalizzare», ammette una fonte del governo sotto stretto anonimato.
macron conte
Per recuperare terreno ieri Conte ha chiamato sia il presidente francese che il collega spagnolo Pedro Sanchez. La questione rilevante per l' Italia non è il quanto e il come, ma soprattutto il quando. I capi di Stato discuteranno la proposta Von der Leyen nel consiglio europeo di metà giugno, e nel frattempo vorranno dire la loro sia il Parlamento di Strasburgo che i ministri finanziari dell' Unione.
L' Italia sarà in grado di ottenere gli aiuti del Recovery Fund entro la fine di quest' anno o dovrà attendere il nuovo bilancio europeo nel 2021? Di qui all' autunno l' Italia ha bisogno di almeno 200 miliardi di euro, e non è detto arriveranno tutti dalle emissioni di titoli e dalla rete di sicurezza della Banca centrale europea.
giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles
Al momento - e sempre che la maggioranza non si spacchi per farne richiesta - l' unica certezza sono i 36 miliardi del fondo salva-Stati utili a finanziare il rafforzamento della sanità pubblica. Non ci sono ancora certezze né sul via alle risorse del «Sure» - il fondo per la lotta alla disoccupazione - né a quelle della Banca europea degli investimenti. La tenuta del governo Conte bis dipende in gran parte da questo.