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COME SE I MILITARI ISRAELIANI NON BASTASSERO, A GAZA ARRIVANO ANCHE DEI MISTERIOSI CONTRACTOR AMERICANI - I QUATTRO CENTRI DI DISTRIBUZIONE DI AIUTI UMANITARI GESTITI DALLA "GAZA HUMANITARIAN FOUNDATION" (SOCIETÀ PRIVATA CON SEDE NEGLI USA E IN ODORE DI MOSSAD) SONO PRESIDIATI DA MERCENARI USA - PER QUESTO MOTIVO, L'ONU E LE ONG PRESENTI NELLA STRISCIA SI RIFIUTANO DI COLLABORARE CON LA FONDAZIONE - DOMENICA A RAFAH, 31 PALESTINESI SONO STATI UCCISI MENTRE TENTAVANO DI ACCAPARRARSI UN PASTO - VIDEO!

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Estratto dell'articolo di Fabio Tonacci per "La Repubblica"

 

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La prima settimana del nuovo sistema militarizzato di distribuzione del cibo a Gaza è la cronaca di un disastro annunciato, che si chiude con la richiesta da parte del segretario generale delle Nazioni Unite di un’indagine indipendente sulla strage di Rafah.

 

Le autorità palestinesi contano almeno 70 morti e più di 400 feriti tra i gazawi affamati che negli ultimi sette giorni si sono lanciati nella corsa allo scatolone di cibo, Israele considera queste informazioni «fake news diffuse da Hamas». E nel caos di un meccanismo insufficiente per due milioni di persone (prima, quando erano le agenzie dell’Onu a occuparsene, i punti di distribuzione erano 400), prosperano le gang.

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I quattro centri in funzione (tre a Rafah, uno a sud di Gaza City) sono gestiti dalla controversa Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), basata in Delaware, che utilizza contractor americani armati: uno dei motivi per cui l’Onu e le ong si rifiutano di collaborare con essa. All’alba di domenica scorsa l’incidente più grave, con autorità locali e internazionali che riferiscono di 31 morti sulla spiaggia di al Mawasi a circa un chilometro da uno dei siti di Rafah.

 

Sull’episodio si scontrano due versioni opposte: quella dell’esercito israeliano, che nega di aver ucciso civili pur ammettendo di aver sparato colpi di avvertimento «verso sospetti che si stavano avvicinando alle nostre truppe»; e quella dei testimoni che raccontano di proiettili sulla folla provenienti da mezzi militari e dai soldati deputati alla protezione dell’area, esplosi quando migliaia di persone sono avanzate verso il punto di distribuzione prima dell’apertura dei cancelli, contravvenendo agli ordini diffusi dagli altoparlanti.

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La fondazione americana ha detto che le operazioni, domenica, «si sono svolte senza incidenti», aggiungendo: «Non controlliamo l’area esterna e non sappiamo ciò che fa l’Idf al di fuori del nostro perimetro». Stessa posizione dell’ambasciatore americano a Gerusalemme, Mike Huckabee, nonostante persino il più neutrale degli organismi, il Comitato internazionale della Croce Rossa, abbia dichiarato che al suo ospedale da campo di Rafah sono arrivati decine di feriti e cadaveri con colpi di arma da fuoco alla testa e nella parte alta del torace.

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[...] Il nuovo sistema non copre il fabbisogno di una popolazione lasciata per undici settimane senza aiuti umanitari a causa del blocco imposto da Netanyahu, ora parzialmente rimosso. «Abbiamo distribuito 6 milioni di pasti nella prima settimana », ribatte la fondazione. «Solo a Tel as Sultan abbiamo consegnato 18 mila scatoloni». Li chiamano «pasti », ma in realtà sono pacchi di riso e spaghetti, olio, farina, cibi in scatola: alimenti che vanno cucinati e non si sa bene dove, non ci sono né cucine né il gas per il fornelli. [...]

 

forno preso d'assalto a gaza

Dal caos emergono collusioni inaspettate. È di pochi giorni fa la notizia dell’assalto a cento camion del Programma alimentare mondiale. Principale accusata è la gang di Yasser Abu Shabab, noto contrabbandiere. Girava voce che stesse collaborando con i soldati israeliani, e dopo il saccheggio dei tir gli anziani del clan beduino a cui appartiene hanno sentito il bisogno di disconoscere pubblicamente Yasser. [...]

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