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Flavio Pompetti per “il Messaggero”
Rivalse famigliari, complotti internazionali, interferenze politiche e commenti salaci.
Un giorno dopo la nobile levata di testa con la quale Jeff Bezos ha esposto le minacce di estorsione ai suoi danni per via di una storia di corna e di sesso, l' intera materia è già caduta nel fango mediatico del gossip, terreno di battaglia preferito della rivista National Enquirer, che è al centro della vicenda.
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L' inchiesta federale aperta in seguito alla denuncia pubblica di Bezos dovrà rispondere ad domanda centrale: come e quando il giornale scandalistico è entrato in possesso dei testi e delle foto esplicitamente sessuali che Bezos ha scambiato con la sua amante Lauren Sanchez.
La modalità potrebbe configurare un reato di appropriazione indebita ai danni del ladro; la tempistica potrebbe esporre il National Enquirer alla violazione dell' accordo firmato lo scorso agosto con la procura federale, nel quale il ceo dell' azienda di riferimento, la AMI, riceveva l'immunità per l'accusa di aver agevolato finanziamenti illeciti della campagna elettorale di Donald Trump, purché si fosse astenuta dal commettere altri reati per i prossimi tre anni.
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I sexting in questione sono email provenienti dal laptop o dal cellulare di uno dei due amanti. L' avvocato di Bezos Gavin de Beker ha insinuato che l' autore del furto possa essere stato il fratello di Lauren. Michael Sanchez è un simpatizzante di Donald Trump e avrebbe voluto fargli un favore esponendo al pubblico ludibrio il proprietario del Washington Post che attacca quotidianamente il presidente. Sia de Beker che Michael Sanchez hanno allo stesso tempo avanzato l' ipotesi di una macchinazione internazionale, che potrebbe coinvolgere a turno la Mossad israeliana, l' intelligence britannica o la stessa National Security statunitense.
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LA REPLICA Sono state proprio le indagini compiute dal Washington Post su queste piste a spingere i legali della AMI a proporre lo strano ricatto che Bezos ha pubblicato per intero due giorni fa: Se vuoi evitare la diffusione delle foto indecenti che ti ritraggono, annuncia pubblicamente che l' Enquirer non aveva intenti politici nel documentarsi sulla tua vita privata.Che cosa hanno da temere Pecker, l' Enquirer e AMI dalla coloritura politica di questa storia?
Questo è l' altro interrogativo che qualificherà le indagini. Si parla di pressioni da parte dell' Arabia Saudita, smentite con forza da Riad, perché il Washington Post ammorbidisse i toni dell' inchiesta sulla morte di Jamal Kashoggi. Si parla del lungo rapporto di amicizia (quasi 30 anni) che lega Pecker a Trump, e che ha partorito in passato l' insabbiamento di notizie insidiose, a beneficio dell' attuale presidente. Se gli inquirenti riusciranno a provare l' intenzione ricattatoria a fini politici, Pecker rischia di finire vittima di quella stessa macchina del fango con la quale ha prosperato per decenni.
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