Marco Mensurati per La Repubblica
LUIGI DE SIERVO
La Lega Calcio continua a smentire, il suo advisor Infront pure, e però più passa il tempo e più la prospettiva del Canale tematico di proprietà come alternativa al tandem Mediaset/Sky per commercializzare i diritti tv della Serie A sembra assumere una sua inattesa concretezza. La cosa è diventata chiara a tutti nelle ultime settimane, dopo che, leggendo (finalmente) bene il contratto tra Lega e Infront, molti club di serie A hanno sgranato gli occhi davanti all' articolo 71 nel quale tale possibilità non solo è stata esplicitamente prevista ma è persino stata regolamentata.
Quanto meno nel suo tratto principale: quello in cui si stabilisce chi se ne dovrà occupare, e cioè Infront stessa, che da consulente diventerebbe così anche un super fornitore.
philippe blatter e marco bogarelli
«Quanto al Canale Lega - è scritto nero su bianco - nel caso la Lega nazionale professionisti Serie A ne decida la realizzazione, la affiderà a Infront, previa delibera».
Del canale della Lega si parla praticamente da sempre, spesso citando molti felici modelli internazionali. Ma poi, di fronte alla prospettiva di un canale gestito da venti editori rissosi e non proprio ragionevoli (avete presente i presidenti delle squadre di calcio?) si è sempre preferito soprassedere.
urbano cairo torino
Il giorno dopo il fallimento dell' asta bandita dalla Lega (e preparata da Infront) per la vendita dei diritti, lo scorso 10 giugno, il presidente del Torino, l' editore Urbano Cairo ha rilanciato l' idea: «I vantaggi - ha detto - sarebbero notevoli perché il calcio è il motivo principale per cui ci si abbona a una pay tv. Già lo fa la Liga spagnola, con risultati eccellenti. Con questo sistema la Lega riuscirebbe a incassare più soldi, senza dimenticare che avrebbe un pricing molto competitivo, con costi di gestione più bassi di un broadcaster tradizionale».
Cairo, come gli altri presidenti, non sapeva però che la Lega si era già impegnata, nel caso, a farlo con Infront, il canale; canale che del resto era sempre stato il pallino di Marco Bogarelli, già presidente di Infront e, per lunghi anni, uomo più potente del calcio italiano.
E questo ha aperto un nuovo vasto "fronte della diffidenza", chiamiamolo così, da parte di tutte quelle società - Roma e Juventus in testa - che non hanno mai visto di buon occhio l' eccesso di ruolo esercitato dall' advisor (almeno fino all' avvento della nuova gestione) sulle dinamiche decisionali e sulla governance della Lega.
PALLOTTA
Letta alla luce dell' articolo 71 del contratto tra Lega e Infront, l' intera storia recente dei diritti tv del calcio italiano può assumere infatti tutto un altro aspetto. Il bando del 10 giugno, quello fallito, recitava, all' articolo 2.4, una specifica avvertenza: «La Lega si riserva di avvalersi appieno delle opportunità previste dalla legge () attuando la distribuzione dei diritti all' interno di una propria piattaforma».
Una sorta di premonizione che oggi alimenta in molti il sospetto che Infront, l' estensore materiale di quel bando, abbia avuto tutto l' interesse a far fallire l' asta per poi imporre - in autunno - grazie allo stato di necessità, il proprio progetto di Lega Channel. Si finirebbe così per «appaltare all' esterno» - per usare le parole affidate a Repubblica da Franco Carraro in una recente intervista - «ruolo e funzioni istituzionali della Lega Calcio».
INFRONT
Il sospetto viene seccamente respinto al mittente da Luigi De Siervo, attuale n.1 di Infront: «Quel contratto è stato stipulato prima del mio arrivo. Se le società vogliono rinegoziarlo io non ho alcun problema. Si diano una rappresentanza (al momento la Lega è commissariata, ndr) e ci mettiamo d' accordo in 24 ore. Infront ha un atteggiamento più che laico, sul punto. Anche perché il canale della Lega non è affatto una nostra priorità. Noi aspettiamo che il mercato internazionale si consolidi, poi usciremo con il nostro bando».