Lucia Moscella per "ilmiolibro.kataweb.it"
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Ci sono molti modi per dirsi addio. Redigere una lettera è di certo il più appassionato – sarà forse che scrivere per qualcuno in particolare ci rende sentimentali. In ogni caso, quando si scrive una lettera d’addio non si può non essere poetici, specie quando si tratta di qualcosa che stia davvero a cuore al mittente. Ecco cinque esempi di addii amorosi non convenzionali.
1. Sophie Calle. La lettera diventata arte: “Abbia cura di sé”
Una mattina del 2007 Sophie Calle, artista contemporanea francese, si sveglia, prepara il caffè, apre la sua casella di e-mail e trova un’e-mail del fidanzato, che ha deciso di lasciarla:
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"Non le ho mai mentito, non comincerò a farlo oggi…Qualunque cosa accada, sappia che non smetterò mai di amarla nel modo che è stato il mio dal momento in cui l’ho conosciuta, e che si protarrà in me e non morirà. Ma oggi sarebbe una orrenda buffonata tenere in vita una situazione per entrambi difficile ed insanabile. Ma sappia che quello che io provo per lei e quello che lei prova per me è l’ultimo pegno di quel che fu tra di noi e che resterà unico. Avrei tanto voluto che le cose andassero in un altro modo. Abbia cura di sè".
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Lei prende la lettera, la invia a 107 donne (artiste, scrittrici, giornaliste) e chiede loro di commentarla. Il risultato è una mostra alla Biennale di Venezia intitolata Take care of yourself, prenez soin de vous, cuidate mucho, il cui obiettivo è che la lettera venga analizzata, recitata, danzata: in altre parole, esaurita. Tra le donne, anche Luciana Litizzetto, che commenta il tutto sbucciando delle cipolle nella cucina di casa sua).
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2. Kurt Cobain, la lettera d’addio alla musica e alla vita
La lettera che Kurt Cobain scrive prima di suicidarsi è, oltre che un saluto alla moglie e alla figlia, un saluto alla musica per come il cantante l’ha conosciuta negli anni iniziali della sua carriera. Ecco cosa scrive:
“Il fatto è che non posso imbrogliarvi, nessuno di voi…Sono troppo sensibile. Ho bisogno di stordirmi per ritrovare quell’entusiasmo che avevo da bambino… C’è del buono in ognuno di noi e credo di amare troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile, ingrato, pezzo dell’uomo Gesù! Perché non ti diverti e basta?
kurt cobain e i nirvana a tunnel 16
Non lo so. Ho una moglie divina che trasuda ambizione ed empatia e una figlia che mi ricorda di quando ero come lei, pieno di amore e gioia…
Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo e mi rammarico troppo per la gente…
Io sono un bambino incostante, lunatico! E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.
Pace, amore, empatia. Kurt Cobain.
Frances e Courtney, io sarò al vostro altare.
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Ti prego Courtney tieni duro, per Frances.
Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me.
VI AMO. VI AMO”.
3. Bill Bernbach. La lettera d’intenti: “Voglio gente che faccia cose ispirate”
È vissuto un pubblicitario statunitense negli anni ’50 che ha cambiato la storia dell’Advertising: tanto per cominciare, ha inventato le cosiddette coppie creative.
Ma prima di rivoluzionare il mondo della comunicazione, Bill Bernbach lavorava per la Grey Advertising di New York, che lasciò con una letta di dimissioni di grande eleganza, questa:
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“In pubblicità ci sono un sacco di bravissimi tecnici. E purtroppo hanno vita facile. Conoscono tutte le regole. Ti dicono che un annuncio pubblicitario sarà più letto se mostra delle persone. Ti dicono quanto dovrebbe essere lunga o corta una frase. Ti dicono che il testo deve essere spezzettato per una lettura più scorrevole. Ti propongono una certezza dopo l’altra. Sono scienziati della pubblicità.
Ma c’è un problema: la pubblicità è fondamentalmente un modo per convincere e convincere non è una scienza. È un‘arte..Se vogliamo crescere, dobbiamo farlo con una personalità che sia nostra. Dobbiamo sviluppare un approccio originale, invece di adottare il modo di fare pubblicità imposto dagli altri. Percorriamo nuovi sentieri. Proviamo al mondo che il buon gusto, l’arte, la bella scrittura possono dar vita a un buon modo di vendere”.
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Seguirà la fondazione della DDB (Doyle Dane Bernbach) e il lancio di campagne come “Think Small” per Volkswagen e “We try harder”che cambiarono, oltre al pensiero creativo, anche il pensiero dell’America del tempo.
4. Cesare Pavese. La lettera di finta contestazione: “Fatevi fare il Bini da un altro
Ha fatto scalpore sul web fino a diventare il manifesto di tutti coloro che, lavorando come free-lance, non ricevono rispetto per il lavoro svolto.
Quello che si è omesso è che la lettera fa parte di un carteggio in cui spesso Pavese scherzava con l’editore Giulio Einaudi, a cui questa lettera era indirizzata. Ovviamente Pavese svolse il lavoro, e ovviamente il compenso non erano solo sei sigari Roma:
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“Avendo ricevuto n. 6 sigari Roma – del che Vi ringrazio – e avendoli trovati pessimi, sono costretto a risponderVi che non posso mantenere un contratto iniziato sotto così cattivi auspici.
Succede inoltre che i sempre rinnovati incarichi di revisione e altre balle che mi appioppate, non mi lasciano il tempo di attendere a più nobili lavori. Sì, Egregio Editore, è venuta l’ora di dirVi, con tutto il rispetto, che fin che continuerete con questo sistema di sfruttamento integrale dei Vostri dipendenti, non potrete sperare dagli stessi un rendimento superiore alle loro possibilità.
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C’è una vita da vivere, ci sono delle biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere. La Natura insomma ci chiama, egregio Editore; e noi seguiamo il suo appello. Fatevi fare il Bini da un altro”.
5. Virginia Woolf, la lettera della fine
Resa celeberrima dal film The hours (Stephen Daldry, 2002), di seguito l’ultima lettera che Virginia Woolf scrisse al marito Leonard, prima di riempirsi le tasche di sassi e immergersi nel fiume Ouse.
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Un’intensissima pagina d’amore e di resa al bipolarismo della scrittrice, nella piena consapevolezza di avere conosciuto una – seppur strana – forma di felicità:
“…sento con certezza che sto per impazzire di nuovo. Sento che non possiamo attraversare ancora un altro di quei terribili periodi. E questa volta non ce la farò a riprendermi. Comincio a sentire le voci, non riesco a concentrarmi. Così faccio la cosa che mi sembra migliore. Mi hai dato la più grande felicità possibile. Sei stato in ogni senso per me tutto ciò che una persona può essere.
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Non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici, finché non è sopraggiunto questo terribile male. Non riesco più a combattere. Lo so che sto rovinando la tua vita, che senza di me tu potresti lavorare. E lo farai, lo so. Vedi, non riesco nemmeno a esprimermi bene. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo a te tutta la felicità che ho avuto nella mia vita.
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Hai avuto con me un’infinita pazienza, sei stato incredibilmente buono. Voglio dirti che – lo sanno tutti. Se qualcuno avesse potuto salvarmi questo qualcuno eri tu. Tutto se ne è andato via da me, tranne la certezza della tua bontà. Non posso più continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo stati noi”.
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