Sara Bettoni per il "Corriere della Sera"
variante indiana
Dieci contagiati, 140 persone invitate a sottoporsi al tampone. E tra i positivi, uno è stato infettato dalla variante «Delta» o indiana del virus, nonostante avesse già completato il ciclo vaccinale. È il bilancio del focolaio di coronavirus emerso alla fine di maggio in una palestra Virgin di Milano, nel quartiere di Città Studi. L' Agenzia di tutela della salute ha chiesto il «sequenziamento» per gli altri nove pazienti, così da capire se sono stati colpiti dal virus mutato, considerato più trasmissibile. Si attendono i risultati in settimana.
Le attività della palestra intanto continuano. In base ai primi controlli, tutte le norme anti Covid sono state rispettate. Gli iscritti però chiedono di essere informati anche se non sono «contatti diretti» dei contagiati. «Sono molto attenti alle regole, ma non ci hanno avvisato del focolaio - racconta Paolo, 40 anni, poco prima di entrare nel centro sportivo -. Ora domanderò aggiornamenti alla reception». Mentre Alberto, 30 anni, non si scompone per i dieci positivi: «Il rischio zero non esiste».
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Non è la prima volta che viene scovata la variante «Delta» in Lombardia. «Nella nostra esperienza, da gennaio abbiamo intercettato 12 casi - dice Fausto Baldanti, responsabile del laboratorio di Virologia molecolare del Policlinico San Matteo di Pavia -.
Tra questi, 11 erano viaggiatori di rientro dall' India e uno era un contagio "autoctono". Tutti non vaccinati». Questi dati sono stati raccolti con la cosiddetta sorveglianza attiva, che porta ad analisi più approfondite in caso di focolai o in situazioni particolari.
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Un altro strumento per mappare la diffusione del virus «Delta» è l' indagine promossa dall' Istituto superiore di sanità una volta al mese. A ogni Regione viene chiesto di analizzare un determinato numero di campioni presi casualmente tra i positivi e di cercare quali varianti sono presenti.
Nell'ultima indagine del 18 maggio la Lombardia ha scovato sei casi di B.1.617.1/2 (le sigle del virus «indiano»), con una prevalenza stimata del 2,5 per cento. «Sono numeri bassi - dice Baldanti -. E non stupisce l' infezione in un vaccinato. Al San Matteo su 4 mila immunizzati, 33 si sono re-infettati: tutti con variante inglese, tutti senza sintomi o con sintomi lievi». Insomma, di fronte a queste situazioni «è sbagliato abbassare la guardia, ma è altrettanto sbagliato fasciarsi la testa in anticipo».