• Dagospia

    “GIORGIA MELONI? CHI TOGLIE LA LIBERTÀ AL PARLAMENTO PRIMA O POI LA TOGLIE ANCHE AL PAESE. COME FECE MUSSOLINI” – PAOLO CIRINO POMICINO DEMOLISCE LA DUCETTA: “UNA VOLTA SI DICEVA ‘GRATTA IL COSACCO E TROVERAI IL RUSSO’. QUA GRATTI I FRATELLI D’ITALIA E TROVI I POST-FASCISTI. LA MELONI COMANDA? MA CHE? COMANDA LA FINANZA” – “ANDREOTTI È STATO UN GRANDISSIMO STATISTA MA DI POLITICA NON CI CAPIVA NULLA. LA STORIA DEL BACIO CON TOTÒ RIINA? SE SOLO STRINGEVI LA MANO A GIULIO, LA RITRAEVA SCHIFATO. FIGURIAMOCI UN BACIO" - "SE AVESSI AIUTATO GARDINI OGGI SAREI MILIONARIO” - “QUESTA È LA MIA ULTIMA INTERVISTA. NON STO BENE, STO PER RICOVERARMI DI NUOVO…”


     
    Guarda la fotogallery

     

     

    Estratto dell’articolo di Aldo Cazzullo e Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”

     

    cirino pomicino cirino pomicino

    Cirino Pomicino, che ragazzo è stato prima di diventare «’o ministro»?

    «Quinto di sette fratelli. Fino a me, tutti maschi. Poi, visto che mio padre voleva la femmina, nel 1942 nacque finalmente Maria Rosaria. Presa dall’entusiasmo, la donna di servizio uscì sul balcone sventolando il tricolore. Giù si radunò una piccola folla, iniziarono a gridare “è fernuta la guerra!” e noi da sopra “ma quando mai, è nata la creatura!”. Ci rimasero malissimo».

     

    Tutti democristiani?

    «Sei fratelli, sei partiti, sei squadre di calcio diverse. Io ero l’unico democristiano e l’unico milanista.

     

    PAOLO CIRINO POMICINO GIULIO ANDREOTTI PAOLO CIRINO POMICINO GIULIO ANDREOTTI

    (…)

     

    Dolori?

    «Mio fratello Mariano morì a 33 anni per un male al cervello. Toccò a me dirlo a nostra madre. Lei guardò la Madonna di Pompei e le sussurrò: Madonna, non ti capisco, ma te lo affido».

     

    Religioso?

    «Tutte le sere dico il rosario. Quello da quindici poste, il più lungo».

     

    Scaramantico?

    «Nel 1992, a ridosso della riforma delle pensioni, Guido Carli andò da Andreotti per dimettersi da ministro delle Finanze. Io, che ero ministro del Bilancio, corsi da lui e gli dissi che non poteva farlo perché per me era una questione di vita o di morte».

    CIRINO POMICINO CIRINO POMICINO

     

    Perché?

    «Perché l’unica volta che nella storia della Repubblica si era dimesso un ministro delle Finanze, Silvio Gava, il ministro del Bilancio, Ezio Vanoni, era morto subito dopo.

    Carli non si dimise».

     

    Pure lei ha rischiato di morire più volte.

    «Il primo infarto fu nel 1979, durante una riunione di medici. Sei anni dopo ci fu Sigonella: con la crisi del governo Craxi finalmente andai a Parigi a fare quella visita di controllo che rinviavo da tempo.

     

    PAOLO CIRINO POMICINO PAPA GIOVANNI PAOLO II PAOLO CIRINO POMICINO PAPA GIOVANNI PAOLO II

    L’esito della coronarografia fu spietato: 90 per cento del circolo coronarico occluso, pochissimo tempo a disposizione, volo a Houston per l’operazione d’urgenza. Al Gemelli, qualche anno dopo, un giorno mi diedero tre ore di vita: avendo detto a Di Pietro che dopo tutte quelle indagini su di me avrebbe dovuto fare lui la mia orazione funebre, mia figlia gli telefonò, lui si precipitò al mio capezzale e, convinto che stessi per morire nel giro di pochi minuti, quasi piangendo si mise a fare un elogio della Dc».

     

    E poi?

    «E poi non sono morto. Un’altra sera entro al pronto soccorso, mi accomodo tranquillo su una sedia a rotelle, chiamo un infermiere: “Ho un infarto in corso, mi porti in corsia”. Quello mi guarda come se fossi pazzo: “Ma che cosa sta dicendo?”.

    GIORGIO TOSATTI GIORGIO TOSATTI

     

    E io: “Infarto in corso, spinga la carrozzina e mi accompagni in corsia”. Risultato: infarto in corso. Dopo le elezioni del 2006, mi trasferisco a Milano perché, essendo in attesa del trapianto, devo stare a meno di un’ora dall’ospedale di Pavia. Mi tocca il cuore di un cinquantaduenne. Il mio vicino, col cuore di un trentaduenne, è morto».

     

    Si ricorda chi era?

    «Impossibile dimenticarlo: era Giorgio Tosatti, il grande giornalista sportivo. Tardò ad autorizzare il drastico intervento d’urgenza che aveva suggerito il primario. Fu impressionante vedere come passò dalla vita alla morte nel giro di pochissimi minuti, davanti ai miei occhi».

     

    paolo cirino pomicino e dago 4 paolo cirino pomicino e dago 4

    Dicono di lei: uno degli artefici del debito pubblico italiano.

    «Sciocchezze. Certo, non si ha idea di quanti soldi abbia portato io a Napoli negli anni 80... ma per cose concrete: la metropolitana, il centro direzionale. È dimostrato, ad esempio dall’economista della Bocconi Tommaso Nannicini, che è stato senatore del Pd e non è di certo un mio amico, che l’esplosione del debito pubblico non fu dovuta all’aumento della spesa pubblica ma alla bassa pressione fiscale».

     

    Potevate far pagare le tasse.

    PAOLO CIRINO POMICINO DE MITA PAOLO CIRINO POMICINO DE MITA

    «Nell’Italia dello scontro sociale e del terrorismo? Il consenso ci serviva. Con noi, l’Italia divenne uno dei Paesi più ricchi del mondo. Prima che la svendessero, pezzo per pezzo».

     

    Chi?

    «Nel 1985 mi telefona Romano Prodi, presidente dell’Iri. E mi fa: “Ti volevo avvertire che sto per annunciare la vendita della Sme”. E io: “Ah sì? Stai vendendo? Perché, è tua? E quando te l’eri comprata?».

     

    Le privatizzazioni.

    «Secondo me dietro c’era un accordo segreto franco-tedesco sui Paesi del Mediterraneo. Vi siete chiesti come mai nessuna azienda tedesca si sia mai affacciata in Italia, mentre i francesi tutti? La fine del primato della politica è cominciata lì, con danni incalcolabili».

     

    GIORGIA MELONI IN VERSIONE DUCETTA - MEME GIORGIA MELONI IN VERSIONE DUCETTA - MEME

    Secondo lei, Meloni non comanda?

    «Ma che deve comandare? Comanda la finanza».

     

    Le piace la presidente del Consiglio?

    «Chi toglie la libertà al Parlamento prima o poi la toglie anche al Paese. Come fece Mussolini».

     

    Non è diventata moderata?

    «Una volta si diceva “gratta il cosacco e troverai il russo”. Qua gratti i Fratelli d’Italia e trovi i post-fascisti».

     

    Andreotti comandava?

    silvio berlusconi giulio andreotti primi anni 80 silvio berlusconi giulio andreotti primi anni 80

    «Dirò una cosa che darà un dispiacere ai suoi tanti detrattori. Andreotti aveva un grande senso dello Stato ed è stato un grandissimo statista. Ma di politica non ci capiva nulla”.

     

    Sta scherzando?

    “Prima che arrivassi io, nella Dc la corrente andreottiana pesava il 5%. C’era giusto nel Lazio e in Sicilia. Poi ci fu l’allargamento alle altre regioni d’Italia, arrivammo noi giovani».

     

    Mal sopportati dalla vecchia guardia?

    «Sbardella, “lo Squalo”, disse che voleva fare il coordinatore. Gli risposi: “Caro Vittorio, tu vuoi fare il coordinatore, ma noi non vogliamo essere coordinati».

     

    cirino pomicino cirino pomicino

    E la mafia?

    «La mafia era nemica di quella Dc. Alla fine degli anni Ottanta, un giorno che avevo appuntamento con Andreotti, vidi coi miei occhi uscire dal suo studio due persone assieme: erano Salvo Lima e Giovanni Falcone».

     

    La storia del bacio con Totò Riina?

    «Bacio e Andreotti non possono stare nella stessa frase: se solo gli stringevi la mano, la ritraeva schifato. Figuriamoci un bacio».

     

    Lei ha ispirato in parte Il Divo di Sorrentino, che ad Andreotti non piacque.

    CARLO BUCCIROSSO INTERPRETA PAOLO CIRINO POMICINO - IL DIVO DI PAOLO SORRENTINO CARLO BUCCIROSSO INTERPRETA PAOLO CIRINO POMICINO - IL DIVO DI PAOLO SORRENTINO

    «Ero ricoverato e Sorrentino, prima di finire la sceneggiatura, venne a trovarmi in ospedale. Ma le feste a casa mia e i balli scatenati di Carlo Buccirosso, che nel film interpreta il sottoscritto, non ci sono mai stati. Anche se io amo le feste, e amo ballare».

     

    Le riunioni di corrente?

    “Robetta. I Dorotei si riunivano a Sirmione, la sinistra Dc a Chianciano, noi al massimo andavamo a mangiare ai Castelli romani”.

     

    In decine di inchieste due condanne se l’è beccate, Pomicino.

    raul gardini raul gardini

    «Per la tangente Enimont. Venne da me il figlio di Ferruzzi insieme al cognato, Carlo Sama. Dissero che se De Benedetti finanziava la sinistra e Berlusconi i socialisti, loro volevano contribuire all’attività della corrente del presidente del Consiglio in carica.

    E chi ero io per rifiutare?».

     

    S’è arricchito?

    «Un giorno venne a trovarmi Raul Gardini. Voleva convincermi a dargli una mano a far entrare due sue società nell’operazione Enimont. Allargai le braccia, dissi che doveva vedersela altrove quella faccenda. E cioè con De Mita».

     

    Le garanzie che Gardini diceva di aver ottenuto da De Mita e dal Pci per gli sgravi fiscali a Montedison caddero nel vuoto, con il relativo decreto legge.

    «Se avessi dato una piccola mano in quella vicenda, sono certo che sarei diventato miliardario».

     

    [...] È povero, quindi?

    romano prodi cirino pomicino romano prodi cirino pomicino

    «Rifiutai con grande fatica l’offerta di denaro generosissima che Berlusconi mi fece alla fine degli anni Novanta, pur di avermi come suo ghost writer. Scrivere i discorsi per un altro, per giunta Berlusconi, avrebbe significato abbandonare la politica; e un medico mi aveva detto che, dei tanti modi di morire, farlo in modo malinconico sarebbe stato il peggiore».

     

    Ha mai pensato a mettere insieme Berlusconi e Andreotti?

    letta berlusconi andreotti spadolini letta berlusconi andreotti spadolini

    «Non solo l’ho pensato; l’ho fatto. Alla fine del 2000 vennero da me assieme, accompagnati l’uno da Gianni Letta e l’altro da Sergio D’Antoni e Ortensio Zecchino. Facemmo anche l’accordo: Andreotti sarebbe stato il leader ombra di un partito di centro che si sarebbe alleato col centrodestra berlusconiano alle elezioni del 2001».

     

    Democrazia Europea, però, si presentò da sola alle elezioni. Che cosa successe?

    «Il giorno dopo Andreotti ci ripensò. “Non me la sento di fare un’alleanza con Berlusconi...”. Le ripeto: grande statista e grande senso dello Stato; ma la politica-politica non è mai stata il suo forte».

     

    CIRINO POMICINO BERTINOTTI FRANCO MARINI ANDREOTTI FOTO LA PRESSE CIRINO POMICINO BERTINOTTI FRANCO MARINI ANDREOTTI FOTO LA PRESSE

    Lei ci rimase male?

    «Gli dissi “preside’, lei è senatore a vita e sta a posto; ma a quei due, D’Antoni e Zecchino, me li manda in mezzo a una strada!».

     

    Lei è ancora qui, Pomicino.

    «Credo sia la mia ultima intervista. Non sto bene, sto per ricoverarmi di nuovo. Anche per questo vorrei dare una risposta a tutti quelli che mi chiedono che cosa farei, oggi, nella situazione in cui si trova l’Italia, se fossi ancora ministro del Bilancio come ai vecchi tempi».

    berlusconi e andreotti berlusconi e andreotti cirino pomicino cirino pomicino BERLU E Andreotti thumb x jpeg BERLU E Andreotti thumb x jpeg DA POTERE OPERAIO A POTERE FASCIO - MEME BY MACONDO DA POTERE OPERAIO A POTERE FASCIO - MEME BY MACONDO LA DUCE VITA - MEME BY EMILIANO CARLI LA DUCE VITA - MEME BY EMILIANO CARLI GIORGIA MELONI - MEME GIORGIA MELONI - MEME GIORGIA MELONI - VIGNETTA DI ALTAN GIORGIA MELONI - VIGNETTA DI ALTAN L ITALIA SI CONFERMA STRONZA - VIGNETTA BY MANNELLI L ITALIA SI CONFERMA STRONZA - VIGNETTA BY MANNELLI paolo cirino pomicino spegne le candeline foto di bacco (1) paolo cirino pomicino spegne le candeline foto di bacco (1) Gianni De Michelis Paola Necci e Cirino Pomicino Gianni De Michelis Paola Necci e Cirino Pomicino berlusconi come andreotti berlusconi come andreotti andreotti berlusconi andreotti berlusconi PAOLO CIRINO POMICINO CON LA FIGLIA PAOLO CIRINO POMICINO CON LA FIGLIA Paolo Cirino Pomicino vota le Pecoropee Paolo Cirino Pomicino vota le Pecoropee Rino Formica e Paolo Cirino Pomicino Rino Formica e Paolo Cirino Pomicino CIRINO POMICINO CIRINO POMICINO paolo cirino pomicino paolo cirino pomicino cirino pomicino il divo cirino pomicino il divo DUCE DETTO DUCE - VIGNETTA BY ELLEKAPPA DUCE DETTO DUCE - VIGNETTA BY ELLEKAPPA

    (...)

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport