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    COLPO BASSO AI PAESI BASSI - LA SHELL, GIGANTE DEL PETROLIO E DEL GAS, SALUTA AMSTERDAM E TRASLOCA A LONDRA: C'È CHI DICE SIA UNA RISPOSTA ALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE OLANDESE CHE ORDINA DI TAGLIARE LE EMISSIONI DEL 45% ENTRO IL 2030, MA DIETRO LA DECISIONE C'È L'ODIATA TASSA DEL 15% SUI DIVIDENDI, CHE INFATTI IL PREMIER RUTTE, CON UNA MOSSA DISPERATA, PROVA A ELIMINARE, MA…


     
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    Sandra Riccio per "La Stampa"

     

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    C'è chi dice sia una risposta alla sentenza della Corte Costituzionale olandese, che ordina di tagliare le emissioni del 45 per cento entro il 2030. E chi punta su un cambiamento all'interno delle regole di mercato, dettato dalla ricerca di condizioni più favorevoli ai colossi.

     

    Di sicuro, la decisione della Royal Dutch Shell è una svolta per un pezzo d'Europa: il gigante del petrolio e del gas cambia nome - si chiamerà soltanto Shell - e trasloca. Per il simbolo dei Paesi Bassi, il futuro è a Londra, dove ha già la sede legale. Nonostante la Brexit.

     

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    L'annuncio, arrivato assieme alla comunicazione della semplificazione della struttura - ci sarà un'unica linea di azioni - viene preso male dall'Olanda, che rischia di perdere, almeno formalmente, il suo gruppo più importante.

     

    Il governo olandese reagisce con un tweet, un messaggio affidato al ministro degli Affari Economici Stef Blok, che si dice «spiacevolmente sorpreso». La Borsa di Amsterdam invece accoglie, seppur senza grandi scossoni, i piani della multinazionale: il titolo fa un balzo del 2,33% e sfiora quota 20 euro.

     

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    «In un momento di cambiamento senza precedenti per il settore, è ancora più importante avere una maggiore capacità di accelerare la transizione verso un sistema energetico globale a basse emissioni di carbonio.

     

    Una struttura più semplice consentirà a Shell di accelerare la realizzazione della sua strategia Powering Progress, creando valore per i nostri azionisti, clienti e società in generale» replica il presidente di Shell, Sir Andrew Mackenzie.

     

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    Secondo Shell non c'è nulla di traumatico: la società resta quotata ad Amsterdam e prosegue con i progetti eolici al largo delle coste olandesi, la costruzione di un impianto di biocarburanti a basse emissioni di carbonio su scala mondiale presso l'Energy and Chemicals Park di Colonia e i lavori per creare il più grande elettrolizzatore d'Europa a Rotterdam.

     

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    Per l'esecutivo di Mark Rutte, invece, è il secondo caso dopo quello di Unilever: gli azionisti alla fine del 2020 hanno votato a favore di un'unica capogruppo, sempre con sede in Gran Bretagna.

     

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    Ecco perché, scrive il "Financial Times", il governo starebbe tentando un'operazione dell'ultima ora per convincere il gruppo a tornare sui suoi passi, rilanciando la promessa di eliminare la controversa ritenuta alla fonte del 15% sui dividendi distribuiti nel Paese tramite le azioni di classe A.

     

    C'è una sola certezza: la mossa di Shell arriva poche settimane dopo che l'hedge fund Third Point ha rivelato una grossa partecipazione nel gruppo, attorno ai 750 milioni di dollari, e preme perché si divida in più società per aumentare performance e valore di mercato.

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