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    “L’ALCOL ELIMINA LO STRESS. LE MIE MIGLIORI PARTITE LE HO GIOCATE DOPO ESSERMI UBRIACATO” – FRANCESCO COCO A “SO FOOT” RICORDA CHE HA GIOCATO ANCHE (POCHE) BELLE PARTITE (LA SOBRIETA' L'HA ROVINATO) - CAPELLO MI DISSE: “SE DIVENTI PROFESSIONISTA, MI TAGLIO LE PALLE” - BERLUSCONI CHE GLI TAGLIO' LA FRANGIA, L'ERRORE DI LASCIARE IL MILAN ("MA VALLETTOPOLI E LE FOTO-RICATTO DI CORONA NON C’ENTRANO NIENTE") I CALCI METAFORICI A GALLIANI E I DEBITI PER LA DISCOTECA: “MIA MADRE MI DISSE: ‘UNA PERSONA NORMALE COMPRA UNA CASA, NON UNA DISCOTECA, COGLIONE!”


     
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    Da ilnapolista.it

     

     

    FRANCESCO COCO FRANCESCO COCO

    “Con Capello era un rapporto di amore-odio. Un giorno mi prese da parte e mi disse dritto negli occhi: «Se diventi un professionista, mi taglio le palle». Tuttavia, un anno dopo, è stato lui a lanciarmi in prima squadra e a farmi diventare professionista. Era un modo per spingermi oltre”. La palle di Francesco Coco stanno ancora al loro posto, assicura nella divertita intervista a So Foot. L’ex milanista regala un po’ di racconti vintage.

     

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    “Ricordo uno dei miei primi allenamenti con i professionisti. Pioveva, avevo 15 anni, e Capello mi fece venire ad allenarmi con loro. Anche lui era giovane, ma già tosto, mamma mia … A fine seduta, partitella: i titolari contro le riserve e i giovani. Gioco nel mio ruolo, terzino sinistro. All’improvviso c’è un lungo lancio. Corro molto velocemente verso il punto di caduta e faccio un contrasto in scivolata che fa volare via l’attaccante di fronte. Ma prendo la palla! Lì Capello fischia e comincia a gridare: Coco, che cazzo fai?. Ero un ragazzino, mi rimandò negli spogliatoi a farmi una doccia. Diretto. Nel duello con me c’era Jean-Pierre Papin”.

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    Coco dice che “lasciare il Milan è stato l’errore più grande della mia vita“. E che lo scandalo Vallettopoli e le foto-ricatto di Corona non c’entrano niente.

     

     

     

     

    “Avevo fiducia nelle mie doti calcistiche e fisiche nella vita di tutti i giorni. Quindi sapevo che avevo il diritto di non essere sempre molto professionale. Sono state tante le partite che ho giocato senza aver dormito la notte prima… Due giorni prima della partita col Barcellona (2-0 al Camp Nou, segnò, ndr) sono uscito fino alle 7, sono tornato a casa ho preso la borsa, mi sono lavato i denti e sono partito per la Spagna. Ero ancora ubriaco. Eppure ho giocato una delle partite più belle della mia carriera.

     

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    “La maggior parte delle mie migliori partite le ho giocate senza dormire il giorno prima, ero fuori con gli amici, avevo bevuto. Perché arrivavo il giorno della partita con la mente leggera, non ci avevo pensato fino a quel momento e perché, appunto, mi conoscevo. Ero libero nella testa, è lo stress che alla fine ti taglia fuori. Lo stress è una delle peggiori malattie del mondo”.

     

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    “Nel corso della mia carriera sono sempre stato eccentrico e mi è piaciuto dire le cose senza filtri. Ma c’era una mentalità diversa. Ti faccio un esempio: ho sempre avuto i capelli lunghi e mi hanno sempre rotto le palle per questo. Un giorno, Berlusconi in persona mi tagliò la frangia! Oggi si vedono i giocatori arrivare con la borsa all’allenamento. Prima non esisteva. Ebbene sì, potevi farlo, ma eri un ribelle, un alieno”.

     

    Altro aneddoto: “Devo andare all’Inter. Ancelotti mi chiama e mi dice di restare. Gli dico: solo se viene Galliani e me lo chiede in ginocchio. Ovviamente non l’ha fatto. Accetto l’Inter. Moratti e Oriali mi chiamarono per un anno per convincermi. Volevo tornare al Milan, perché il campionato italiano a quel tempo era ancora il migliore, e mi mancava. Sono arrivato all’Inter che aveva appena preso Cannavaro, Crespo, un ottimo mercato. Nella mia testa pensavo: ‘Vado all’Inter, vinco e prendo a calci Galliani“.

     

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    “Dopo aver smesso di giocare si può dire che mi sono preso quattro anni sabbatici! Oltretutto nella mia carriera ho sempre fatto altro oltre al calcio. Il mondo è fatto di miliardi di altre cose e io sono un ragazzo curioso: non mi sono detto ‘cazzo sono finito, sono morto’,  quando ho smesso. Nel corso della mia carriera ho aperto dei ristoranti che ho tuttora, quattordici negozi di abbigliamento perché amo la moda, una discoteca che ormai è chiusa da qualche anno… Si chiamava Blue e sembrava un’astronave. Avevo 19 anni quando l’ho aperta. Dopo aver firmato il mio primo contratto due anni prima, nell’arco di cinque anni, acquistai un terreno a Lodi dove costruii la discoteca, mettendo soldi per la sua gestione e come cauzione. Risultato? Beh, ovviamente, tutti i soldi del contratto sono spariti e avevo già dei debiti. Ero nei guai.

     

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    Mia madre voleva uccidermi quando l’ha scoperto. Mi ha detto: ‘una persona normale compra una casa, non una discoteca, coglione!’. Ci andavo raramente perché ero un calciatore, e andare nella tua discoteca è un po’ strano… Ma ricordo che un giorno, abbiamo fatto una festa grandiosa che è iniziata alle tre del pomeriggio ed è andata avanti fino alle sei del mattino. Se dovessi dare un consiglio a qualcuno che vuole aprire una discoteca, gli direi innanzitutto di non farlo”.

     

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