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    “CIÒ CHE VENNE DOPO LE MONETINE AL RAPHAEL NON FU PIÙ POLITICA: FURONO LE FORME DELLA SUA ASSENZA” – FILIPPO FACCI RICOSTRUISCE I FATTI DI QUELL'APRILE 1993 QUANDO, CON L'ASSALTO ALL'HOTEL DI CRAXI, FINÌ UN'EPOCA – L’ORGOGLIO DI BETTINO DAVANTI ALLA CONTESTAZIONE: “QUI, A CASA MIA, NESSUNO MI PUÒ IMPEDIRE DI USCIRE DALLA PORTA PRINCIPALE. IO DA DIETRO NON ESCO” – IL RICORDO DI QUEL 30 APRILE 1993 BY MELANIA RIZZOLI - VIDEO


     
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    Melania Rizzoli per "Libero quotidiano"

     

    craxi craxi

    Quel giorno, giovedì 30 aprile 1993, c' ero anch' io con Filippo Facci fuori dall' Hotel Raphaël ad assistere al famoso lancio delle monetine contro Bettino Craxi, ad ascoltare i cori rabbiosi, le ingiurie e gli insulti urlati contro di lui con i pugni levati, a percepire la tensione fortissima che vibrava nell' aria e il disprezzo esibito con violenza dalla folla presente, che ondeggiava compatta come un' armata militare, sventolando banconote da mille lire cantando: «Vuoi pure queste/ Bettino vuoi pure queste» sull' aria e al ritmo di Guantanamera, in un clima sempre più esplosivo verso l' uomo che era stato fino a pochi mesi prima il politico più influente negli anni '80.

     

    FILIPPO FACCI - 30 APRILE 1993 FILIPPO FACCI - 30 APRILE 1993

    E in quei pochi secondi di sconcerto e di pena, perché l' episodio lapidatorio durò poco meno di mezzo minuto, io e Facci, che allora non ci conoscevamo, eravamo entrambi presenti, vicini e stretti come sardine, attoniti e inconsapevoli che quel momento drammatico che stavamo vivendo in mezzo al popolo furioso sarebbe diventato il simbolo per eccellenza di Tangentopoli e di Mani Pulite, un evento filmato da un solo giornalista del Tg4 (Fabrizio Falconi) con il suo operatore, arrivati di corsa da piazza Navona, i quali registrarono quei pochi minuti consegnando alla storia un servizio che certificava l' esatto inizio del collasso rovinoso della Prima Repubblica.

     

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    L' ultimo discorso di Bettino Craxi in Parlamento nel 1993 ( Ho letto il nuovo libro di Filippo Facci 30 aprile 1993 con sottotitolo: Bettino Craxi. L' ultimo giorno di una Repubblica e la fine della politica ( Marsilio Specchi ed, 224 pagine, euro 18) in treno in viaggio da Milano a Roma, ma verso Firenze lo avevo già terminato, presa com' ero dalla prosa tumultuosa, appassionata, documentata, tragica e accuratissima, delle giornate drammatiche che precedettero la fine politica del leader socialista che io conoscevo bene, essendo stata il suo medico a Roma dal 1985 e che ho continuato ad assistere fino alla sua morte il 19 gennaio 2000 ad Hammamet, in Tunisia.

     

    MELANIA RIZZOLI MELANIA RIZZOLI

    TERAPIE DIMENTICATE Quel giovedi 30 aprile 1993 io mi trovavo al Raphaël per caso, per ragioni professionali, ero andata a visitare Bettino nel pomeriggio, lui mi aveva chiamato perché lamentava disturbi, molti dei quali erano causati dalla drammaticità di quelle giornate politiche che lo distraevano dal rigore terapeutico che gli era stato imposto quotidianamente da mesi, e che non sempre rispettava.

     

    E dal giorno prima, quello del famoso voto segreto alla Camera, che negò l' autorizzazione a procedere nei confronti del leader socialista, lui si era "dimenticato" di assumere qualunque terapia, come mi confessò candidamente, preso com' era dalle ore convulse narrate con dovizia di particolari, cronologicamente perfetti e insieme terribili nel libro di Facci. E quelle pagine mi hanno fatto rivivere quei momenti con grande emozione, perché raccontati da dentro, ovvero da quello che accadeva all' interno del Raphaël, e da fuori, dove si preparava l' assalto di una folla inferocita e carica di bile, che si ingrossava ogni minuto che passava, arginata faticosamente da pochi e sparuti celerini, folla che sognava Piazzale Loreto tentando il linciaggio mediatico, politico e fisico di Craxi, dei suoi fedelissimi e finanche delle auto di scorta prese ripetutamente a calci.

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    Bettino, quel pomeriggio, nel suo appartamento al 5° piano del Raphaël, da me accettò frettolosamente di farsi controllare soltanto la glicemia, che era alta: «A pranzo ho mangiato pure il gelato» si giustificò guardandomi di traverso e, nonostante le mie insistenze, non ne volle sapere di ingoiare pillole o farsi una iniezione di insulina, poiché era più preoccupato dalle grida crescenti della piazza che arrivavano fino all' ultimo piano dell' albergo.

     

    Come racconta Filippo a nulla sono valse le sollecitazioni degli agenti di sicurezza e degli amici socialisti presenti che di alternavano davanti a lui per convincere Craxi ad uscire dalla porta posteriore dell' hotel, come se nessuno di loro conoscesse l' uomo, il suo piglio, il suo orgoglio ed il suo coraggio, che mai avrebbe accettato di non affrontare la folla che lo invocava malamente scomparendo dentro una qualunque porta di servizio.

     

    hotel raphael hotel raphael

    «DA DIETRO NON ESCO» «Qui, a casa mia, nessuno mi può impedire di uscire dalla porta principale. Io da dietro non esco» disse Craxi infastidito dalle pressioni dei suoi, diritto in piedi con tutta la sua mole nella hall dove nel frattempo eravamo scesi, e lo disse sovrastando tutti con la sua stazza, alzando il mento, stringendo le mascelle e mugugnando, nel suo tipico atteggiamento di quando era contrariato, e quello «non era un gesto di sfida ma la reazione di uno come lui che trovava assurdo e impensabile che gli si potesse andar sotto casa per manifestare e insultarlo».

     

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    Da quella porta di sicurezza invece Craxi fece uscire me, che ero ancora in piedi nel trambusto della hall stringendo la mia borsa da medico, tra gruppetti di amici, giornalisti e clienti dell' albergo, per prudenza mi disse, spingendomi da una spalla, in realtà per proteggermi dall' ira del popolo urlante, che insultava chiunque osasse mettere il naso fuori dall' ingresso principale, in via largo Febo, che raggiunsi però dopo un minuto, facendo semplicemente il giro del palazzetto, per assistere all' uscita a testa alta del fiero «cinghialone» (copyright Vittorio Feltri) che schivava le monete prima di infilarsi in auto e per memorizzare una scena indimenticabile e dolorosa, che Facci descrive da dio, secondo per secondo , dedicandole un intero capitolo, e che resterà impressa indelebile nella memoria storica e nella coscienza di questo Paese.

     

    BETTINO CRAXI BETTINO CRAXI

    Invidio Filippo per la sua abilità ad aver scritto fatti e cronache di quei giorni senza filtri e ipocrisie, vergando sconcerti e oscenità senza opportunismi, e invidio la sua narrazione tumultuosa capace di far letteralmente "vedere" gli eventi che racconta tra le righe come in un film, fotogramma per fotogramma, come se tu fossi lì a viverli e guardarli sul palcoscenico della vita insieme agli attori, inondandoti di emozioni positive e negative, di soddisfazione e di disgusto, di sdegno e di amarezza, in una corsa impetuosa verso il baratro che attanaglia le budella e ti mozza il respiro, aspettando la fine liberatoria dal dramma, con il calo del sipario.

     

    il pool di mani pulite: di pietro, greco, davigo il pool di mani pulite: di pietro, greco, davigo

    Invidio Filippo per la sua memoria prodigiosa, per la ricerca accuratissima dei particolari, per il racconto fedele di tutti i protagonisti di quella stagione politica, magistrati, parlamentari, giornalisti, che lui ha conosciuto bene, con i quali si è confrontato, ha riso e litigato, riportando commenti e stralci di editoriali, di interviste e di articoli che pure critica senza sconti, come fa sempre nella vita, senza risparmiare nessuno, inclusi i suoi colleghi più amici.

     

    MOMENTO CHIAVE Scrive Facci: «Ciò che venne dopo quel periodo non fu più politica: furono le forme della sua assenza.

     

    Un vecchio modo di governare le nazioni, di cui Craxi era il perno, è stato spazzato via: non è accaduto in un giorno solo, ma se dovessimo sceglierne uno non avremmo dubbi. È il giorno in cui morì la politica».

    greco e di pietro greco e di pietro

     

    In realtà, anche la morte politica di Craxi ebbe inizio quel giovedì 30 aprile 1993, all' ingresso del Raphaël in largo Febo, dietro piazza Navona, verso le sette di sera, all' imbrunire di una giornata lunga e disgraziata.

     

    Quello che racconta Facci nel suo libro è un documento storico imperdibile e insieme spietato, che schianta gli animi, scuote le coscienze, non lascia alibi a nessuno, anzi, lascia allibiti e fa riflettere, a distanza di oltre 20 anni sui fatti e sui protagonisti di un' epoca che ha definitivamente cambiato la percezione della politica nel nostro Paese, e per non dimenticare quei fatti, quei commenti, quelle dichiarazioni e quei ricordi dei mesi drammatici di Mani Pulite, con il loro corteo di giudici,di indagati, di arrestati, di morti e di suicidi che Filippo aggiunge al pezzo di storia d' Italia che ha vissuto da protagonista

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