Francesco Specchia per “Libero quotidiano”
MORGAN SGARBI
Vittorio Sgarbi. Per fermarlo bisognerebbe abbatterlo. Ma in Italia nessuno è, onestamente, ancora attrezzato. Non sono passati venti minuti da quando, insieme a Gianmarco Mazzi e a Lucia Bergonzoni, l'hanno nominato sottosegretario alla Cultura (per compensarlo della sua naturale ambizione a ministro) che Sgarbi non si tiene il cecio in bocca; e cede all'irruenza di un D'Annunzio all'impresa irredenta di Fiume. Vittorio, rientrando nello stesso ruolo istituzionale che aveva trasformato vent' anni fa, si produce, intervistato dal Corriere della sera, in un'irresistibile escalation di esternazioni.
Nell'ordine: a) come primo atto dichiara: «Voglio restituire dignità alla Pietà Rondanini di Michelangelo che ha dei problemi di allestimento. L'hanno tolta dall'allestimento storico e l'hanno messa in una stanza anonima, volgarissima mancanza di rispetto per un capolavoro».
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L'IRA DI SALA E subito il sindaco di Milano, Beppe Sala, s' incazza e risponde tranchant: «La Pietà sta bene lì dov' è»;
b) come secondo atto afferma: «Voglio i musei aperti anche la sera, almeno fino alle 21. La gente che lavora non può andarci di giorno, quindi dovrà andarci, gratis, nelle ore in cui sono liberi di andare». E qui, tra impiegati, funzionari, custodi di varia foggia, riaffiora il sacro terrore di quando Sgarbi nel suo primo mandato da sottosegretario effettuava blitz museali a casaccio nella penisola, neanche fosse l'Ispettore generale di Gogol;
c) come terzo guizzo richiede per l'amico Morgan un ruolo attivo nel futuribile Dipartimento musicale del ministero: «Lo vorrei far diventare un docente che racconta attraverso la tv. Oggi la tv proietta una gran quantità di stupidaggini».
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Ma qui Vittorio non tiene evidentemente conto di invadere il campo dell'altro sottosegretario Mazzi il quale, fortemente voluto da FdI, risulta tra i migliori impresari di spettacolo di sempre, oltre che ex direttore del Festival di Sanremo ed ex amministratore delegato dell'Arena di Verona lato concerti. E, in più, ad orecchiare il nome di Morgan stavolta s' incazza, durante Porta a porta, il neo ministro della Cultura Genny Sangiuliano. Sangiuliano fa notare che per quel ruolo occorrono «requisiti specifici», che significa concorsi, selezioni, titoli, quelle quisquilie lì.
Metteteci anche che l'oggetto del contendere, il Morgan stesso, si schiera pubblicamente contro gli arresti e i divieti nei rave party - l'esatto contrario delle linea del governo-; e l'imbarazzo al MiBact, in questa giornata postsituazionista (quindi, dopotutto, culturalmente in linea col programma ministeriale) si gonfia come un soufflé. Dopodiché, Vittorio fa quel che gli detta la sua natura: è il solito inarrestabile fiume in piena. Evoca l'ex titolare del dicastero, l'anodino Giuliano Urbani che lo cacciò «a causa di una donna per la quale poi e\bbe qualche danno».
SGARBI
Minaccia di andare in ufficio «mattina, sera o notte» e non scherza, una volta lo intervistai alle 3 di notte. Mescola la competenza tecnica con le capacità organizzative, imbastisce un discorso lussureggiante sul conservatorismo in cultura: «È conservatore è colui che si occupa di ciò che la storia ci ha tramandato nelle opere d'arte e nelle testimonianze dell'uomo»; e qui il ministro Sangiuliano, conservatore nel dna, stiracchia un sorriso prezzoliniano, e ostenta un frisson d'orgoglio.
PIROTECNIA Insomma. S' accende tutta questa pirotecnia, e il dicastero ancora deve ancora aprire i battenti, figuriamoci dopo. Per il resto, panico e terrore serpeggia negli sguardi dei dipendenti MiBact abituati alla placidezza cardinalizia di Franceschini e ora incocciati nel dinamismo che rasenta la furia di Sgarbi. Sarà faticosissimo, lì dentro. Eppure è come -mutatis mutandis- quando Jack Lang fu richiamato in servizio da Mitterand: se prendi Sgarbi, prendi oneri e onori, vezzi maniacali e slanci sublimi, prendi tutto il pacchetto...
gennaro sangiuliano giorgia meloni gennaro sangiuliano giorgia meloni