Marco Zini per www.tag43.it
colao vittorio
La giravolta ha lasciato tutti di stucco. In primis i suoi colleghi di governo e i gran commis di Palazzo Chigi, dove Vittorio Colao già di suo non suscita simpatia. Una giravolta che è avvenuta in pochi mesi, e riguarda uno dei grandi obiettivi dell’esecutivo, ovvero il superamento del digital divide attraverso la diffusione capillare della banda larga.
«Lavoro per un’Italia coperta al 100 per cento dalla fibra, un Paese interamente connesso entro il 2026», aveva detto il ministro dell’Innovazione non più tardi dello scorso settembre intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio.
mario draghi vittorio colao
La protezione di Draghi e lo scontro con Giorgetti
«Abbiamo un obiettivo di copertura e di equità. Ci saranno gare e fondi pubblici. L’appassionante dibattito sulla rete unica, che è un unicum in Europa dato che da nessun’altra parte se ne parla, lo lascio ad altri», aveva detto l’ex numero uno di Vodafone chiamato da Mario Draghi a far parte del suo esecutivo.
GIANCARLO GIORGETTI E MARIO DRAGHI
Ovvero da chi lo ha sempre stimato e ancora oggi, se pur non con la stessa convinzione di un tempo, lo difende nonostante le molte perplessità del suo staff, a cominciare dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, e la diffidenza del consigliere economico del premier Francesco Giavazzi.
Per non parlare dei suoi colleghi di governo, a partire dal titolare del Mise Giancarlo Giorgetti che con lui ha continue occasioni di scontro. L’ultima sugli investimenti europei della multinazionale americana Intel con la quale era il ministro leghista a trattare fino a che non è intervenuto Draghi che lo ha “commissariato” affiancandogli appunto Colao.
roberto garofoli foto di bacco (1)
Sulla rete unica Colao ha avuto posizioni opposte
Ma torniamo alla rete unica. Dopo avere sonoramente bocciato l’ipotesi, spiazzando di fatto il Tesoro e Cdp che invece lavoravano in direzione opposta alla sua sul progetto di unione tra Tim e Open Fiber, la scorsa settimana senza colpo ferire Colao ha cambiato idea.
Presenziando al convegno “Quale Paese per l’impresa”, organizzato da Price Waterhouse, il ministro ha sottolineato la necessità di dotarsi di infrastrutture in grado di eliminare il solco tecnologico che separa molte zone d’Italia. Ma come? Continuando a promulgare singoli bandi locali, ovvero la sua idea originaria, ma regolarmente andati deserti?
vittorio colao a cernobbio 2
No, sposando in pieno la soluzione rete unica che fin qui aveva con un certo spregio liquidato. «La rete unica appare oggi la strada migliore per portare la connessione ad alta velocità in tutto il Paese», ha dichiarato nel suo intervento.
«Più di due reti fisse non si riescono a realizzare, per cui dobbiamo evitare che in centro a Milano passino tre fibre, mentre, ad esempio, in Liguria o in Calabria neanche una: se il prezzo da pagare è una rete unica, ben venga».
STEFANO PARISSE
Oibò. È vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea. Ma una così vistosa capriola non ha mancato di attirarsi addosso maliziosi commenti. «Il tecnico ha fatto in fretta a imparare dal politico l’arte della sopravvivenza», ha chiosato un alto dirigente del Mef tacciando di doroteismo il ministro della Transizione digitale. E lui? Totalmente impermeabile alle critiche, nessun bisogno di giustificare il dietro front, di spiegare.
Stefano Parisse e Camilla Sebastiani i fedelissimi
Colao, il bomber chiamato da Londra come uno degli assi del governo Draghi (come consulente con Conte la task force di cui era a capo e il piano di rinascita economica elaborato avevano goduto di scarsa considerazione) messo a capo di un dipartimento della Presidenza del Consiglio elevato a ministero senza portafoglio sì è come isolato, arroccato negli uffici di Largo Brazzà dove si giocano alcune delle partite più rilevanti come l’Aerospazio, la digitalizzazione del Paese con la banda larga, la rete unica e lo scorporo di Tim, e tanto altro.
CAMILLA SEBASTIANI
Con lui pochi fedelissimi che invece di aprire al proficuo dialogo e scambio con gli altri apparati del governo, badano a proteggerne l’isolamento. Il collaudato Stefano Parisse, che con Colao ha condiviso la carriera londinese in Vodafone. La vice capo di gabinetto Camilla Sebastiani, ex dirigente dell’AgCom, l’authority delle comunicazioni. E il suo superiore capo di gabinetto Stefano Firpo, un recente passato come manager bancario prima in Mediocredito poi in IntesaSanpaolo.
STEFANO FIRPO
Sia Colao che Firpo si sono trovati alla loro prima esperienza come ministro e come capo di gabinetto, neofiti estranei ai giri che contano al governo e in ambito politico e istituzionale. Firpo non ha certo rapporti idilliaci con i colleghi capi di gabinetto, con la struttura di Palazzo Chigi e con gli altri staff ministeriali, a cominciare da quelli di Mef e Mise che, si sussurra malignamente nei corridoi, ormai non gli rispondono nemmeno al telefono. Firpo si dà un gran da fare, ma a fatica, in un mondo che non ha bisogno di lui, di cui lui però non può fare a meno.
Il capo di gabinetto Stefano Firpo punta al dipartimento Spazio
Colao si è prodigato nei mesi scorsi in annunci e dichiarazioni che nemmeno Silvio Berlusconi negli anni migliori, annunci che, per usare termini a lui familiari, non hanno visto alcun ‘delivery’ se non rispolverando il lavoro dell’AgID (Agenzia per l’Italia digitale) prima del suo arrivo.
vittorio colao agli stati generali
Ma alla fine anche lo staff del ministero comincia a risentire di questo isolamento, tant’è che c’è chi assicura che lo stesso Firpo sta già pensando di ricollocarsi nel nascituro dipartimento Spazio in capo alla Presidenza del Consiglio, dove si gestiranno gli interessi milionari di un settore ad altissimo valore strategico ed economico.
Dovrà però vincere la resistenza del generale Luigi Francesco De Leverano, consigliere militare di Draghi, che segue il dossier e che, avendo con Firpo cattivi rapporti, gli sta facendo muro. Nel frattempo anche la capo segreteria di Colao, Valentina Colucci, ha preferito cambiare aria e passare ai Rapporti col Parlamento con il ministro pentastellato Federico D’Incà. Una sorta di nemesi per il ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione che di rapporti col Parlamento non ne ha e non ne vuole avere.
Luigi Francesco De Leverano STEFANO FIRPO