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    UNA CALDA ESTATE DA LEGGERE – “LE ORE PIENE”, IL LIBRO DI VALENTINA DELLA SETA, È UN VIAGGIO NELLA VITA DI UNA 40ENNE SOLA E OSSESSIONATA DALLA VECCHIAIA CHE SCOPRE IL PIACERE DI FARE LA SCHIAVA, DOPO AVER CONOSCIUTO UN RAGAZZO “DOMINATORE” SU UN’APP PER INCONTRI: DA QUEL MOMENTO TRASCORRE LA VITA IN ATTESA DELL’AMPLESSO SUCCESSIVO, TENTANDO DI TENERE A BADA IL DESIDERIO CON…


     
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    Federica De Paolis per “La Stampa - TuttoLibri”

     

    le ore piene valentina della seta 1 le ore piene valentina della seta 1

    Le ore piene, esordio letterario di Valentina della Seta, in principio sono vuote, deserte di impegni, afflati, aspirazioni: le abita una quarantenne ancora attraente ma oppressa da pensieri subdoli sulla vecchiaia, come se la giovinezza fosse sfiorita per sempre e con lei il sogno di un compimento.

     

    La donna vive a Roma nel suo appartamento, beve vino scadente, mangia bene e va in palestra per preservare il corpo. Dorme molto, porta i cani degli altri a passeggio, si occupa di revisioni e traduzioni, osserva il mondo dalla finestra. Un senso di solitudine l’affligge e la pervade, tanto che decide di scaricare un applicazione per incontri e comincia a navigare tra profili maschili: i volti le sembrano tutti uguali fino a quando le cade l’occhio su un’immagine, due mani legate da un nastro.

     

    «C’era scritto: P., master, 31 anni. Se sei curiosa scrivimi. Ho sentito restringersi lo spazio vuoto dentro allo stomaco, non riuscivo a capire se fosse fame o paura». Quella didascalia è come un monito, da subito la donna si sente «fatalmente attratta»; si scambiano messaggi, mail, la dinamica è chiara: P. è un dominatore, la invita nel suo appartamento, la donna deve sottostare alle sue regole, arrivare quando decide lui, indossare calze nere autoreggenti, rossetto, profumo.

     

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    Si incontrano nell’appartamento di P., sembra uno studente, pulito, ordinato, giovanissimo: la sgrida subito per essere arrivata in ritardo di diciannove minuti, le toccano diciannove sculacciate, che la colpiscono precise e nette sui glutei; la donna di spalle si lascia battere, chiamare cagnetta, si lascia fare tutto e le piace. Si eccita. Alla fine dell’incontro ci sono piccole effusioni, abbracci, sguardi, poi P. la congeda e lei va via. Torna verso casa. «Ero felice, la metro correva oscillando sui binari, io fantasticavo su un futuro d’amore».

     

    Da quel momento la vita interiore della donna si riempie di P., del desiderio di rivederlo, ma quella non è una relazione normale e lei deve attendere un invito, non rilanciare, rimanere passiva. Il giorno dopo uno sconosciuto al parco la soccorre, la donna è caduta, si è sbucciata un ginocchio, il ragazzo si offre di darle una mano e lei fantastica subito un amplesso.

     

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    Le ore che corrono tra un appuntamento e l’altro con P. si trasformano in uno strazio, un senso di vuoto aggredisce il tempo e la donna riesce a «riempirle» in un solo modo, aspettando il suo principe azzurro e inanellando una sequela di rapporti occasionali che sono mirati a una sola funzione, ottundere l’attesa.

     

    La storia procede per incontri, con P., con altri uomini, Della Seta è attentissima a tenere sotto controllo la lingua con una scrittura calibrata, composita che ha il dono da una parte di oggettivare certe situazioni (il sesso innanzitutto che è fluido, naturale) dall’altra di immortalare momenti di struggente dolore. Il tono è volutamente anemico, i pensieri indecifrabili, procediamo accanto alla donna trascinati dagli eventi, tra i gesti di un sesso scolpito, consensuale, estremo. C’è poi una Roma desolata e notturna. Roma Sud.

     Attraversata con ogni mezzo: la bicicletta, la metro, il car sharing, le lunghe passeggiate per «spostarsi» da un amplesso all’altro. E poi l’acqua. La doccia per prepararsi all’amore, la doccia per ripulirsi, l’Hammam, la fontana di Piazza Mattei nella quale la donna lascia andare la maglietta di P. che ha rubato al ragazzo per continuare a sentire il suo odore e che rievoca una camicetta della madre.

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    Nel libro troviamo seminati altri frammenti di passato che resuscitano un tempo dolente e null’altro, non spiegano, suggestionano. Il romanzo si occupa di un segmento di vita, è come una diapositiva, una foto, con una eco di fuori campo che riverbera. C’è uno sguardo in penombra, poiché si legge la storia di un femminile-vittima ma dall’altra anche quella di una vampira cosciente, consenziente, moderna.

     

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    Valentina della Seta scrive una storia di perdita identitaria nella sessualità, camminando sul filo del rasoio, scandaglia nell’osceno con eleganza e descrive un universo sommerso con una scrittura sicura e molto coraggio. Sceglie di non dare un nome alla sua protagonista di proposito, perché la sua donna potrebbe essere chiunque e potrebbe precipitare all’improvviso in quel vuoto che sembra suggerire, può annidarsi dentro ognuno di noi.

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