1 – PERCHÉ CROLLA IL PETROLIO?
Da “The Guardian”, dalla rassegna stampa estera di “Epr comunicazione”
petroliere
The Guardian spiega in cosa consiste la crisi del petrolio, e se i prezzi rimarranno sempre bassi. I prezzi del petrolio americano sono diventati negativi per la prima volta nella storia lunedì, nel bel mezzo del più profondo calo della domanda degli ultimi 25 anni.
contango petrolio
Un'inondazione di petrolio indesiderato sul mercato ha fatto precipitare il West Texas Intermediate (WTI), il prezzo di riferimento per il petrolio statunitense, a quasi -40 dollari al barile dopo il più rapido crollo della storia. Ciò significa che i produttori pagano i compratori per disfarsi del petrolio.
1. Perché i prezzi del petrolio americano sono diventati negativi?
Il prezzo del petrolio ha subito un calo costante sui mercati globali da quando il coronavirus è scoppiato per la prima volta in Cina alla fine del 2019. Da allora, la chiusura delle principali economie e delle rotte di viaggio per frenare la diffusione del virus ha spazzato via la domanda di petrolio, mentre i trasporti si sono fermati. Ma i produttori di petrolio hanno continuato a pompare greggio dai loro pozzi, causando uno squilibrio catastrofico tra il petrolio in eccesso e il più grande crollo della domanda degli ultimi 25 anni.
2. Cosa significa "prezzi negativi"?
tracollo petrolio wti
In breve: i produttori di petrolio pagano i compratori per togliersi i barili di petrolio dalle mani perché gli impianti di stoccaggio sono pieni fino all'orlo. Al punto più basso del mercato di lunedì, una compagnia petrolifera avrebbe potuto pagare circa 40 dollari per ogni barile di petrolio se qualcuno era disposto a prendere. Un compratore avrebbe dovuto considerare il costo del trasporto del petrolio dal pozzo a un porto di spedizione, o a un impianto di stoccaggio, dove potrebbe dover essere trattenuto per un massimo di sei mesi, con un costo significativo.
Dovrebbe anche scommettere che il prezzo del petrolio aumenterà nel corso di quest'anno per ottenere un ritorno sull'"investimento". Nessuna compagnia petrolifera vuole "vendere" il proprio greggio in perdita, quindi è probabile che molti produttori chiudano i loro pozzi fino alla ripresa del mercato.
3. Perché i prezzi del petrolio in altri Paesi sono ancora sopra lo zero?
crollo del prezzo del petrolio
L'eccesso di offerta mondiale di petrolio è particolarmente acuto negli Stati Uniti, che producono circa 10 milioni di barili di petrolio al giorno, perché i serbatoi di stoccaggio del petrolio si sono riempiti, lasciando le compagnie petrolifere in difficoltà a vendere i loro barili in eccedenza. In altre regioni, i prezzi del petrolio sono ancora sopra lo zero, in parte perché devono affrontare costi di trasporto più bassi e un accesso più facile ai porti. Tuttavia, nessun mercato petrolifero è rimasto indenne. Il prezzo del petrolio di riferimento internazionale, noto come greggio Brent, è ancora sopra i 20 dollari al barile, ma è sceso di due terzi da gennaio ai minimi di 18 anni.
4. Cosa significa questo per i prezzi della benzina?
petrolio libia 1 quotazione saudi aramco al saudi stock exchange
È probabile che quest'anno i prezzi della benzina scendano bruscamente a causa dell'improvviso crollo dei prezzi del petrolio e della lunga strada verso la ripresa del mercato che probabilmente ci attende. Ma vale la pena ricordare che il prezzo pagato alla pompa non è un riflesso perfetto dei mercati petroliferi perché i prezzi della benzina e del gasolio includono le tasse governative e un margine di profitto per il venditore. I prezzi negativi del petrolio visti negli Stati Uniti avranno vita breve, quindi nessuno dovrebbe aspettarsi di essere pagato per fare il pieno alla propria auto.
PETROLIO
5. È probabile che i prezzi si riprendano?
Sì, e abbastanza rapidamente. Il prezzo negativo del petrolio negli Stati Uniti si riferisce in particolare al prezzo del greggio consegnato a maggio, il mese in cui si prevede che la domanda di petrolio sarà più bassa e le forniture più alte. A partire da martedì, i commercianti di petrolio cominceranno a commerciare seriamente i barili per la consegna a giugno, e si prevede che i prezzi saranno molto più alti. Una significativa ripresa dei prezzi del mercato petrolifero dipenderà da quanto rapidamente aumenterà la domanda di carburanti per il trasporto - una rapida fine del blocco accelererebbe la ripresa dei prezzi di mercato, ma un lento emergere dalla crisi Covid-19 potrebbe significare ulteriore sofferenza finanziaria per i produttori di petrolio fino al 2021.
2 – L'ULTIMA MOSSA DEGLI SPECULATORI PARCHEGGIARE IN MARE L'ORO NERO
Ettore Livini per “la Repubblica”
petroliere 1
I depositi delle raffinerie sono pieni di petrolio. Le riserve strategiche degli Stati - Usa compresi - non hanno più spazio nemmeno per una tanichetta di carburante. Cisterne e autobotti sono stracolme. E così speculatori e big dell' oro nero - pieni di materia prima che non vuole più nessuno - giocano l' arma finale: parcheggiare il greggio invenduto in alto mare. A bordo di superpetroliere lunghe come tre campi di calcio capaci di caricare 2 milioni di barili l' una. Obiettivo: tentare il colpo grosso. Ovvero tenere il carico in stand-by per non svenderlo oggi, in attesa di una rimbalzo dei prezzi che consenta di guadagnarci domani.
shale oil estrazione petrolio
La corsa all' accaparramento delle Very large crude carriers (Vlcc) - come si chiamano questi bestioni lunghi oltre 300 metri - è iniziata a febbraio. Allora solo una decina delle 750 navi della flotta mondiale erano state trasformate in "depositi galleggianti". Oggi sono già ottanta, ferme alla fonda davanti a Singapore e nel golfo del Messico con in stiva 160 milioni di barili, il 60% in più del record dopo il crac Lehman. La febbre da maxi-tanker - dicono oltretutto gli analisti - è destinata a salire: il greggio sotto zero ha fatto schizzare la domanda di superpetroliere alle stelle. E malgrado il prezzo d' affitto sia balzato fino a 350 mila dollari al giorno - quasi il 700% in più del normale - le Cassandre vaticinano per fine maggio la trasformazione di 200 imbarcazioni in mega-parking dell' idrocarburo.
donald trump e mohammed bin salman al g20 di osaka shale oil estrazione petrolio
Il gioco, dicono i guru, vale comunque la candela. Le aziende di mezzo mondo sono chiuse. Gran parte degli aerei mondiali (grandi consumatori di kerosene) è a terra, le auto sono ferme. E l' offerta di petrolio - nonostante i 9,7 milioni di barili al giorno tagliati dall' Opec (l' organizzazione dei Paesi produttori) - supera di gran lungo la domanda, crollata ad aprile del 30%, ai minimi dal '95. E malgrado molti giacimenti abbiano fermato le pompe - negli Usa è attiva solo la metà dei pozzi - ogni giorno vengono estratti 9 milioni di barili in più di quelli che si consumano.
andy hall
L' effetto non è solo il crollo del prezzo. L' altro dramma è che non c' è più posto dove conservare la marea nera in eccesso. Le cicale che non hanno depositi a disposizione sono state costrette a liberarsene a prezzi da saldo, facendo crollare il valore del barile - con la spinta decisiva dei derivati e della speculazione - in territorio negativo. Le formiche che hanno affittato le superpetroliere hanno invece assistito alla "carneficina" sui mercati fregandosi le mani: i due milioni di barili parcheggiati in alto mare su ogni Vlcc - al prezzo di oggi - valgono zero o quasi. Al prezzo dei contratti per consegna del petrolio a giugno - 18 dollari al barile - valgono invece 36 milioni. Cifra che rende economici anche prezzi d' affitto delle supernavi molto maggiori di quelli attuali.
La mossa del "contango", come gli squali di Wall Street chiamano queste operazioni ad alto rischio, è un classico dei periodi di alta volatilità in cui chi ha buon fiuto (e una certa dose di fattore "C") può guadagnare tanti milioni in po che ore.
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Il "Maradona" del settore è da sempre Andy Hall, talentuoso trader di materie prime della Phibro che nel 1990, alla vigilia dell' invasione del Kuwait, convinse il management della società a fare una scommessa da roulette russa: affittare una valanga di cisterne e autobotti e riempirle di greggio puntando sull' esplosione del conflitto nel Golfo Persico. Previsione azzeccata: appena le portaerei Usa hanno iniziato a lanciare i missili su Baghdad, le quotazioni del petrolio hanno messo le ali. E la Phibro ha venduto il suo "tesoretto" guadagnando 100 milioni in un pugno di giorni. Lo stesso che coltivano oggi i furbetti del petrolio che hanno puntato tutto sulle maxinavi in affitto.
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3 – ORO NERO?. CONSUMI IN PICCHIATA E GUERRA TRA I PRODUTTORI UCCIDONO I PREZZI: SENZA UN IMPROBABILE ACCORDO GLOBALE, SARÀ IL FAR WEST E ADDIO "RINNOVABILI"
Estratto dell’articolo di Giuliano Garavini per “il Fatto quotidiano”
(…) Come si è arrivati fin qui? Agli inizi di marzo, quando l' emergenza sanitaria aveva cominciato a farsi sentire fuori dalla Cina, Russia e Arabia Saudita hanno rotto l' alleanza che teneva assieme loro e altri Paesi produttori dal 2016 - la Opec Plus - scatenando una guerra per accaparrarsi quote di mercato. La società nazionale saudita Saudi Aramco è arrivata a produrre il suo massimo storico di 12,3 milioni di barili al giorno (mbg). Mai tempistica fu più improvvida.
trump e mohammed bin salman saudi stock exchange
La domanda di petrolio infatti iniziava già a tracollare, anche perché il settore dei trasporti, da quello aereo a quello su strada, andava in ibernazione in tutto il mondo. Tanto per dare un' idea, in Spagna la vendita di carburante per aerei e di benzina per auto è diminuita rispettivamente del 93% e dell' 83% rispetto alla stessa settimana dal 2019. L' Agenzia internazionale dell' energia, solitamente prudente, ha predetto una riduzione del consumo di petrolio di 30 mbg ad aprile e di 10 mbg per il 2020.
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Sarebbe la prima diminuzione consistente dei consumi dall' inizio degli anni 80. I prezzi del petrolio iniziavano così il loro declino inarrestabile. Poi il colpo di scena. Il presidente Usa Trump, che ha esultato a ogni calo dei prezzi del greggio e definito ogni taglio dell' Opec "un furto", si trasformava nel broker di un accordo fra i Paesi produttori, bombardando di telefonate il presidente Putin e l' erede al trono saudita Mohammad bin Salman.
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Trump temeva per la bancarotta del settore dello shale americano, nonché per la perdita di occupazione in Stati petroliferi come il Texas, dove l' industria petrolifera rappresenta il 10% del Pil e impiega 360mila lavoratori. Grazie all' intervento di Trump, e con la benedizione dei ministri dell' Energia del G20 , appositamente convocato a Riyad, l' Opec Plus ha faticosamente raggiunto il 12 aprile un accordo definito "storico", con un impegno al taglio di 9,7 mbg per maggio/giugno. Già il giorno successivo allo storico accordo, il mercato prendeva atto che il taglio era assolutamente inadeguato.
bacini di shale oil in america
Molti cominciavano a chiedersi quale fosse la contropartita americana per i tagli Opec Plus, non esistendo alcun concreto impegno americano a ridurre la produzione. A differenza dei leader Opec, infatti, Trump non ha potere sulle decisioni di imprese private. La Texas Railroad Commission, autorità che potrebbe invece intervenire sulla produzione petrolifera del Texas (il terzo maggior produttore al mondo), resta ancorata a un' ideologia liberista che vede nella regolazione il primo passo verso il socialismo. Insomma, a oggi nel mondo non esiste un' impalcatura di accordi internazionali che possa stabilizzare il prezzo del petrolio.
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Le società petrolifere internazionali (tutte) e quelle nazionali (parecchie) con questi prezzi non sono in grado di generare profitti. L' Eni si era mossa a marzo con vari tagli degli investimenti in previsione di un prezzo del Brent di 40-45 dollari (siamo alla metà). Le società del fracking negli Stati Uniti, che tra il 2006 e il 2015 hanno già speso 80 miliardi in più rispetto alle entrate, rischiano un crac finanziario di proporzioni epocali. I principali Paesi produttori, che dipendono dalle entrate petrolifere per sostenere la spesa pubblica, vedono aprirsi il baratro davanti a loro. Questo vale per l' Arabia Saudita (che può pareggiare il proprio bilancio con un prezzo sopra gli 84 dollari) così come per la Russia (con un break even più basso a 48 dollari).
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Da questa crisi si può uscire in due direzioni. La prima, molto complicata, è quella "cooperativa". Considerando che i Paesi Opec Plus producono meno del 50% del greggio mondiale e che la domanda sta crollando un accordo per regolare la produzione deve essere globale. Deve coinvolgere strutturalmente, e non solo con i tweet di Trump, anche gli Stati Uniti. Questo significherebbe un intervento statale senza precedenti nel settore energetico, un abbassamento dei margini di profitto per le imprese nel medio periodo e maggiori pressioni pubbliche per velocizzare la riconversione delle società petrolifere verso il low carbon (un percorso già intrapreso, ma a passo di lumaca).
putin Mohammed bin Salman
L' altra via è quella "competitiva": tutti contro tutti. Questo significa la bancarotta dello shale americano (oppure l' introduzione di dazi commerciali combinata con un impopolare quanto inevitabile salvataggio pubblico del settore), nonché fusioni a raffica tra le imprese energetiche, visto che con prezzi del petrolio e valori in Borsa in calo è più economico comprarsi il petrolio degli altri piuttosto che investire in esplorazione. Queste fusioni potrebbero coinvolgere anche le società nazionali dei Paesi Opec: Saudi Aramco, per esempio, ambisce ad agire secondo una logica puramente "commerciale" e sta già comprando quote di società europee.
SHALE OIL
prezzo petrolio vertice opec
Se dovesse prevalere lo scenario "competitivo" i prezzi del greggio resterebbero molto bassi nel medio periodo, mettendo in seria difficoltà le energie da fonti rinnovabili rispetto a quelle fossili (a meno di ulteriori incentivi e/o di una corposa carbon tax), e rendendo irrealistici i piani di trasformazione verde presentati da società e governi in quest' ultimo anno.
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