Emanuele Lauria per “la Repubblica” - Estratti
insegno meloni
«Ciao Pi’...». Giorgia Meloni, sulla scalinata della Galleria nazionale d’arte moderna, saluta Pino Insegno prima di andar via. Sottolineando con un commiato confidenziale ciò che la mostra di Tolkien, oltre la volontà dei curatori e certo quella dello scrittore inglese morto 50 anni fa, è già diventato: un meeting point della destra di potere e dei suoi beneficiati.
Tutti a omaggiare l’autore più amato dalla premier, nel pomeriggio di un giorno feriale in cui la responsabile del governo lascia i suoi impegni istituzionali, dice goodbye a Zelensky ed Erdogan sentiti al telefono sugli sviluppi della crisi in Ucraina e Medioriente, e si fionda a Villa Borghese ad ammirare per quasi un’ora l’esposizione che il ministro Gennaro Sangiuliano le ha “regalato”, con un contributo pubblico da 250 mila euro.
Quando Meloni arriva per quella che doveva essere una “visita privata”, nel porticato della galleria c’è già almeno un centinaio di persone pronte ad accompagnarla: il ministro, ovviamente, ma pure il sottosegretario Alfredo Mantovano e una foltissima rappresentanza di funzionari e collaboratori dello staff che hanno lasciato Chigi per trasferirsi qui. Inclusi videomaker ed esperti social pronti a rilanciare sul web l’evento che doveva essere riservato.
MELONI MOSTRA TOLKIEN
Il clima è quello della mostra di regime, del raduno accondiscendente di una destra per cui il padre del Signore degli anelli è divenuto anche il simbolo di una rivincita culturale. Fra gli intellettuali di area si vedono, tra gli altri, direttori di testate giornalistiche (Antonio Preziosi del Tg2 e Davide Desario dell’Adnkronos), volti noti della tv (Nicola Porro), presidenti di importanti fondazioni come il Maxxi (Alessandro Giuli), l’autore satirico Federico Palmaroli in arte Osho, Edoardo Sylos Labini. E Insegno, naturalmente, che in Rai non sta brillando ma è uno dei protagonisti della mostra: in un video che viene riprodotto lungo il percorso si vede l’artista romano – che è stato doppiatore del personaggio di Aragorn – recitare il «discorso del re».
SANGIULIANO MELONI
Giorgia Meloni non può che vivere il momento con la sorella Arianna, unite come Sam con Frodo, per citare una metafora che proprio quest’ultima usò nel giorno della vittoria delle elezioni da parte del centrodestra.
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«Oggi ho visto pure ex colleghi che mi vollero fuori dal partito », ironizza Croppi. Meloni, alla fine della visita, soprassiede sulle accuse di un utilizzo improprio del pensiero di Tolkien: il Guardian, in un recente editoriale, denuncia gli «scopi populistici e nazionalistici» dell’«ossessione» di Meloni per il narratore della Terra di mezzo.
MOLLICONE E SANGIULIANO
«Questa mostra è una bella pagina di cultura che racconta lo scrittore e l’uomo. Conosco bene la materia ma ho scoperto cose nuove», dice la premier. Irrompe anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, a dare corpo all’autocelebrazione del partito di governo che ostenta le sue radici.
E lui è meno diplomatico: «Di certo Tolkien non è di sinistra. E questo perché la lotta tra Bene e Male, con una netta separazione, non è di sinistra. Anche gli hippy a un certo punto si impadronirono di Tolkien – sottolinea La Russa – ma più a ragione se ne impadronì la Destra». È l’ultima scena prima del sipario: «Volete sapere a quale personaggio assomiglia Giorgia Meloni? A Éowyn, la principessa che si fa guerriera contro il volere degli uomini e, nella battaglia finale, uccide il cattivissimo signore dei Nazgûl». Nella serata di Villa Borghese anche il più navigato fra gli esponenti di FdI sfiora il culto della personalità.
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