Emanuela Griglié per “la Stampa”
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Avvertenze: ognuno dorme a modo suo, per cui i consigli generalizzati su come farlo meglio valgono poco, anzi niente. Però. Non sarebbe bellissimo poter dare tutta la colpa alla scienza per risolvere delle diatribe fondamentali tipo: qual è la temperatura giusta nella camera in cui si dorme?
Che, non si può negare, è un tema, quando il letto tocca dividerlo con qualcuno, con infinite discussioni e imbrogli sui gradi da impostare sul termosifone (e poi d' estate si ricomincia con l' aria condizionata). Purtroppo un numero unico e insindacabile non c' è e bisogna accontentarsi di alcune raccomandazioni di massima: quella più comune, citata dalla Cleveland Clinic e dalla «National Sleep Foundation» Usa, parla di una media tra i 15,5 e i 19,5°, un intervallo che è però un' autostrada.
Secondo uno studio americano, le persone che dormono in ambienti molto caldi la mattina successiva hanno livelli più elevati di cortisolo, l' ormone dello stress. Però la variazione umana rende praticamente impossibile dare numeri specifici. Temperature diverse si adattano a persone diverse in modo diverso.
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La «National Sleep Foundation» fornisce qualche suggerimento su come regolare al meglio la temperatura corporea, tipo andare a dormire con le calze o indossando un cappello, ma niente di più. «Oltre al buon senso di evitare le temperature estreme una risposta non esiste - ci spiega Piero Salzarulo, specialista in neuropsichiatria e presidente della Società Italiana di Ricerca sul Sonno -.
Una persona che pesa 90 chili e ha una determinata massa lipidica e una che ne pesa 60 con una massa lipidica di un altro tipo non avranno mai la stessa risposta alla temperatura. È il soggetto stesso che deve percepire il suo clima ottimale. Fissare 17° per tutti gli individui è un nonsense, come ogni volta che si fanno le medie. Per esempio sostenendo che si devono dormire sette ore, un numero che non è confacente per chi, per ragioni genetiche ancora sconosciute, oltrepassa da tutta la vita le otto ore».
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L' unico avvertimento fondamentale è imparare ad avere un buon rapporto con il proprio sonno, a conoscerlo.
«Ognuno ha un' idea abbastanza precisa sull' ora in cui bisogna andare a letto e su quante ore si dovrebbe dormire. Ma spesso sono dei costrutti psicologici-sociali errati. I parametri statistici sono quelli ideali, ma non vanno bene per tutti. Così la sensazione di dormire meno di quanto si ritiene necessario deriva da false credenze. È importante, invece, capire i segnali che il nostro organismo ci manda, che significano che è ora di dormire: la sensazione di non riuscire a tenere gli occhi aperti, aumento degli sbadigli e della sensazione di fatica. Ma spesso vengono ignorati. E va a finire che il soggetto va a letto quando non è pronto e così dorme male».
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«Spesso l' insonnia - continua Salzarulo - deriva dalla discrepanza tra le sensazioni fisiologiche per determinare il momento del sonno e i dogmi esterni. Se all' inizio è recuperabile, quando la discrepanza diventa cronica è difficilissimo». Il periodo della vita in cui si dorme al top (ma pure qui si tratta di media) è intorno ai 15 anni, poi, invecchiando, si disimpara un po' a dormire. «Quello che diventa difficile non è addormentarsi, ma si sperimenta più frequentemente il risveglio intermedio e la difficoltà a riaddormentarsi dopo. Succede perché nell' anziano il cervello è meno adatto a fabbricare un' architettura del sonno più continua».
Perché il sonno è un avvenimento ordinato, successione di molti elementi ben organizzati: gli stati rem e no rem si alternano più volte nel corso della notte. Quando questa sequenza diventa caotica, la veglia si intrufola più facilmente. Banalmente succede che ci si sveglia.
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Come si dorme, in effetti, è un parametro nel nostro stato di salute. «Alcune patologie - cardiovascolari, respiratorie, del sistema nervoso e altre ancora - possono influire sul sonno, non solo nel rendere difficile il suo inizio ma spezzettandolo molto di più», aggiunge Salzarulo (per approfondire leggere il libro «Messaggi dal sonno», edito da Franco Angeli). «Altre malattie, invece, si rivelano nel sonno: tipo certe forme di epilessia». Dormire poco o male a lungo termine può provocare squilibri di tipo ormonale e metabolico, ma una ricetta per i sogni d' oro non c' è. Ognuno deve capire il suo modo di dormire.
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Tocca quindi rassegnarsi o cercare di mettersi insieme con individui con una termoregolazione compatibile. Anzi, si potrebbe suggerire una app di incontri per trovare l' anima gemella con simile percezione del caldo e del freddo. Del resto la scienza sta già operando: tra mille polemiche il genetista di Harvard George Church è al lavoro per sviluppare uno strumento che includa gravi malattie genetiche tra i criteri per la scelta dei partner nelle app di appuntamenti.
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