Biagio Simonetta per IlSole24ore.com
Si arricchisce di nuovi e importanti dettagli la storia che lega Facebook e l'intrusione russa alle ultime elezioni presidenziali statunitensi. Nei giorni scorsi Mark Zuckerberg, fondatore e CEO del social network, aveva annunciato di voler fornire al governo americano il contenuto di oltre 3mila annunci politici diffusi su Facebook. Annunci che sarebbero stati creati e finanziati da società russe per interferire nelle recenti elezioni americane che hanno sancito la vittoria di Donald Trump. Una sorta di ammissione, da parte di Facebook, dopo che da diverse parti erano piovute accuse per la propagazione di fake news e falsa propaganda pro Trump.
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Zuckerberg ha mantenuto la promessa, consegnando al Congresso tutti i dati relativi alle inserzioni sospette. E Elliot Schrage, responsabile comunicazione e politiche pubbliche di Facebook, ha fornito i primi numeri di questa intricata faccenda. Il periodo temporale incriminato va dal 2015 al 2017. Più o meno due anni e mezzo durante i quali sono stati almeno 500 gli account collegati a una società russa che hanno investito 100mila dollari in pubblicità ingannevole, dedita ad influenzare le elezioni americane.
DONALD TRUMP
Le circa tremila inserzioni pubblicitarie acquistate hanno intercettato il newsfeed (cioè sono finiti sulla home di Facebook) di almeno dieci milioni di utenti residenti negli Stati Uniti d'America. Schrage ha anche aggiunto che, il 44 per cento degli annunci sarebbe stato visualizzato prima delle elezioni, mentre il il 25 per cento, a causa della non approvazione da parte dell'algoritmo di Facebook, non ha mai raggiunto alcun utente. Mancata approvazione dovuta al fatto che gli account acquirenti erano palesemente falsi. Schroge ha infatti ammesso che la maggior parte delle inserzioni «non violavano le nostre politiche interne» e che per questo «se fossero state acquistate da profili autentici, sarebbero rimaste sulla piattaforma».
ELLIOT SCHRAGE
Il manager di Facebook ha fornito anche i dati relativi al costo delle inserzioni incriminate: «La metà degli annunci acquistati – ha detto Schrage - è costata meno di tre dollari l'uno, e la quasi totalità (il 99 per cento) meno di mille dollari». Che dietro questa campagna ci sia stata una sola regia sembra abbastanza scontato. E le ricostruzioni fornite da New York Times e Washington Post vanno in questa direzione. Innanzitutto una tematica chiave: le inserzioni miravano a sostenere ideologie anti-migranti e possesso delle armi. Poi la costruzione di finti siti di informazione (con relative pagine Facebook) sui quali pubblicare le finte news. Infine una targettizzazione molto oculata grazie agli strumenti forniti da Facebook.