Gianmaria Tammaro per www.lastampa.it
il discorso di ricky gervais 7
Il giorno dopo i Golden Globes ci siamo svegliati in un’Italia diversa: un’Italia più illuminata e più divertita, un’Italia decisamente pronta ad accogliere la comicità – ma quella spinta, senza peli sulla lingua, profondamente e senza appello scorretta – nei propri televisori. Il merito è di Ricky Gervais, che per la quinta volta – «è l’ultima!», ha promesso – ha presentato i premi assegnati dalla stampa estera.
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Nel suo monologo d’apertura, sette minuti e mezzo diluiti con sorsate di birra, pause, “shush!” e “I don’t care” mezzi urlati e mezzi ragliati, ha toccato qualunque tema, in qualunque modo, parlando di attualità, del mondo dell’intrattenimento, delle grandi compagnie, dell’ipocrisia dello star system, della politica, di Cats. È stato dritto e affilato: i presenti in sala ridevano, e anziché godersela lui cambiava subito soggetto, sconvolgendoli, scuotendoli, scacciandoli. Ha criticato Apple guardando negli occhi Tim Cook. Ha parlato di pedofilia, di scandali, di gossip.
paolo kessisoglu luca bizzarri
E tutti, da questa parte del mondo, si sono messi a ridere: che bravo, che campione, ad avercene così. C’è chi ha fatto di meglio, e s’è appellato direttamente ad Amadeus, al prossimo Sanremo, chiedendo a gran voce un Ricky Gervais nostrano, pronto a demolire il nostro orticello, i nostri attori e i nostri intellettuali (non ce ne sono poi così tanti; e, ahinoi, fanno già abbastanza da soli, per demolirsi). E la cosa potrebbe avere anche un senso, se non vivessimo in questo paese, in quest’Italia: la stessa che alla battutina più sottile e cattiva storce il naso, quella che non accetta le canzoni di Luca e Paolo; quella che “sempre Berlusconi, sempre”; o anche “ce l’avete con Salvini, v’asfalteremo”. O “basta politica, basta”.
saverio raimondo foto di bacco (2)
L’Italia, con la comicità (di nuovo: quella spinta, senza peli sulla lingua, eccetera eccetera), ha sempre avuto un rapporto difficile. O è posata, e quindi è educata, ci dice le cose con gentilezza, imboccandocele, oppure niente. I nostri stand-up comedians sono relegati in siparietti piccoli, nei locali, negli speciali su Netflix. Quelli che ce l’hanno fatta ad arrivare in prima o in seconda serata sulla televisione pubblica sono finiti al centro di polemiche e di querelle; quelli che hanno condotto un programma, anche a tarda notte, e che hanno fatto quello che sanno fare, sono stati allontanati, nascosti, censurati (un esempio? Saverio Raimondo con il suo Dopofestival).
il discorso di ricky gervais 6 RICKY GERVAIS GOLDEN GLOBES
E noi, ora, vogliamo Ricky Gervais. Vogliamo lo stesso che, su Twitter e nei suoi spettacoli, ripete: si può scherzare di qualunque cosa. Immaginiamocelo un comico che sale sul palco dell’Ariston, che ringrazia il pubblico, e che per fare una battuta parla di pedofilia, di scandali, di omicidi, di presunti suicidi, di politici corrotti e di stupratori. Immaginiamocelo, ecco, un comico così, uno à la Ricky Gervais. La televisione, la nostra televisione, divora i migliori e li digerisce diversi, impigriti, terrorizzati dalla polemica (un po’ come i nostri social, se vogliamo; ma nel caso della tv, ci sono immagini a corredo).
il discorso di ricky gervais 5 ricky gervais non vince ma esulta lo stesso
Ci siamo convinti che la colpa sia sempre di quegli altri: dei produttori, degli autori, dei vertici Rai, dei politici, dei signori di Mediaset, di Cairo, della casalinga di Voghera che non capisce. È sempre colpa loro se un comico, un vero comico, non ce la fa ad arrivare in televisione, e non ce la fa a fare un monologo come quello di Ricky Gervais. E invece, sorpresa, la colpa è anche nostra, di tutto il pubblico (sappiamo benissimo che ci sono dei campioni del politicamente scorretto che sarebbero pronti ad immolarsi sull’altare della diversità: non parliamo a voi).
amadeus
amadeus sanremo giovani
È il pubblico che decreta il successo, o l’insuccesso, di un programma. Non è la bolla social che lo commenta. Sono i numeri, è l’auditel, è l’apprezzamento che si esprime in permanenza davanti al televisore, in quote pubblicitarie, in rilevanza. Ricky Gervais, in quest’Italia così aperta, così pronta, così divertita e desiderosa del nuovo, non durerebbe un secondo. Perché noi, di uno come Ricky Gervais, abbiamo paura. È incontrollabile, è ferocemente onesto, è uno che conosce il mestiere, e che a tutti quelli che non lo conoscono lo dice: fate schifo. Siamo sinceramente e convintamente pronti a questa comicità, vogliamo finalmente averla nelle nostre vite, nella nostra quotidianità, a Sanremo? Cominciamo a prenderci meno sul serio; cominciamo a non polemizzare per qualunque cosa, in qualunque momento. Uno come Ricky Gervais potrebbe arrivare da solo, quando meno ce l’aspettiamo.
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