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    COME ARRIVARE IN EUROPA SENZA BARCONE – A ISTANBUL FUNZIONA ALLA PERFEZIONE UN MERCATO DI PASSAPORTI SIRIANI FALSI – COSTANO TRA I 500 E I 1.200 DOLLARI E VENGONO COMPRATI DA LIBANESI, ALGERINI, TUNISINI ED EGIZIANI – A GESTIRLO SONO ORGANIZZAZIONI VICINE ALL’OPPOSIZIONE DI ASSAD


     
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    Giovanna Loccatelli per “la Stampa

     

    In Turchia il mercato dei passaporti siriani falsi è un business in crescita ed è sotto gli occhi di tutti. Trafficanti e falsari lavorano principalmente nel quartiere di Aksaray, a Istanbul. Conosciuto da molti come la «zona degli arabi». 

    AKSARAY ISTANBUL AKSARAY ISTANBUL


    Non appena si esce dalla metro ci si ritrova in una piazza molto grande, ai cui lati ci sono due caffè all’aperto. Lì molte persone si siedono, fumano il narghilè e sorseggiano tè. In questi bar i trafficanti siriani lavorano: «Faccio da tramite tra chi vuole comprare il passaporto e i falsari. In sintesi, prendo i soldi dal cliente e do in cambio il documento» racconta un giovane siriano, sulla trentina. Entrare in contattato con lui è molto semplice: basta sedersi al bar e parlare con qualcuno. 


    Il trafficante spiega che ci sono due tipi di documenti falsi, che hanno prezzi diversi: «Alcuni li vendo a 500 dollari, non sono fatti molto bene. Un occhio attento capirebbe subito che non sono autentici. Altri, invece, sono fatti con i libretti bianchi governativi e costano di più: 1200 dollari circa». 

    AKSARAY ISTANBUL AKSARAY ISTANBUL


    Il mercato è gestito dalla coalizione nazionale siriana delle forze dell’opposizione e non solo. Spiega il trafficante: «Questo tipo di mafia ha infiltrazioni anche nel governo siriano di Assad. Principalmente, però, i passaporti bianchi provengono da uffici governativi siriani grazie alla complicità dell’opposizione. Spesso i documenti bianchi partono da Aleppo e arrivano a Kilis, città turca al confine con la Siria. Da Kilis vengono spediti a Gaziantep, dove vengono lavorati e venduti. Molti passaporti vengono lavorati anche a Istanbul: in questo quartiere vivono molti falsari». I documenti vengono venduti a tutti, siriani e non. 

    PASSAPORTI SIRIANI PASSAPORTI SIRIANI


    L’importante è pagare
    «Nelle ultime settimane ho venduto a molti libanesi, ma anche ad algerini, tunisini ed egiziani. Tutta gente che vuole arrivare in Europa. Anche molti rifugiati siriani vengono da me: soprattutto quelli che sono scappati dalla Siria perché ricercati dalla polizia e sono costretti ad utilizzare questo canale per avere un passaporto. A me l’unica cosa che interessa è essere pagato nel momento in cui avviene lo scambio». I tempi di consegna sono rapidi: «Di solito ci vogliono tre giorni. Se c’è tanto lavoro sei. Non andiamo mai oltre una settimana. Se la persona non sta ad Istanbul, basta che mi mandi un messaggio su WhatsApp con nome, cognome, data di nascita e foto. Il resto lo facciamo noi». 

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    La polizia «non vede»
    Il giovane siriano parla del suo «lavoro» con soddisfazione: «Guadagno molto bene. Prendo 200 dollari per ogni passaporto venduto. Arrivo a vendere anche 10 passaporti al mese». Nel caffè dove si svolge l’incontro, ci sono almeno una quindicina di trafficanti. Ai tavolini sono sedute persone che aspettano di fare lo scambio e poi partire.

     

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    Alcune famiglie si trovano lì con le valigie già pronte. È un luogo all’aperto, la polizia passa ma non si ferma: «Il governo turco conosce questo mercato e sa benissimo che stiamo qui. In Turchia ci sono 2 milioni di rifugiati siriani: probabilmente il governo spera che molti se ne vadano in Europa, anche con documenti falsi».


    Nel caffè si parla liberamente: «La maggior parte dei miei clienti acquista il passaporto, va in aeroporto e prende il primo volo per l’Europa. Alcuni sono stati fermati e mandati indietro, magari il loro documento era fatto veramente troppo male. Spesso queste persone tornano da me: come seconda opzione vogliono arrivare in Grecia con un barcone. In questo caso li metto in contatto con chi gestisce questo mercato». Il giovane trafficante spegne la sigaretta e, freddo, dice: «Purtroppo non sempre fanno una bella fine».

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