i nanetti da giardino feroci di paul mccarthy 5n
Fabio Sindici per la Stampa
peter marino e kim kardashian
Teschi luccicanti e serenate neomelodiche. Motociclette in corteo e sneaker borchiate. Pistole, stelle e manette. Stampate su felpe e t-shirt. Ed esibite come una bandiera nel docu-reality tv «Il boss delle cerimonie», serie di Real Time dedicata ai festeggiamenti ultra-kitsch in un castello sgargiante vicino a Pompei (originalmente del XVIII secolo, ma rimaneggiato con effetto Las Vegas). L' ultima puntata, il 21 ottobre, ha fatto scandalo: nel parterre della comunione di una ragazzina erano presenti numerosi pregiudicati.
La maggior parte degli invitati aveva un brand di riferimento: Philipp Plein, lo stilista tedesco esploso grazie a una combinazione di lusso, trash e street style. Dalle magliette che sembrano «tatuate» ai capi con espliciti inviti sessuali, che ammiccano al sadomaso. L' abbigliamento al castello della Sonrisa era più o meno lo stesso degli «after-party» di Plein durante la settimana della moda milanese, giudicati imperdibili da ogni fashionista. Il marchio si è affermato con una campagna di espansione da far invidia a Donald Trump: concept-stores da Kiev a Miami, da Monte Carlo a Ibiza. Di recente ha acquistato la maggioranza della griffe Billionaire, lanciata da Flavio Briatore, anche questa centrata su collezioni dal gusto spericolato.
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Più che una coincidenza sembra un segnale. Il kitsch come spirito del tempo esibizionista. I teschi ubiqui sulle creazioni di moda hanno avuto una consacrazione nel mondo dell' arte, soprattutto con Damien Hirst. A Miami Beach, dove il 30 novembre apre la kermesse artistico-mondana di Art Basel, la fiera d' arte contemporanea più fastosa, l' effetto del neo-kitsch viene moltiplicato come sulla superficie di una sfera stroboscopica, mescolando moda, cultura e star system. Nelle passate edizioni si sono visti i nanetti da giardino «feroci» di Paul McCarthy e le bottiglie di champagne firmate da Jeff Koons, Michael Douglas accanto a Paris Hilton e modelle vestite solo dei colori del body-painting.
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«Il recupero del kitsch in arte non è nuovo. Ci avevano pensato già i surrealisti. Ma qui ci troviamo di fronte a un fenomeno nuovo», ragiona Gianluca Marziani, critico d' arte. Nelle sue mostre ha giocato spesso sui flirt tra cultura alta e bassa, dalle icone commerciali al surrealismo pop. «Questo non è più il vecchio kitsch sdoganato da Gillo Dorfles decadi fa. Quello era tenero e sentimentale. Questo è aggressivo e punta sull'ostentazione. Non parliamo solo di arte e moda. Basta guardare l' appartamento di Trump nella sua torre newyorchese, tra dorature smaccate e mobilio in stile borbonico».
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Nell' irresistibile ascesa del nuovo kitsch tutto sembra tenersi. Le sneaker da bigiotteria che più che a una corsa sembrano adatte a una processione, le fashion blogger promosse a influencer dopo uno stage in uno studio tv, lo stile strapaesano di Matteo Salvini e gli endorsement dalla moda alla politica del clan Kardashian.
«Sembra terribile ammetterlo, ma Kim Kardashian potrebbe essere l' icona dei nostri tempi», afferma Manuel Menini, collezionista di moda vintage e consulente di celebrity. «L' arrampicata della signora Kardashian è esemplare: dai reality tv ai social media fino ai alti piani dell' industria della moda. C' è un pubblico che si identifica con il suo stile».
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Il fatto è che il nuovo kitsch da cultura parallela sta diventando globale e dominante. Un esempio? Una caratteristica del kitsch è sostituire un' esperienza estetica autentica a una posticcia. Se negli Anni 60 gli adolescenti andavano in delirio a un concerto dei Beatles, ora lo stesso succede sul palcoscenico di un marchio di lingerie, quello di Victoria' s Secret, che giostra nei suoi servizi e nel suo show annuale (il 5 dicembre a Parigi) con la bellezza delle modelle come nei numeri dello spettacolo di un circo.
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«Evitare il kitsch non è facile come sembra», avverte il filosofo britannico Roger Scruton, che al tema ha dedicato una trasmissione sulla Bbc. E nell' era dei social la domanda è d' obbligo: il kitsch può diventare uno strumento di formazione del consenso?
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