Estratto dell’articolo di Massimo Basile per “la Repubblica”
Claudine Gay in audizione alla camera
Dove non sono arrivate le accuse di antisemitismo, sono riuscite quelle di plagio. Claudine Gay, 53 anni, prima presidente nera di Harvard, una delle università americane più prestigiose al mondo, si è dimessa.
Finita sott’attacco per la disastrosa audizione davanti alla commissione della Camera, in cui non era riuscita a condannare in modo netto gli slogan antisemiti usati dai suoi studenti durante una manifestazione pro-Palestina, Gay è stata travolta da uno scandalo imbarazzante: avrebbe copiato almeno quaranta volte nella sua produzione scientifica.
Claudine Gay in audizione alla camera
«È con la morte nel cuore - ha annunciato lei in una lettera inviata alla comunità universitaria - ma con il profondo amore verso Harvard che scrivo per annunciare il mio passo indietro». Nella sua lettera, Gay ha denunciato di essere «stata oggetto di attacchi personali e di minacce alimentate dal razzismo». […]
[…] Il caso era scoppiato quando sul tavolo della responsabile delle integrità delle ricerche, Stacey Springs, era arrivato un corposo dossier. Portava la firma di un professore del Kentucky. In decine di pagine erano indicati una quarantina di passaggi: quelli in cui Gay aveva utilizzato frasi prese da altri lavori accademici, senza usare le virgolette. Harvard Corporation, il direttivo dell’università, aveva avviato un’indagine interna.
studente ebreo aggredito durante protesta pro palestina a harvard 3
La presidente era stata già accusata in passato di plagio, ma era stata assolta dai vertici. Cosa che avrebbe spinto il professore del Kentucky a fornire altre decine di esempi di plagio.
La storia è diventata pubblica grazie a un giornale conservatore online, il Washington Free Beacon, e ha scatenato l’interesse di tutti i media americani. Secondo il Washington Post, nella sua carriera Gay avrebbe utilizzato in modo illegittimo materiale preso da almeno un’altra ventina di autori.
Da settimane i repubblicani del Congresso avevano chiesto le dimissioni della donna a capo di un’università progressista, inciampata su risposte evasive alle domande di chi chiedeva la condanna di alcuni studenti che avevano invocato il genocidio degli ebrei.
La presidente era stata ascoltata con Elizabeth Magill, presidente di University of Pennsylvania, e Sally Kornbluth, del Mit, Massachusetts Institute of Technology. Tutte e tre avevano dato risposte ambigue. «Invocare il genocidio degli ebrei - aveva chiesto Elise Stefanik, repubblicana di New York viola il codice etico di Harvard, sì o no?». «Dipende dal contesto», aveva risposto Gay. Quattro giorni dopo, Magill si era dimessa.
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Gay si era scusata pubblicamente, registrando il sostegno dei colleghi. Sembrava al sicuro. Ma sul plagio, la sua parabola di presidente - la più breve della storia di Harvard, sei mesi e due giorni - si è chiusa.
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