Elvira Serra per il "Corriere della Sera"
E se le chiedo a bruciapelo il ricordo più bello?
giovanni veronesi
«Quando mia madre mi portava al mare, avevo 5-6 anni ed ero scalmanato. Lei mi salvava la vita tutte le mattine perché se non mi avesse stretto la mano così tanto da non farmi sgusciare via, io avrei attraversato sempre con il rosso viale Kennedy a Fiumetto per raggiungere al più presto il mio amico Gerardo, figlio del bagnino. Non mi rendevo conto del pericolo».
Questa risposta, in realtà, chiude un' intervista che si era aperta parlando di Gianni, il padre ingegnere, e della madre Luisa, che «era molto bella, a 18 anni vinse la fascia di Miss Bellaria, un produttore le propose di venire a Roma a fare dei provini e mio nonno la schiaffeggiò e la rimandò a Bologna su un camion dell' acqua minerale di un suo amico».
Per tutta la chiacchierata nella sua casa romana di Monteverde Vecchio, Giovanni Veronesi il regista, lo sceneggiatore, l' attore, il fratello di Sandro due volte Premio Strega, è soprattutto un figlio. Oggi come allora, quando il padre gli suggerì di incorniciare le prime centomila lire guadagnate sul set di Madonna che silenzio c' è stasera.
de niro verdone veronesi
Era il 1982. «"Guarda, i soldi guadagnati facendo una cosa che ti piace non andrebbero spesi perché sarebbe bello tenerseli, sono talmente rari", mi disse. "Spera nella tua vita di poterli guadagnare facendo una cosa che ti piace perché saresti veramente un privilegiato". Da quelle centomila lire incorniciate è partito tutto. Avevo bisogno della spinta di mio babbo, mia madre era già dalla mia parte».
Scrivere, dirigere. Cosa la emoziona di più?
«Quando arrivo la mattina sul set e devo inventarmi un mondo da inquadrare lasciando fuori il resto. Il mio è un mestiere fatto di emozioni: te le danno i costumi, la sceneggiatura, gli attori vestiti e truccati che diventano il tuo personaggio, l' azione. Se poi il film è d' epoca hai davvero la sensazione di vivere in una macchina del tempo. Penso di essere una delle persone più fortunate che conosco».
giovanni veronesi francesco nuti
A proposito di film in costume, come è riuscito a utilizzare La Cura di Franco Battiato in Tutti per 1 - 1 per tutti ?
«Non sono riuscito a parlare direttamente con lui. So però che gliel' hanno chiesto e ha dato l' assenso; la Universal, poi, si è messa a disposizione. Credo che sia stato anche quello un privilegio enorme, perché non l' aveva mai concessa a nessuno.
Evidentemente anche nell' ultima fase della sua malattia aveva degli sprazzi di lucida follia per cui questo accostamento di moschettieri e amore che sprigiona la sua canzone gli era piaciuto. Un po' come quando Celentano mi ha dato Prisencolinensinainciusol per i Moschettieri del Re ».
Quale successo ha il rammarico di non avere condiviso con i suoi genitori?
«Tutti. Sono uno di quelli che non ha elaborato il lutto. Dicono ci voglia un anno, e invece ne sono passati dodici e io niente. Ripenso a mio padre e a mia madre ogni giorno. Sento un vuoto profondo: sono stati talmente importanti che non è possibile sostituirli con nessun passaggio di tempo, nemmeno tra 100 anni riuscirei a vivere felicemente come ho vissuto fino a quando c' erano loro. In ogni film metto qualcosa che me li ricorda e fa sentire vicini».
Per esempio?
giovanni veronesi valeria solarino
«Genitori e figli l' ho dedicato a loro, con questa scena molto toccante che abbiamo davvero vissuto io e mio fratello Sandro quando abbiamo buttato in mare al tramonto le ceneri dei nostri genitori e i miei nipoti si sono tuffati in acqua ingenuamente, quasi a salutare i capi branco che se ne vanno. Allora io e Sandro li abbiamo seguiti in questo bagno liberatorio.
Nessuno di noi poi ha più toccato l' argomento: quella sera siamo andati a cena e abbiamo parlato d' altro. Lì ho capito cos' è il branco, in positivo e in negativo: quando muoiono i capi si è un po' sbandati e devi assumerne tu le veci anche se non sei pronto».
Non siamo mai pronti, forse.
«Eppure non ero particolarmente mammone. Li chiamavo ogni 3-4 giorni, talvolta non li vedevo per due mesi. Nel momento della malattia, però, io e Sandro siamo stati con loro fino alla fine: è una cosa che auguro a tutti di poter fare, è un passaggio di testimone che deve essere fatto dove sei cresciuto».
VALERIA SOLARINO, GIOVANNI VERONESI E PACO - FOTO DI RICCARDO GHILARDI
Cosa pensa di aver preso da loro?
«Spero tanta roba. I miei genitori non mi hanno insegnato a vivere, ma come si muore: con grande dignità».
Sono mancati a sei mesi di distanza.
«Mia madre ha mantenuto la promessa: aveva detto che non voleva vivere neanche un giorno senza mio padre e sebbene il malato fosse lui, aveva un tumore da cinque anni, lei ha sorpassato tutti a destra e si è inventata un tumore che non c' era fino a poco tempo prima. È stata una sorpresa, a un certo punto abbiamo capito che non si è curata».
Poi si è ammalato suo fratello.
«Beh, anche io ho avuto un tumore due anni fa. Ancora non è tutto a posto, ti danno 5 anni di protocollo e devi solo aspettare e sperare che non si ripresenti. Mio fratello è fuori, io no. Diciamo che ho vissuto gli ultimi due anni pericolosamente, anche con il Covid».
La pandemia l' ha cambiata?
giovanni veronesi
«Il Covid lo avevo preso alla leggera, poi quando sono arrivate le complicazioni ho capito che questa malattia tremenda si può trasformare dalla notte al giorno. Sono stato fortunato, perché la saturazione non è mai scesa al limite e i medici mi hanno curato a casa».
Chi è famiglia oggi?
«È Valeria (Solarino, ndr ), che amo in modo smisurato, non c' è metro che potrebbe misurare il mio amore per lei. È la sua famiglia. È Sandro con i miei nipoti».
Perché non ha ancora sposato Valeria?
«Ci sposeremo, sicuro. Abbiamo detto che vogliamo essere onesti, e quando lo faremo sapremo davvero che lei è stata la donna di tutta la mia vita e io l' uomo della sua».
Una cosa che le piace tanto di lei.
«È una delle persone meno litigiose che abbia mai conosciuto: in 18 anni abbiamo litigato veramente tre volte, sempre per colpa mia, che magari sono nervoso, penso solo al lavoro, le cose classiche dei registi un po' egocentrici».
sandro veronesi 5
E Francesco Nuti?
«Lui non fa parte della mia famiglia, ma è come se fossimo fratelli. Se non ci fosse stato lui il mio mestiere non sarei riuscito a farlo in questo modo, entrando dalla porta principale.
A parità di talento ne ho visti tanti rimanere al palo, io non mi reputo Kubrick, so benissimo quali sono miei limiti. Sono stato aiutato un po' dalla fortuna e molto da Francesco, che nei primi anni della mia carriera mi ha spalleggiato, mi ha prodotto film, me li ha fatti scrivere».
Va sempre a trovarlo in clinica. Come fa a essere sicuro che lui capisca?
«Non sono sicuro, ma la speranza è talmente tanta che esco sempre soddisfatto. E poi lui sorride, mi guarda, alle volte spero che non capisca perché ho paura che possa soffrirne».
Le è dispiaciuto non diventare padre?
GIOVANNI VERONESI
«Ci ho pensato tanto, ma ogni volta mi sono risposto che non volevo chiedere troppo. Poi so che mi sono privato di una delle cose più belle della vita, però ne ho avute talmente tante altre che va bene così, non sono ingordo».
A quale film è più affezionato?
«L' altro giorno dovevo mandare il curriculum in Spagna perché forse faremo una coproduzione e riguardando l' elenco dei miei film ho pensato: io sono un pazzo. Sono tutti talmente fuori dagli schemi rispetto al cinema italiano! Ho fatto un fantasy con Sergio Castellitto e Paolo Rossi, uno su Gesù e la Madonna quando avevo 28 anni con Abatantuono e Penelope Cruz... Ho girato western, film comici, drammatici. Prima o poi farò un cartoon».
Il film che avrebbe voluto dirigere?
«La grande guerra , che con Blade Runner ha il finale più bello della storia del cinema».
L' attore?
«Beh, io ho diretto Robert De Niro...».
giovanni veronesi con la figlia di nuti
Vi sentite ancora?
«Sì e quando gli scrivo mi risponde prima di certi miei amici, ai quali poi lo rinfaccio...».
L' attore più difficile?
«Harvey Keitel, in Il mio West , perché lui, portandosi "il metodo" dietro, voleva da me risposte che non ero abituato a dare. Quando però ha capito come eravamo fatti noi, si è adeguato in un modo eccellente. Mentre David Bowie, nello stesso film, era una delle persone più antipatiche mai conosciute nella vita».
giovanni veronesi con la figlia e il fratello di nuti
Non lo dica!
«Antipaticissimo. D' altra parte il suo talento e la sua arte non vengono scalfite dal giudizio: era il mio mito e lo resterà. Con lui sul set mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Però era proprio antipatico, non voleva parlare con nessuno tranne che con me, per qualsiasi cosa. Quando si incontrava al trucco con Pieraccioni, capivo di averla fatta grossa...».
Chissà che gioia!
«Sì, tanta. Ma io mi entusiasmo anche per un film piccolo, come questo che sto producendo con Pilar Fogliati protagonista. Sono anche sceneggiatore e operatore. E il mio entusiasmo non cala di una tacca».
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Dove scrive?
«Qua. Vede quella lavagna? Ci sono scritti i quattro episodi del film con Pilar. Sotto la cimosa, se va a raschiare, ci trova altri 7-8 film».
giovanni veronesi
Come sceglie i Paesi dove girare?
«Viaggio solo per lavoro. Ma quando scelgo un Paese per un film lo vivo nella sua intimità, perché sto ogni giorno con maestranze locali, conosco i figli, le famiglie, le loro case».
Cosa la rende felice adesso?
«La felicità, alla mia età, è la serenità di rimanere con le persone che ami e riuscire a preservare quello che hai costruito. L' importante è avere intorno persone che davvero ti vogliono bene. E io ho Valeria».
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