Estratto dell’articolo di Marco Gasperetti per il “Corriere della Sera”
violenza sessuale
Da ieri mattina è chiusa in una cella del carcere di Sollicciano. Deve scontare sei anni e 5 mesi. Una pena che martedì sera anche i giudici della Cassazione hanno giudicato giusta e inappellabile. È responsabile di violenza sessuale, questa donna di 35 anni, su un tredicenne, un ragazzino al quale impartiva ripetizioni di inglese a casa, un secondo lavoro che alternava a quello di operatrice sanitaria in una Rsa per anziani a Prato. E da quegli abusi è nato un bambino.
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[…] Adesso, il bimbo nato dagli abusi ha 5 anni e vive con il fratello (l’altro figlio della prof, 15 anni) e con il marito della donna finita in carcere. L’uomo ha sostenuto la moglie durante tutto l’iter processuale, non ha rotto il matrimonio («non potevo lasciarla, ci siamo conosciuti da ragazzini», ha ripetuto anche ieri) e considera il bambino a tutti gli effetti suo figlio.
«Lei ha fatto un errore, come era accaduto anni prima a me. Dunque, ci siamo chiesti se fossimo sempre una coppia e la risposta è stata positiva — ha spiegato —. Ma adesso questo è il passato. Ciò che conta ora è il bene dei nostri figli. Dovranno sopportare l’assenza della loro mamma e io cercherò di renderla il meno pesante possibile». […]
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Il più grande aveva da tempo capito la situazione. Il fratellino è stato aiutato da una psicologa. Sono le altre due vittime di questa storia, insieme all’allora tredicenne.
Ad aiutare il padre, un operaio di 36 anni, ci sono anche i nonni. «Sarà il periodo più difficile, ma con l’aiuto di tutti cercheremo di fare il possibile». L’uomo ha avuto l’affidamento dei figli perché, in Appello, è stato assolto dall’accusa di falso in atto pubblico per aver dichiarato di essere lui il padre del bambino.
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I giudici di primo grado lo avevano condannato a 1 anno e 8 mesi di carcere, una sentenza che gli avrebbe precluso ogni tipo di affidamento. La moglie ha già scontato undici mesi di detenzione preventiva ai domiciliari e probabilmente, se in carcere le sarà riconosciuta la buona condotta, tra meno di un anno potrebbe sperare di scontare il resto della pena nella sua casa di Prato. […]
Anche perché, come stabilito dai magistrati, non ci fu una violenza singola «ma il ragazzino visse per 20 mesi nell’angoscia di un’esperienza sessuale non confacente alla sua età». Lei si era difesa sostenendo che si era innamorata. Gli incontri si consumavano nella casa della donna. Il ragazzino era figlio di un’amica ed era stata lei ad offrirsi come insegnante di inglese.
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